“Sono trans, la chiesa non mi vuole” e Francesco lo accoglie in Vaticano
Articolo di Giacomo Galeazzi pubblicato su La Stampa del 27 gennaio 2015
«Se avessi potuto scegliere, non avrei certo scelto la mia vita», ha detto in lacrime al Papa. E ha descritto la sofferenza di essere cacciato dalla parrocchia come «creatura del diavolo». Sabato Francesco ha ricevuto in udienza privata in Vaticano un transessuale spagnolo, accompagnato dall’attuale fidanzata.
Il transgender, Diego Neria Lejarraga, 48 anni, nato donna e sottopostosi otto anni fa ad un’operazione per il cambio di sesso, aveva scritto al Papa denunciando di essere stato emarginato dalla Chiesa nella sua città di Plasencia, in Estremadura.
Bergoglio gli ha telefonato due volte in dicembre e sabato l’ha ricevuto nella sua residenza, a Santa Marta. Nella sua lettera Diego, credente e praticante fin dall’infanzia, lamentava che, dopo l’intervento, nella sua città in Estremadura era stato respinto e insultato nella parrocchia da lui frequentata.
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La «figlia del Diavolo»
Il parroco l’aveva persino chiamato «la figlia del diavolo». Dopo aver scritto al Papa, una prima chiamata del Pontefice gli arrivò il giorno dell’Immacolata e una seconda nei giorni precedenti il Natale, quando Francesco lo invitò a recarsi in Vaticano con la fidanzata. L’incontro, strettamente privato, è quindi avvenuto sabato, alle cinque del pomeriggio.
«Mai prima avrei osato, ma con papa Francesco sì; dopo averlo ascoltato in molti interventi, ho sentito che mi avrebbe ascoltato», ha detto Diego, che dopo il cambio di sesso aveva fortemente sofferto il rifiuto sociale e la condanna e l’impedimento della Chiesa.
«Come osi venire qui con la tua condizione? Non sei degno», gli dicevano alcuni alla messa, quando era tornato in chiesa al suo paese. «Tu sei la figlia del diavolo», sentì per strada un giorno per bocca di un sacerdote.
Fu così che alla fine decise di mandare una lettera al Papa. E lo ha fatto pensando anche al tramite del vescovo di Plasencia, Amadeo Rodriguez Magro, presso cui ha trovato negli ultimi tempi incoraggiamento, conforto e sostegno.
Poi la sorpresa della telefonata del Pontefice. «La prima chiamata era già molto più di quanto mi aspettassi – racconta emozionato-; la seconda seguì senza che neanche ancora credessi a quello che mi stava capitando, perché so che il mio caso è niente, ci sono così tante persone che soffrono nel mondo che non merito l’attenzione del Papa».
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L’abbraccio in Vaticano
Era a lui che, nella lettera, Diego aveva esposto i suoi dubbi e le sue speranze. A lui aveva chiesto perché la Chiesa lo rifiuta, perché non può essere un cattolico praticante, perché deve aver paura di fare la comunione, perché non può sentirsi parte della comunità, perché non può trovare un pastore. Bergoglio a tutto questo ha voluto rispondere personalmente abbracciando Diego in Vaticano, insieme con la donna con cui presto il 48enne formerà una famiglia. Un segno molto forte.
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Spirito di accoglienza
Lo spirito di «accoglienza» e di apertura del Papa è per una Chiesa che si china sulle ferite del mondo, che non può e non deve essere una «dogana della fede». La sua Chiesa non chiude le porte neanche a chi, per il disagio di un corpo che non sentiva suo, ha scelto con sofferenza di cambiare sesso.
Sul volo da Manila Francesco ha stigmatizzato la teoria del gender. Ciò però non gli ha impedito di tendere la mano a una persona che si era rivolta a lui per condividere la sofferenza dell’emarginazione.
Il gesto di Francesco cancella la discriminazione subita da Diego in parrocchia («come ti permetti di entrare qui nella tua condizione? Non sei degno»). E si ricollega alla comunione data dal cardinale Angelo Bagnasco a Vladimir Luxuria ai funerali a Genova di don Andrea Gallo nel maggio 2013.