Terza settimana del Sinodo dei Vescovi. Conclusione con alcune sorprese e una svolta rosa
Riflessioni di Giovanni Panettiere di Noi Siamo Chiesa – Emilia Romagna
Niente enciclica sull’interpretazione della Bibbia. A proporla era stato il cardinale Marc Quellet, relatore generale del Sinodo (ndr il Sinodo dei Vescovi si è tenuto in Vaticano dal 5 al 26 novembre 2008) con l’obiettivo di fare chiarezza sull’esegesi del testo sacro e ridimensionare il ricorso – che, tra l’altro, si pone in continuità con la lettura patristica delle Sacre scritture – al metodo storico critico, come indicato dalla costituzione dogmatica Dei Verbum.
Il tutto a vantaggio di un’accentuazione del ruolo della Tradizione in sede ermeneutica. Ma la missione del principe della Chiesa è naufragata.
Lo dimostrano le Propositiones dei padri sinodali che richiamano i due livelli metodologici – esegesi storica e teologica – del Vaticano II senza aprire alla stesura di un documento papale in materia.
E, finalmente, tirano un sospiro di sollievo gli amanti del Concilio che, alla vigilia, tenendo anche conto dell’Instrumentum Laboris del Sinodo, guardavano con timore a questo appuntamento proprio perché temevano una messa in discussione delle conquiste conciliari sulla divina rivelazione. Primo fra tutti il cardinale Carlo Maria Martini.
Frutto di tre settimane di lavoro e correlate al messaggio finale della Commissione per il messaggio del Sinodo, le 55 Propositiones, approvate dai 253 padri a conclusione dell’assise, rappresentano le indicazioni dei vescovi a papa Benedetto XVI, in vista della elaborazione dell’esortazione apostolica. Che avrà – questa sì – un carattere normativo, vincolante per la comunità ecclesiale.
Dal Sinodo ci si poteva attendere delle Propositiones prudenti se non addirittura orientate in senso conservatore.
E, invece, senza enfatizzare la portata del documento, non mancano aperture sul ruolo della donna nella Chiesa, in tema di carità verso i poveri e sul fronte del dialogo interreligioso. Per non tacere le sfumature dei padri sinodali rispetto alle preoccupazioni ermeneutiche di papa Ratzinger.
La Parola di Dio nella fede della Chiesa, La Parola di Dio nella vita della Chiesa e La Parola di Dio nella missione della Chiesa. Sono le tre parti in cui si articolano le Propositiones che si aprono con una breve introduzione e si chiudono con l’invito a diffondere tra i fedeli la preghiera dell’Angelus e del Rosario, in ossequio a Maria, mater Dei et mater fidei.
Facendo leva sulla sintesi del testo proposta dal quotidiano Avvenire, partiamo dall’esegesi biblica per esaminare il documento conclusivo dell’assemblea.
Alla proposizione 6 i vescovi hanno voluto riaffermare la bontà della lettura patristica della Scrittura che “distingue due sensi: letterale e spirituale. Il primo è quello significato dalle parole e trovato tramite gli strumenti dell’esegesi critica.
Il secondo concerne anche la realtà degli eventi di cui la Scrittura parla, tenendo conto della Tradizione vivente di tutta la Chiesa”. Ecco, quindi, riaffermata – proposizione 25 – l’ermeneutica biblica proposta in Dei Verbum 12 che “per un adeguato lavoro esegetico prevede due livelli metodologici, distinti e correlati: il metodo storico-critico e la natura anche divina delle parole umane bibliche”.
Ossia la necessità di interpretare il testo sacro tenendo conto del contenuto e dell’unità dell’intera Scrittura, della viva Tradizione di tutta la Chiesa e dell’analogia della fede. Ed è evidente come il Vaticano II, nel definire i livelli ermeneutici della Bibbia, abbia voluto restare fedele alle indicazioni dei padri della Chiesa.
Colpisce osservare come, se per papa Ratzinger i pericoli discendono da una lettura della Bibbia che cancelli l’esegesi spirituale o teologica, lasciando spazio al solo metodo storico-critico (Discorso al Sinodo del 14 ottobre), i timori dei padri sinodali siano di segno opposto, come dimostra la proposizione 46: “E’ necessaria un’educazione dei credenti perché sappiano distinguere la lettura credente della Sacra Scrittura dalle ‘interpretazioni fondamentalistiche’ che ignorano la mediazione umana del testo ispirato e i suoi generi letterari”.
Una preoccupazione condivisa anche da monsignor Gianfranco Ravasi che, nel corso della presentazione del Messaggio finale del Sinodo, elaborato dalla commissione da lui presieduta e votato in assemblea, ha sottolineato come il fondamentalismo “non comprende che la Parola di Dio passa attraverso il filtro dell’uomo, del profeta, anche in maniera sorprendente. Non si può leggere il testo nella sua superficie come se fosse il messaggio. Le parole devono essere comprese”.
Si deve, comunque, ricordare che, se le Propositiones tacciono sul rischio di una lettura biblica affidata al solo metodo storico-critico, non resta in silenzio il Messaggio finale: “Se ci si ferma alla sola ‘lettera’, la Bibbia rimane soltanto un solenne documento del passato, una nobile testimonianza etica e culturale.
Se, però, si esclude l’incarnazione, si può cadere nell’equivoco fondamentalistico o in un vago spiritualismo o psicologismo. La conoscenza esegetica deve, quindi, intrecciarsi indissolubilmente con la tradizione spirituale e teologica perché non venga spezzata l’unità divina e umana di Gesù Cristo e delle Scritture”.
Ma l’omissione delle Propositiones resta e non è un particolare di poco conto, se si pensa alla maggior incidenza a livello operativo di questo testo rispetto allo stesso Messaggio finale che si presenta come un saluto dei padri sinodali ai fedeli. A lavori conclusi.
Parola di Dio e carità verso i poveri.
L’opzione per gli ultimi è un tratto distintivo della teologia della liberazione e una delle acquisizioni della Seconda Assemblea Generale dell’Episcopato latino-americano, svoltasi a Medellin, nel 1968. In quell’occasione si affermò l’opzione della Chiesa per i poveri, quella per le comunità ecclesiali di base e per la liberazione integrale.
Con i decenni, però, la predilezione per i poveri, già accennata nel corso del Vaticano II, è stata in parte eclissata nei documenti del Magistero della Chiesa: per scongiurare strumentalizzazioni politiche e in nome di una catechesi fondata sul messaggio escatologico universale di Cristo.
Nel Sinodo – anche se “indossando guanti di velluto” – si riaffaccia la scelta della Chiesa per i poveri: “Uno dei tratti caratteristici della Sacra Scrittura – proposizione 11 – è la rivelazione della predilezione di Dio per i poveri.
Essi non sono però solo destinatari della carità, ma agenti di evangelizzazione. I pastori sono chiamati ad ascoltarli, ad imparare da essi, a guidarli nella loro fede”.
Il Sinodo ha anche voluto affermare l’importanza della legge naturale, un caposaldo del pontificato di Ratzinger insieme al rapporto tra fede e ragione. “Quando ci si nutre della Parola di Dio – scrivono i padri nella proposizione 13 – la conoscenza della legge naturale aumenta e permette il progresso della coscienza morale”. Pertanto il Sinodo “raccomanda a tutti i pastori di avere una particolare sollecitudine perché i ministri della Parola siano sensibili alla riscoperta della legge naturale”.
E arriviamo alla svolta rosa del Sinodo. Passando così ad esaminare la seconda parte delle Propositiones, quella sulla Parola di Dio nella vita ecclesiale.
Il sacerdozio femminile resta precluso alle donne, ma i padri sinodali chiedono al papa di aprire il ministero istituito del lettorato – il lettore ha il compito di proclamare la Parola di Dio – al gentil sesso: “Si auspica inoltre che il ministero del lettorato – proposizione 17 – sia aperto alle donne, in modo che nella comunità cristiana sia riconosciuto il loro ruolo di annunciatrici della Parola”.
Un piccolissimo passo verso l’equiparazione – che passa, secondo buona parte del popolo di Dio, anche, se non soprattutto, attraverso l’accesso ai ministeri delle donne – tra maschile e femminile nella Chiesa cattolica.
Adesso, bisognerà vedere se il papa riterrà opportuno accogliere nell’esortazione apostolica la sollecitazione dei vescovi. E non è detto, né obbligatorio.
Non manca un invito ai sacerdoti affinché curino la loro preparazione nelle omelie, domenicali e settimanali e, a tal proposito, si auspica la realizzazione di un Direttorio sull’omelia (proposizione 15). E ancora si valorizzano i gruppi biblici di laici con la raccomandazione a formare “piccole comunità ecclesiali – proposizione 21 – dove venga ascoltata, studiata e pregata la Parola di Dio, anche nella forma del Rosario come meditazione biblica.
Il servizio dei laici che guidano queste comunità, deve essere stimato e promosso”. Per creare, poi, una maggiore comunione tra esegeti, teologici e pastori nel servizio della Parola di Dio si chiede la promozione di incontri regolari tra i soggetti coinvolti. Mentre agli esegeti è raccomandata una condivisione dei frutti della loro scienza (proposizione 28).
Il dialogo interreligioso è protagonista dell’ultima parte delle Propositiones. Nella proposizione 52 si sottolinea l’importanza del dialogo con gli ebrei, tanto che “la comprensione ebraica della Bibbia può aiutare l’intelligenza e lo studio delle Scritture che vedono però il compimento pieno in Gesù”.
Con l’Islam, invece, si delinea un confronto che abbia come tema importante la reciprocità – acqua passata la stagione del rapporto con le altre religioni basato sulla gratuità da parte dei cristiani, secondo la linea di monsignor Michael Fitzgerald, già presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, trasferito nel 2006 come nunzio apostolico in Egitto – e la libertà di coscienza e di religione (proposizione 53).
Niente, come già era stato preannunciato negli ultimi giorni del Sinodo, Forum cristiano-islamico sulla Parola di Dio. Una proposta avanzata, nel corso dei lavori, dal cardinale Quellet, ma che trovò l’opposizione del circolo minore spagnolo, guidata da Juliàn Carron, presidente di Comunione e liberazione.
Sul piano della diffusione della Bibbia il Sinodo si apre alle moderne tecnologie, recependo le indicazioni del gruppo linguistico francese: “E’ necessario – si legge nella proposizione 43 – che il testo sacro sia diffuso il più possibile e con tutti gli strumenti a disposione che le moderne tecnologie offrono, soprattutto per i diversamente abili”.
Si chiude così la ventesima assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Pochi i sussulti, tanti i rischi per chi sostiene la lungimiranza del Vaticano II e, nello specifico, della Dei Verbum sulla divina rivelazione. Ma anche qualche spunto riformista dalle proposte dei vescovi.
Per approfondire
Seconda settimana del Sinodo dei Vescovi. I temi caldi: “dialogo islamico-cristiano e Bibbia”