Risolvere il conflitto d’identità, le strategie di integrazione per gay e lesbiche cattolici
Riflessioni di Filippo del gruppo Kairos di Firenze
Se per qualcuno di noi è già tanto difficile solo pronunciarla quella parolina di tre lettere (gay) che sa tanto di condanna, figuratevi poi aggiungervi “l’aggettivo” di cristiano, (non parliamo poi di cattolico).
Sembra proprio una contraddizione insanabile, resa ancora più tale da una doppia forma di ostracismo; quello della Chiesa ufficiale, che pur fra alcuni distinguo continua a non riuscire neppure a concepire i sentimenti più profondi dell’omo-affettività, e l’universo dell’associazionismo GLBT laico, che rimprovera ai credenti omosessuali una sorta di inutile rincorsa alla ricerca di comprensione da chi sembra non sia disposto a concederla. E pure c’è una fetta importante del variegato universo GLBT che con i propri intimamente radicati sentimenti religiosi, è costretto a farci i conti. Una “croce” in più, se mi perdonate l’espressione, nel complicato percorso che ciascuno di noi intraprende per arrivare ad una piena accettazione di se.
Quali siano i meccanismi mentali che scattano, e con quali strumenti affrontarli è stato il tema dell’incontro-laboratorio con la psicologa Arianna Petilli, organizzato da Kairos, il gruppo di gay e lesbiche cristiani di Firenze lo scorso 29 novembre 2014: “Risolvere il conflitto d’identità: le strategie di integrazione dei gay e delle lesbiche cattolici”.
Partendo dal profondo senso di incompatibilità che le persone credenti omosessuali sviluppano tra le proprie convinzioni religiose e la loro identità sessuale, la dott.ssa Petilli ha condotto per mano ciascuno dei presenti attraverso un percorso in più tappe. Forte della sua personale esperienza come terapeuta è risalita alle origini del conflitto confermando quanto possa essere pesante l’influenza della religione cattolica sul giudizio che di se stessi danno i gay e lesbiche credenti e il livello notevolmente più alto di omofobia interiorizzata da essi sviluppato, tanto più forte se i modelli valoriali cattolici sono parte integrante del sistema educativo che ricevono in famiglia.
A ciò corrisponde la messa in atto di una serie di strategie che potremmo definire difensive attraverso le quali i singoli individui tentano di porre un argine al livello di conflittualità sempre più crescente.
E’ apparso evidente, e il confronto con le esperienze personali dei presenti non poteva che confermarlo, che non solo i modelli di strategie presentati corrispondessero in qualche modo alle tappe che molte donne e uomini credenti omosessuali hanno attraversato, ma che essi ben lungi dal risolvere il conflitto contribuiscano ad alimentarlo. Spesso però queste tappe se sono parte di un percorso che evolve porta l’individuo ad un livello di consapevolezza tale da consentigli di interpretare in un’ottica religiosa finalmente positiva la propria omosessualità.
E, a quanto emerso dalla discussione finale, sembra proprio quanto accaduto a non pochi dei presenti all’incontro, anche grazie ai positivi esiti della pastorale inclusiva portata avanti dai gruppi di cristiani omosessuali ormai presenti da molti anni in diverse parti d’Italia.
Un cammino di accoglienza e di riconciliazione ospitato in molti casi all’interno di comunità parrocchiali, che contribuisce a sviluppare un’identità in cui omosessualità e valori religiosi risultino perfettamente integrati.