Quando la guerra tra i credenti è sopratutto il trionfo dei bigotti
Articolo di Nicholas Kristof* pubblicato su La Repubblica del 13 febbraio 2015, p.37
Nel North Carolina, tre giovani musulmani attivi in opere di solidarietà sono stati uccisi da un uomo che si è definito ateo e ha espresso ostilità verso l’Islam e le altre religioni. La polizia sta indagando per capire se si sia trattato di un crimine d’odio, mentre su Twitter è stata lanciata una campagna con l’hashtag #MuslimLivesMatter. In Alabama vediamo dei giudici che si rifiutano di approvare i matrimoni «di ogni genere», perché altrimenti dovrebbero approvare anche i matrimoni omosessuali. In un sondaggio condotto l’anno scorso, il 59% dei cittadini dell’Alabama si è detto contrario ai matrimoni gay. In qualche modo ci si richiama a un Dio d’amore per impedire di unirsi a delle coppie di innamorati.
Sono notizie molto diverse. Ma mi chiedo se si possa trarre da entrambe una lezione sull’importanza di resistere alla bigotteria, di combattere l’intolleranza che può infettare persone di qualsiasi fede — o prive di fede.
Non credo che i musulmani debbano sentirsi in dovere di chiedere scusa per gli attacchi terroristici al Charlie Hebdo. Né credo che gli atei debbano scusarsi per l’uccisione dei tre musulmani. Ma forse è utile che ognuno rifletta sulla nostra capacità di “alterizzare” persone diverse per fede, razza, nazionalità o sessualità — e di trasformare questa alterità in una minaccia. Questo è ciò che l’Is fa nei nostri confronti. E, a volte, questo è quello che facciamo anche noi.
Alcuni di voi starà protestando: questa è una falsa equivalenza. È vero, c’è una grande differenza tra bruciare viva una persona e il non concedere una licenza matrimoniale. Ma, ripeto, non è molto più che uno slogan dire «siamo meglio dell’Is!».
C’è stato un pugnace atteggiamento difensivo tra i cristiani conservatori nei confronti di eventuali parallelismi tra gli eccessi cristiani e quelli islamici, come si è visto nella reazione indignata di fronte alla recente ammissione di Obama che anche l’Occidente ha molto da rimproverarsi. Obama ha perfettamente ragione: come possiamo chiedere ai leader islamici di combattere l’estremismo nella loro fede, se non riconosciamo l’estremismo cristiano, dalle Crociate a Srebrenica? Abbiamo già esortato i musulmani a riflettere sull’intolleranza nel loro campo, e questa è un’occasione in cui i cristiani, gli atei e gli altri possono fare lo stesso. Anche il dramma legale in Alabama rievoca la fede, perché è un modo di affermare, battendosi i pugni sul petto, “sono più santo di te”.
Trovo strano che tanti cristiani conservatori siano ossessionati dall’omosessualità, di cui Gesù non parla mai, mentre sembra non si preoccupino di problemi che Gesù sottolinea, invece, come la povertà e la sofferenza. Nel 2012, un sondaggio tra gli americani tra i 18 e i 24 anni ha rilevato che la metà descrive il cristianesimo attuale come «ipocrita», «moralista » e «anti-gay». E ancora di più sono quelli che considerano più immorale guardare la pornografia che avere rapporti sessuali con una persona dello stesso sesso. L’Alabama, ancora una volta, è dalla parte sbagliata della storia.
Papa Francesco è stato come una boccata d’aria fresca per cattolici e non cattolici, perché sembra meno moralista ed è più disposto a tendere una mano per aiutare. Dopo la tragedia nel North Carolina e il caos legale in Alabama, forse è un buon esempio per tutti noi.
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* pubblicato originariamente sul The New York Times, traduzione di Luis E. Moriones