Quando l’arte fa memoria dell’Olocausto dei triangoli rosa
Articolo di Kittredge Cherry pubblicato sul blog Jesus in Love (USA) il 27 gennaio 2013, libera traduzione di Silvia Lanzi
La Giornata internazionale della Memoria onora le vittime del nazismo, comprese le persone mandate nei campi di concentramento perché omosessuali, la cui stima oscilla tra 5.000 e i 60.000 individui. Per questa ricorrenza le Nazioni Unite hanno scelto il 27 gennaio – anniversario della liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau.
Creata nel 2005 la Giornata internazionale della Memoria ricorda lo sterminio, avallato dallo Stato, di sei milioni di ebrei e di altri undici milioni di persone che i nazisti ritenevano inferiori, inclusi due milioni e mezzo di polacchi e di altre altre popolazioni slave, prigionieri di guerra sovietici, zingari, e tutti quelli che non erano di “razza ariana”, i malati di mente, i disabili, le persone LGBT e i dissidenti religiosi come i testimoni di Geova e i cattolici. La Giornata internazionale della Memoria dovrebbe aiutare a prevenire futuri genocidi.
Tra gli artisti che si dedicano alle vittime LGBT dell’olocausto (o “omocausto”) ci sono Tony O’Connell, Mary Button, William Hart McNichols, Richard Grune, John Bittinger Klomp e quelli che per loro hanno progettato in tutto il mondo dozzine di memoriali. Qui si parla della loro arte.
Il primo memoriale al mondo dedicato all’olocausto LGBT è l’Homomonument, inaugurato nei Paesi Bassi, ad Amsterdam, nel 1987. L’artista britannico queer Tony O’Connell ha fotografato e filmato le preghiere e le offerte fatte lì da lui nel Natale del 2014 come parte della sua serie di performance art contemporanea sui pellegrinaggi LGBT.
O’Connell ha visitato siti storici come la stazione della Harvey Milk Metro a San Francisco, lo Stonewall Inn a New York, e l’Alan Turing Memorial Bench a Manchester. I temi principali del lavoro di O’Connell sono la democratizzazione dell’idea della sacralità e il far propria la santità della vita di tutti i giorni, specialmente nell’esperienza LGBT.
Nell’immagine all’inizio di questo post, la persecuzione delle persone LGBT durante l’olocausto è giustapposta alla caduta di Gesù sotto il peso della croce: è la terza stazione dell’opera di Mary Button “Stations of the Cross: The Struggle For LGBT Equality”. Il dipinto raffigura l’esecuzione di due uomini arrestati per omosessualità secondo il famigerato Paragrafo 175 del codice criminale tedesco e mandati nei campi di concentramento tra il 1933 e il 1945.
Usando colori vividi e collage, la Button dipinge Gesù sofferente in un contesto queer accostando scene del suo viaggio al Golgota con pietre miliari dell’ultimo secolo di storia LGBT. Per vedere tutti e quindici i dipinti della serie “LGBT Stations”, potete leggere il mio articolo “LGBT Stations of the Cross shows struggle for equality”.
Anche Richard Grune, un artista mandato dai nazisti in campo di concentramento per la sua omosessualità, vede una relazione tra la passione di Cristo e la sofferenza delle persone nei campi. Dopo essere stato imprigionato a Sachsenhausen e Flossenbürg, ha creato “Passion of the 20th Century”, una collezione di litografie che mostrano l’incubo nella vita nei campi. Pubblicata nel 1947 è considerata una delle testimonianze visive più importanti dei campi e di come apparivano negli anni immediatamente successivi alla guerra.
Grune è stato perseguitato a causa del Paragrafo 175 e dal 1937 fino alla liberazione del 1945 è stato incarcerato in vari campi. Nel 1947 ha prodotto una serie di acqueforti che narravano nel dettaglio ciò di cui era stato testimone durante la sua prigionia. Grune è morto nel 1983.
I nazisti denunciavano e attaccavano anche le lesbiche, ma di solito meno severamente e meno sistematicamente di come facevano con gli omosessuali maschi.
La loro storia è raccontata on-line sul sito dell’US Holocaust Museum nell’articolo “Lesbians and the Third Reich“. Alcune lesbiche reclamano come loro simbolo il triangolo nero: i nazisti lo imponevano agli internati “anti-sociali” dei campi.
I nazisti usavano il triangolo rosa per identificare i prigionieri maschi mandati nei campi di concentramento per la loro omosessualità. Inteso originariamente come un simbolo di vergogna, esso è diventato invece il simbolo dell’orgoglio del movimento per i diritti delle persone LGBT.
“Il triangolo rosa” dice Klomp “faceva parte del sistema di triangili usati dai nazisti durante la seconda guerra mondiale per ‘marchiare’ certe persone che ritenevano indesiderbili, inclusi ebrei, testimoni di Geova e omosessuali“. Il dipinto fa parte del suo “Gay Dictionary Series” sulle parole e i simboli correlati all’omosessualità.
Il triangolo rosa compare in molti monumenti costruiti nel mondo per commemorare le vittime LGBT del regime nazista. Nel gennaio 2014 a Tel Aviv è stato inaugurato il primo memoriale israeliano per le vittime LGBT dell’olocausto. Dal 1984 sono stati costruiti più di venti memoriali in ricordo dell’olocausto gay in luoghi che vanno da San Francisco a Sydney, dalla Germania all’Uruguay. Alcuni sono proprio nei siti dei campi, come la targa per le vittime gay di Dachau.
Per vedere le foto di tutti i memoriali queer dell’olocausto e leggere le storie che ci stanno dietro visitate questo link.
Anche il logo del blog di Jesus in Love mostra il volto di Gesù in un triangolo rosa. Egli si unisce alle persone queer e trasforma la sofferenza in potere.
L’ultimo sopravvissuto ad aver indossato il triangolo rosa in un campo di concentramento è stato Rudolf Brazda, morto nel 2011 all’età di novantotto anni. La sua storia è raccontata nel video qui sotto e il suo necrologio è stato pubblicato dal New York Times.
Un altro ad indossare il triangolo rosa fu un anonimo prete gay sessantenne, internato nel campo di Sachsenhausen in Germania, picchiato brutalmente fino alla morte perché si era rifiutato di smettere di pregare. Il testimone oculare Heinz Heger ha raccontato che l’uccisione fu così brutale che “sentivo di assistere ad una moderna forma della crocifissione di Cristo”.
Il sacerdote è onorato nell’icona a lato di questo post, “Holy Priest Anonymous One of Sachsenhausen”, dipinta da padre William Hart McNichols, un prete cattolico e artista del New Mexico, ripreso dai piani alti della gerarchia per aver creato icone pro-LGBT e di santi non riconosciuti. La sua icona dell'”Anonymous Priest of Sachsenhausen” appare nel libro “The Bride: Images of the Church,” di cui è co-autore insieme al pacifista Daniel Berrigan.
Ecco l’inizio della sua tragica storia, come ci racconta Heger nel suo libro “The Men With the Pink Triangle” (Gli uomini col triangolo rosa):
Verso la fine del febbraio 1940 nel nostro blocco arrivò un prete di una sessantina d’anni circa, alto e piuttosto raffinato. Più tardi scoprimmo che arrivava dai Sudeti e apparteneva ad una famiglia aristocratica tedesca.
Trovò il tormento delle procedure d’arrivo incredibilmente gravoso, specialmente la lunga attesa nudo e scalzo. Quando dopo la doccia scoprirono la tonsura, il caporale in capo delle SS prese un rasoio dicendo: “Ci lavorerò io e la allargherò un po'”. Qundi gli rasò la testa del prete, dandosi poca pena di non fargli lo scalpo. Il prete tornò nella stanza del nostro blocco con la testa ferita e gocciolante sangue. Aveva la faccia cinerea e gli occhi imbambolati guardavano lontano. Sedette su una panca, incrociò le mani in grembo e disse sottovoce, più a lui stesso che a noi: “Ma l’uomo è buono, è una creatura di Dio!”.
Il libro continua raccontando con dettagli da spezzare il cuore come i nazisti torturarono il prete lanciando invettive anti-gay e picchiandolo a morte. Di questa storia, sono disponibili altri stralci su “Queering the Church Blog” in a post intitolato “The Priest With the Pink Triangle”.
“Bent”, la pluripremiata opera teatrale del 1979 di Martin Sherman è servita a far crescere la consapevolezza della persecuzione nazista degli omosessuali, portando ad una maggiore ricerca storica e ad una più adeguata educazione sulla tematica in questione. Nel 1997 ne è stata realizzata una versione cinematografica con un cast inglese di fama internazionale che includeva Clive Owen, Mick Jagger e Jude Law. Il titolo deriva dallo slang “bent” (“non etero” ma anche “marcio”) usato come offesa per gli omosessuali.
In anni recenti sono state pubblicate delle nuove memorie di sopravvissuti gay e la teoria queer ha portato ad una nuova interpretazione dell’olocausto gay: non più una semplice atrocità, ma anche un sistema di controllo sociale. […]
La Giornata internazionale della Memoria è protagonista della preghiera “We All Wear the Triangle” (“Indossiamo tutti il triangolo”) di Steve Carson, apparsa nel libro “Equal Rites: Lesbian and Gay Worship, Ceremonies, and Celebrations.” Carson, che è pastore della Metropolitan Community Churches ed opera a a New York, Boston e a San Francisco, scrive:
Lettore: da diversi punti di vista, siamo una cultura senza memoria. L’olocausto, una serie di eventi capitati solo una generazione fa, ha cambiato il mondo per sempre. Ma qualcuno l’ha dimenticato, crede che non sia importante o che sia qualcosa che non è mai successo.
Tutti: come credenti, rifiutiamo di dimenticare. Rifiutiamo di partecipare alla cancellazione della storia. Come comunità di credenti, decidiamo di ricordare, perché sentiamo le testimonianze dell’Europa di una generazione fa e riflettiamo, qui ed ora, su quegli eventi. Osiamo ascoltare quelle voci del passato che echeggiano anche oggi.
Lettore: in questo momento, tutti siamo ebrei che indossano la stella gialla di Davide.
Tutti: siamo tutti omosessuali che indossano il triangolo rosa.
Lettore: siamo tutti attivisti politici che indossano il triangolo rosso.
Tutti: siamo tutti criminali che indossano il triangolo verde.
Lettore: siamo tutti asociali che indossano il triangolo nero.
Tutti: siamo tutti testimoni di Geova che indossano il triangolo viola.
Lettore: siamo tutti emigrati che indossano il triangolo blu.
Tutti: siamo tutti zingari che indossano il triangolo marrone.
Lettore: siamo tutti indesiderabili, tutti sacrificabili dallo Stato.
… Al Dio della memoria e della speranza, promettiamo di essere persone che resistono al potere della morte ovunque esso appaia, di onorare i vivi e i morti e di promettere a loro: MAI PIÙ!
Testo originale: Holocaust Remembrance with new pink triangle art