I preservativi femminili e l’alto rischio HIV delle prostitute ugandesi
Articolo di Samuel Okiror pubblicato sul sito del quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) l’8 agosto 2017, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
L’Uganda è rimasto con una montagna di preservativi femminili inutilizzati dopo aver speso centinaia di migliaia di dollari per comprare più di un milione di esemplari del poco amato contraccettivo. Lo scarso successo dell’iniziativa, in particolare tra le prostitute, preoccupa per l’elevato rischio di infezione da HIV. Lo scorso anno l’Uganda Health Marketing Group (UHMG), che distribuisce contraccettivi per conto del governo, si è procurato 1.200.000 profilattici al costo di 600.000 dollari e spera di procurarsene altri tre milioni quest’anno, acquisti finanziati da un’agenzia ONU. I responsabili dell’iniziativa sostengono però che la maggioranza dei profilattici rimane inutilizzata e che bisognerebbe promuovere una maggiore consapevolezza sui loro benefici, oppure trovare un nuovo design.
Secondo il quotidiano New Vision, il Paese avrebbe bisogno di altri 150 milioni di condom quest’anno. Dinah Apio, responsabile del programma HIV dell’Action Group for Health, Human Rights and HIV/Aids (Gruppo d’azione per la salute, i diritti umani e l’HIV/AIDS, AGHA), afferma che il denaro speso per i condom avrebbe potuto essere speso per i farmaci contro le malattie sessualmente trasmissibili (MST): “Purtroppo il consumo di preservativi femminili rimane basso, soprattutto tra le donne più a rischio, il che compromette i nostri sforzi per la prevenzione dell’HIV tra le fasce deboli. Si può a ragione considerarlo uno spreco di soldi a danno di altre priorità nella lotta all’HIV, come le comorbidità [le malattie che si aggiungono all’HIV, n.d.a.] e le altre malattie sessualmente trasmissibili”.
Rogers Sebukyu, responsabile dell’UHMG, difende la decisione di comprare i profilattici femminili in quanto le migliorie nel design e le campagne di prevenzione avrebbero generato una maggiore domanda: “Abbiamo proposto dei miglioramenti nel brand e nei gusti che andassero incontro ai suggerimenti espressi in alcuni sondaggi, ora il prodotto dovrebbe essere più gradito”. I preservativi femminili offrono protezione contro l’HIV e le altre malattie sessualmente trasmissibili e prevengono le gravidanze indesiderate. Sono solo uno dei metodi contraccettivi disponibili in Uganda, tra cui la spirale, molto più diffusa. Le donne che hanno utilizzato i condom ne lamentano la scarsa comodità e l’alto costo quando sono acquistati privatamente.
Le ricerche condotte tra gennaio e marzo in tutto il Paese rivelano che solo il 2% dei preservativi richiesti sono femminili, mentre il 98% sono maschili. I gruppi più a rischio sono le prostitute, gli uomini che hanno rapporti con altri uomini e i tossicodipendenti: “Se non affrontiamo il problema del loro scarso utilizzo, molte giovani donne e prostitute rischiano di infettarsi con l’HIV o con altre MTS, oppure di avere gravidanze indesiderate” dice Dinah Apio.
Vastha Kibirige, per conto del Ministero della Sanità, dice: “È un nuovo metodo, a cui la gente non è molto favorevole. Dobbiamo fare opera di educazione e promuovere molto i preservativi femminili, ma ci vuole tempo e denaro perché ciò avvenga. Non è un prodotto di cui si può parlare alla radio e alla TV. Dovremmo formare degli operatori sanitari ed educare la gente… ma non abbiamo i soldi per farlo”.
Secondo una ricerca svolta nel 2011, il maggior ostacolo all’utilizzo del preservativo femminile è la scarsa informazione: pochissime tra le donne intervistate ne avevano mai visto o utilizzato uno: “Tra le prostitute ci sono molte idee sbagliate sul condom femminile, molte si chiedono quanto ci voglia a indossarlo o hanno paura delle reazioni del partner” dice Sarah Nakku Kibuuka, che lavora per il programma ONU per l’HIV e l’AIDS (UNAIDS).
Shifa Nalubega, una prostituta di Kampala, non lo apprezza: “Non mi ci trovo a mio agio, mi stressa, fa schifo ed è difficile da usare. Deve essere continuamente controllato durante il rapporto: devi sempre tenerlo a posto fino a che il cliente non finisce”. Secondo Sophie, un’altra prostituta, non è economico: “Più clienti riesci a soddisfare, più soldi fai. Chi vuole perdere tempo ad aprire e inserire il Femidom?”. Secondo Angella Ankunda, prostituta di Wakiso, a 10 chilometri da Kampala, con i suoi 17 centimetri di lunghezza e i suoi due anelli flessibili il Femidom “è troppo grande e mi fa paura”.
Il condom femminile è stato introdotto in Uganda nel 1998 ma non è mai stato popolare. Nel 2007 il governo si è visto obbligato a cambiare marca perché le donne si lamentavano che facessero troppo rumore durante il rapporto. Appena due anni dopo il governo ne ha introdotto un nuovo tipo attraverso un progetto pilota in quattro distretti ugandesi, progetto che nel 2012 è stato esteso a livello nazionale: “Abbiamo cercato di promuovere il suo utilizzo tra le prostitute, ma sempre con scarso successo. Poche di loro lo usano. Non è stato pubblicizzato alla pari di quello maschile, perciò molte donne non sanno nemmeno com’è fatto e gli uomini non si fidano” afferma Daisy Nakato, direttrice esecutiva di Wonetha, un’organizzazione che tutela i diritti delle prostitute ugandesi.
Molte prostitute di Kampala preferiscono il sesso non protetto, per il quale possono guadagnare 30.000 scellini ugandesi [circa 7 euro, n.d.t.] invece di 5.000 se usassero il preservativo: “La povertà, la lotta per pagare le rette scolastiche, le medicine, il mangiare e le altre necessità di base e l’aumento degli affitti costringono molte prostitute a fare sesso [non protetto]. È più remunerativo” dice Daisy Nakato. Secondo Anthony, un prostituto: “Le signore non vogliono più usare i profilattici. Molte di loro preferiscono la pillola per non restare incinte e dicono di preferire l’HIV e l’AIDS alla gravidanza, perché quest’ultima è visibile e rischia di far fuggire la loro clientela”.
Secondo le statistiche nazionali, l’incidenza dell’HIV tra le prostitute è del 37%, del 13% tra gli uomini gay e arriva al 40% nella categoria dei pescatori; la media nazionale è del 7,3%.
Testo originale: ‘Uncomfortable and disgusting’: Uganda’s 1.2m unwanted condoms