Una risposta pastorale cattolica per le persone gay e lesbiche del popolo di Dio (Terza parte)
Riflessioni di Fr. Joseph Fortuna* pubblicate sul sito della pastorale LGBT della Diocesi cattolica di Cleveland (USA)**, liberamente tradotte da Vilian
Se arriviamo ad una risposta Cattolico pastorale verso la Gente di Dio che è gay o lesbica, allora abbiamo tutti la responsabilità di esserne informati. Questa è una delle ragione del perché nei miei precedenti articoli provai a descrivere cosa provano i gay e le lesbiche vivendo in una cultura che è prevalentemente eterosessuale e che considera l’eterosessualità la norma.
In questo articolo, vorrei portare questa missione dell’essere informati ad un ulteriore passo: Cosa dice la scienza in merito all’omosessualità? Quando l’approccio “scientifico” all’omosessualità viene intrapreso, ci sono tre domande che attirano la nostra attenzione:
1) Cos’è l’omosessualità?
2) Qual è la frequenza dell’omosessualità nella popolazione generale?
3) Qual è l’origine (o la causa) dell’omosessualità?
Le risposte a queste domande non sono semplici da determinare. Questo perché il modo in cui la prima domanda viene risposta
rende differenti le risposte alle altre due. La risposta a “Cos’è l’omosessualità” può essere diversa a seconda da chi la deve definire.
Il collegamento tra definizione e frequenza di omosessualità viene mostrato in modo esauriente da Mary Stewart Van Leeuwen, una professoressa di psicologia dell’Easter College. Così scrive: “In campioni casuali di varie inchieste, come quella sullo studio dei costumi sessuali Americani, quando l’omosessualità viene fumosamente riscontrata – tanto da persone che si autodefiniscono gay quanto da contatti sessuali esclusivamente fra partner dello stesso sesso avuti nell’ultimo anno – in meno del 3% degli uomini adulti e meno del 2% delle donne risultano essere omosessuali.
Quando l’omosessualità viene definita nei soli termini generali di aver avuto un contatto sessuale con membri dello stesso sesso, la percentuale sale tra i circa 9% e 4% rispettivamente. Queste istantanee della popolazione vengono complicate, inoltre, dal fatto che più della metà di questi uomini riportano d’aver avuto un qualche rapporto col medesimo sesso prima dei diciotto anni, mentre le donne che riportano contatti omosessuali li hanno generalmente avuti dopo i diciotto anni.
Se invece l’omosessualità viene definita, ben più largamente, come un’attrazione continua verso le persone dello stesso sesso o per pratiche erotiche verso lo stesso sesso (indipendentemente dai sentimenti e comportamenti verso l’altro sesso), l’immagine finale che si ha sia per gli uomini che per le donne si aggira intorno al 20%.” (p. 145) [“To Ask a Better Question: The Heterosexuality-Homosexuality Debate Revisited.” Interpretazione vol 5 Ω (Aprile 1997): 143-158]
Nello stesso articolo, successivamente, Van Leeuwen offre la sua personale opinione che “le persone prevalentemente omosessuali,” e cioé, “persone che presentano uno schema consistente e duraturo di attrazione diretta esclusivamente verso membri del loro stesso sesso,” esistono, nonostante che la loro percentuale sia esigua. (p. 156)
Però, anche quando uno decide il modo in cui definire l’omosessualità, le sue origine o causa sono veramente difficili da determinare. Non emerge un’ “evidenza” così chiara. Perché non abbiamo tutti i pezzi necessari del puzzle, e quelli che possediamo non sembrano sempre incastrarsi bene.
Per esempio, abbiamo delle prove dateci da studi di biologia e neurologia che suggeriscono che certe strutture cerebrali in alcuni omosessuali possano differire dalle stesse strutture negli eterosessuali.
Ci sono anche prove che suggeriscono che ci può essere una differente predisposizione genetica all’omosessualità in alcuni individui. Ma in ognuna di queste istanze, la metodologia della ricerca porta al fatto che anche queste conclusioni incerte non permettono di poter fare generalizzazioni certe sull’intera popolazione. Spesso gli eterosessuali nei campioni studiati hanno alcune delle caratteristiche di coloro identificati come omosessuali. Non solo le “scienze dure,” ma anche le scienze sociali hanno studiato le origini dell’omosessualità.
Molte di queste sottolineano le influenze della struttura familiare e della società per concludere che l’omosessualità è un “costrutto sociale”. In altre parole, una persona diventa omosessuale (o eterosessuale, stando al ragionamento) come risultato di una influenza sociale e culturale su di essa.
Tutte queste scienze riunite assieme provano a rispondere alla domanda che si è spesso posta in tal maniera: Una persona nasce omosessuale, oppure impara a divenirlo? Una seconda domanda che segue, di norma, è: Può una persona che è omosessuale imparare o essere addestrata a non essere più omosessuale?
Questo non è altro che il vecchio dibattito della natura contro la cultura. Le persone sono omosessuali per via della loro genetica e caratteristiche biologiche, o per via dell’ambiente in cui sono cresciute? Secondo me, la miglior risposta è quella offerta da Fr. Francis Mark Mondimore, uno psichiatra clinico di facoltà nell’Università del North Carolina at Chapel. Nel suo libro, A Natural History of Homosexuality (Baltimore: Johns Hopkins University Press, 1996), Mondimore scrive:
“La sessualità umana, così come la nostra capacità di linguaggio ed il complesso set di capacità che noi chiamiamo ‘intelligenza,’ può essere compresa solo come il sorgere di un complesso gioco interdipendente tra natura e cultura, psicologia e biologia, geni ed ambiente.” (P. 147)
Sulla domanda se una persona può imparare ad essere qualcos’altro che omosessuale, Mondimore conclude questo: “I risultati scientifici avuti dalla neurobiologia dello sviluppo e dell’apprendimento dimostrano che l’orientamento sessuale non si configura soggetto al cambiamento.
Alcuni comportamenti, anche i comportamenti acquisiti esclusivamente attraverso l’apprendimento, come il linguaggio, vengono assorbiti dalla struttura del sistema nervoso nel mentre che si sviluppano. Successivamente, dalla pubertà in poi, il cervello perde molta della sua capacità di cancellare sostanziali cambiamenti. Quindi, se l’orientamento sessuale è una di queste caratteristiche comportamentali assorbite, non dovrebbe essere più possibile la modifica dell’orientamento sessuale di un individuo così come non lo sarebbe della sua lingua natia…” (p. 156)
Leggendo l’insieme di questi dati, nonostante la loro frammentarietà e che qualcosa ancora manchi all’appello, mi sembra comunque puntare verso la conclusione che per una persona omosessuale non faccia differenza quale preciso insieme di cause o condizioni siano alla base della sua omosessualità. Presi assieme questi dati puntano alla conclusione che nessuno sceglie il suo orientamento sessuale (che sia omosessuale od eterosessuale).
Piuttosto, noi cresciamo nel nostro orientamento. Come Robert Nugent disse nel suo articolo, “Homosexual Rights and the Catholic Community,” (Doctrine and Life 44 (1994): 166) “Dalle ricerche contemporanee nello sviluppo dell’identità sessuale, l’orientamento sessuale sembra che venga scoperto invece che scelto.”
Ciò che concludo da tutto questo è che l’omosessualità, non importa come uno la voglia definire, di fatto esiste. Se uno la definisce come un orientamento sessuale verso una persona dello stesso sesso, la sua presenza nella popolazione risulta essere minima.
Niente causa l’omosessualità, ma molte cose lavorano assieme in modi che noi non afferriamo ancora completamente. In ogni caso per coloro che sono sessualmente attratti verso le persone dello stesso sesso, il loro orientamento non è né qualcosa che hanno scelto e neppure qualcosa ch’essi possono cambiare.
Ciò comporta che una risposta pastorale Cattolica che cerchi di cambiare un individuo omosessuale in uno eterosessuale è un errore, qualcosa di destinato a fallire e per nulla rispettoso della dignità di quella persona. Quindi un’appropriata risposta pastorale Cattolica dovrà prendere come dato di fatto che alcune persone sono e continueranno ad essere omosessuali. Il modo in cui noi accettiamo questo fatto ed in cui lo viviamo nel contesto della fede Cattolica verrà preso in considerazione nei seguenti articoli di questa serie.
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* Fr. Joseph Fortuna è stato ordinato sacerdote negli Stati Uniti nel 1980. Ha frequentato l’Università Cattolica di Washington DC, dove ha conseguito un dottorato in Teologia sistematica con un focus sulla Liturgia e la Teologia sacramentaria.
E’ stato membro della facoltà di teologia della St. Mary Seminary Graduate School, prima di diventare parroco della parrocchia Ascension Parish di Cleveland, dove ha prestato servizio per quasi sedici anni. Oggi continua a servire nella facoltà del seminario, oltre che come parroco di Our Lady of the Lak (Nostra Signora del Lago).
** Già pubblicato su “The Ascension of Our Lord”, bollettino della chiesa cattolica, estate 1997
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Testo originale: People of God Who are Gay or Lesbian: A Catholic Pastoral Response (Third in a series)