Gay e cattolico? Ora finalmente sono io
Articolo di Silvia Renda pubblicato sul sito L’Huffington Post Italia il 13 febbraio 2015
“Avevo due possibilità: condurre una doppia esistenza, frequentando la chiesa e tenendo nascosta la mia omosessualità, o abbandonare la fede per non negare il mio vero essere. Ho scelto una terza strada, di non vivere in maniera schizofrenica la vita e accettare ciò che sono. Sono gay e cristiano”.
Innocenzo ha capito di essere omosessuale a 15 anni, l’ha detto per la prima volta a un’altra persona a 25 ed è riuscito ad accettarlo quando di anni ne aveva 30. Ad ascoltare il suo primo coming out è stata una suora di clausura, una sua amica, che l’ha guardato felice e lo ha abbracciato dicendogli che andava tutto bene.
Per un omosessuale cristiano accettare il proprio orientamento sessuale è più complicato rispetto a un laico. Il senso di colpa diventa insito nella propria esistenza, si è più orientati verso atteggiamenti omofobi e ci si costringe a una “faticosa recita” per non essere scoperti.
Come lo dirai ai tuoi genitori che ti hanno cresciuto con un’educazione cattolica? Come parlerai della tua storia d’amore con i tuoi amici in chiesa? Come farai a far parte di una comunità che condanna ciò che sei? Il difficile diventa riuscire a vivere una vita rilassata. Così era per lui, prima che un lungo percorso di accettazione, compiuto proprio all’interno della chiesa, non lo aiutasse a superare la vergogna e l’autocondanna.
Ora Innocenzo non guarda più incuriosito il Gay Pride dal ciglio della strada, al sicuro da possibili inquadrature delle telecamere. Cammina nel corteo reggendo in mano lo striscione del gruppo Kairos l’associazione di gay cattolici della quale fa parte. In Italia questi gruppi sono numerosi e molti di loro vengono ospitati dalle stesse parrocchie.
“Prima dell’arrivo di Papa Francesco il fatto che fossero le parrocchie ad ospitarci era un argomento tabù, se ne parlavi poteva essere un problema. Da un anno a questa parte la cose sono cambiate. La discussione si è aperta. Quello che vedo in questo periodo è proprio la volontà d’interrogarsi sull’argomento. Il nostro rapporto con le chiese che ci ospitano è sempre lo stesso, ma ora non dobbiamo più nascondere la nostra esperienza di accoglienza”. L’apertura delle chiese nei confronti delle comunità omosessuali cattoliche è iniziata invece paradossalmente in quello che Innocenzo definisce “il periodo più buio”, durante il pontificato di Benedetto XVI. In quegli anni tre parrocchie a Firenze, dove opera il gruppo Kairos, hanno accolto le associazioni gay cattoliche.
“Dall’esterno uno crede che ci sia solo la Chiesa. In realtà si, c’è la Chiesa, ma poi ci sono le chiese. Ci sono diocesi molto avanti e altre che con noi non vogliono parlare perché non saprebbero come affrontarci. Nella parrocchia nella quale ci vediamo più spesso è stato lo stesso parroco a chiederci un incontro, abbiamo raccontato la nostra esperienza, di cosa si prova da cattolici a non sentirsi accettati dalla Chiesa. La reazione del parroco e delle catechiste che presenziavano all’incontro è stata una sorpresa. Una di loro si è alzata in piedi e ha detto: ‘Vi vedo, vi ascolto e capisco che non avevo capito nulla’”.
È il volto di una Chiesa che si sta lentamente aprendo al dialogo sulle unioni tra persone dello stesso sesso. Se ne parla al sinodo e ne parla soprattutto Papa Francesco, che ha affermato davanti ai giornalisti “Chi sono io per giudicare un gay?”. Le resistenze interne però rimangono molte, tra chi nel mondo cattolico continua a definire l’omosessualità un“comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale”, come aveva fatto Joseph Ratzinger, ancora cardinale, in un documento del 1986. Le associazioni gay cattoliche vogliono parlare anche a loro e da loro farsi capire facendosi conoscere, raccontando le proprie storie.
Questa era la storia di Innocenzo, uguale a quella di molte altre, ma diversa per certi aspetti da quella di Pietro, anche lui gay e cattolico. Pietro non è il suo vero nome e la sua omosessualità non la vive ancora alla luce del sole.
Ha perso due amici, morti suicidi perché oggetto di derisione sociale e di questo incolpa il Vaticano: “Se la Chiesa inizierà a pensare a quanta sofferenza ha portato alle persone credo arriverà un giorno in cui finalmente chiederà scusa”.