Omosessualità e sacerdozio. Nella casa di Dio ci sono molti posti
Riflessioni di Xabier Pikaza tratte da feadulta del 2 maggio 2008, liberamente tradotto da Dino
Il tema dell’amore omosessuale continua a presentare numerose difficoltà nella Chiesa cattolica, sia sul piano personale che su quello sociale. Il “matrimonio omosessuale” (con o senza questo nome: unioni di fatto!) sembra che sul piano civile sia ormai sia deciso, almeno in occidente: la società è disposta a riconoscere l’unione legale di due omosessuali e la Chiesa cattolica non vi si deve opporre, ma deve chiedere a Dio che chi si è fatto una famiglia si ami con altruismo, con generosità, mettendo il suo amore al servizio degli altri, perchè è su questo che si incentra il Vangelo.
Più ostico risulta il tema dell’accesso degli omosessuali ai ministeri della Chiesa e per questo vengono addotte due ragioni principali: 1) l’omosessualità è contraria all’amore cristiano; 2) i ministri omosessuali corrono il rischio di cadere nella pederastia.
Qualche argomentazione
1. All’interno della Chiesa cattolica l’omosessualità, sia maschile che femminile, è un fatto. Di principio non è buona o cattiva. Semplicemente esiste: la vita ci ha fatto così (alcuni eterosessuali e alcuni omosessuali), e così dobbiamo accettarla come un elemento della nostra complicatissima e bella esistenza, un elemento che può essere molto positivo, se è in grado di condurci ad un maggior amore (degli omosessuali tra loro e di loro con il resto della società umana, in entrambe le direzioni).
Per questo, è necessario iniziare ringraziando Dio per gli omosessuali cristiani ( e non cristiani). Se un cristiano si vergogna di loro o vuole tenerli nascosti, si vergogna dello stesso Dio creatore.
2. All’interno del clero (e della vita religiosa) la percentuale di omosessuali è più alta che nel resto della società, forse per il tipo di vita celibataria dei suoi membri e anche per una particolare forma di filantropia e di sensibilità nei confronti della vita che essi dimostrano.
Riguardo alla Chiesa spagnola non ci sono percentuali affidabili, ci sono invece riguardo alla Chiesa nordamericana, secondo il libro di D. B. Cozzens, che è stato uno dei responsabili della formazione dei presbiteri cattolici in USA.
Nella migliore tradizione gerarchica di quella Chiesa, Cozzens considera normale che, nelle circostanze attuali, circa la metà dei seminaristi e dei presbiteri cattolici USA siano omosessuali, quindi una percentuale molto superiore alla media della società americana (che è tra il 10 e il 15 %). Fintanto che il clero manterrà il suo attuale tipo di vita, avrà una media più alta di omosessuali rispetto al resto della società.
3. La maggior parte dei presbiteri e dei religiosi omosessuali hanno condotto e conducono una vita degna, lavorano con onestà a favore degli altri, al servizio del Vangelo. Questi omosessuali non sono dei buoni pastori nonostante la loro omosessualità, ma proprio grazie ad essa.
E’ chiaro che hanno i loro problemi affettivi, gli stessi degli eterosessuali e che, a volte, i loro problemi di integrazione sono maggiori. Ma di solito sono maggiori anche i loro contributi di tipo affettivo, sociale e spirituale. Per questo, l’omosessualità può essere una benedizione per loro e per il resto della società, per ciò che concerne l’amore.
4. Una minoranza di ministri omosessuali della Chiesa ha compiuto azioni criminali, seducendo dei minori, soprattutto in ambienti il cui contesto sociale risulta più chiuso od opprimente, nei seminari, negli internati o nei gruppi giovanili.
Molti di questi casi potrebbero risolversi senza dover arrivare in tribunale, con l’aiuto di persone più esperte e/o amiche (medici, sociologi, ecc.). Ma a volte il comportamento seduttivo è stato più intenso e criminale, di modo che i responsabili possono e devono finire nei tribunali.
Se è stato così, quando c’è realmente uno scandalo, che siano colpevoli o no, gli ecclesiastici implicati (presbiteri e vescovi, religiosi e religiose) dovrebbero abbandonare la loro funzione pubblica, almeno temporaneamente, per questione di trasparenza, dato che la vita clericale non è onore nè vantaggio, ma un servizio.
5. La percentuale di ecclesiastici colpevoli di seduzione omo- o eterosessuale risulta “normale” secondo le statistiche.. Ma in molti casi questa seduzione è stata molto dannosa e grave, dato che è stata realizzata con l’utilizzo del prestigio sacerdotale o religioso degli aggressori, in modo che essi hanno ferito con più forza le loro vittime.
6. Sembra consigliabile che gli ecclesiastici omosessuali si mostrino così come sono, ma non suonando la grancassa, dato che in alcune circostanze, riguardo alla vita affettiva, l’atteggiamento migliore è la discrezione onesta, senza menzogne nè dissimulazioni, ma senza ostentazioni propagandistiche, sempre che non si abbiano da nascondere crimini o gravi ingiustizie. Come persona pubblica nella Chiesa, l’ecclesiastico deve essere disposto al fatto che la sua vita sia conosciuta.
Se un’istituzione religiosa, che dovrebbe essere esempio di gratuita generosità, cerca di difendersi ad oltranza, proteggendo il suo potere e i suoi segreti, è meritevole di essere condannata e di finire col dissolversi (o di venir abbandonata dalla totalità dei fedeli) senza indugio, per il bene del Vangelo e, soprattutto, della società nel suo insieme.
Conclusioni
Conformemente a quanto si è detto, i ministri della Chiesa possono essere omosessuali o eterosessuali (ed evidentemente sposati o single), purchè siano capaci di amore, comportandosi non solo come persone mature dal punto affettivo, ma anche come amici, in linea con Giov 21, 15-17: solo chi ama Gesù, cioè solo chi si è lasciato trasformare dall’amore del Vangelo, può servire con amore gli altri.
Gesù non cerca un determinato tipo di amore, ma amore e basta. In se stasso l’amore non è omo- nè eterosessuale, ma impegno gioioso della vita, di modo che quello che conta in questo campo non è la sfumatura, ma l’intensità dell’amore.
La questione non è l’esistenza di presbiteri omosessuali nella Chiesa, ma la loro personale maturità, la loro capacità di amore e di servizio evangelico. Ciò che importa non è la presenza di omosessuali nel clero (cosa normale e chiara, secondo le statistiche), ma che essi sappiano amare e lo facciano in un modo cristiano.
Nella nuova tappa della Chiesa, il celibato sarà facoltativo, per coloro che vogliono viverlo come carisma o come risultato di un peculiare percorso, restando riservato in un modo speciale alle diverse forme di comunità religiosa, di tipo carismatico.
Concludendo possiamo affermare che, almeno in occidente, sembra che stia terminando una fase del clero. Il celibato dei presbiteri, che in un altro tempo ha avuto una funzione sociale, sembra averla persa, almeno in parte. Ciò che importa non è che il presbitero sia celibe o accasato, omo o eterosessuale, ma che sia fedele all’amore e alla vita, che sia persona di gioia e di Vangelo, di profondità personale e di servizio vicino e libero agli altri.
* Xabier Pikaza (1941) ex sacerdote cattolico è stato professore presso l’Universidad del Episcopado Español e presso la Pontificia Università di Salamanca sino al 2003, quando cessò d’insegnare per divergenze dottrinali. Dopo aver dato le dimissioni dal suo ordine religioso si è sposato con Maria Isabel Perez Chaves. Continua il suo lavoro come ricercatore in scienze religiose ed ha al suo attivo la pubblicazione di numerosi libri.
Testo originale: Homosexualidad y sacerdocio. En la casa del amor hay muchos caminos