John Boswell: La chiesa cattolica e l’omosessualità visti da una prospettiva storica
Questo atteggiamento di Platone era caratteristico del mondo antico e voglio iniziare la mia prolusione sull’atteggiamento della Chiesa verso l’omosessualità, nel mondo cristiano d’Occidente, attraverso l’interpretazione di atteggiamenti simili presenti nel mondo antico.
Plutarco scriveva quasi nello stesso periodo, “Nessuna persona assennata può immaginare che i sessi differiscono in questioni d’amore quanto differiscono nel modo di vestire. Chi ama intelligentemente la bellezza sarà attratto dalla bellezza in qualunque genere la trovi”.Il diritto romano e le sue norme severe non prevedevano assolutamente alcuna restrizione sulla base del genere. Alle volte si è sostenuto che c’erano leggi contro le relazioni omosessuali a Roma, ma è facile dimostrare che non è vero. D’altra parte, è un errore immaginare che l’edonismo anarchico imperasse a Roma. Infatti, i romani avevano una complessa struttura di norme limitative, finalizzate alla protezione dei bambini e contro il loro abuso e alla protezione di ogni cittadino dalla violenza e dalla costrizione nei rapporti sessuali.I romani erano, come del resto altri popoli, molto sensibili a questioni di amore e ai legami affettivi, ma la scelta sessuale individuale, cioè il genere, era completamente libera. La prostituzione maschile (rivolta ad altri maschi), per esempio, era talmente comune che le tasse su quella attività costituivano una delle maggiori voci d’entrata per il tesoro imperiale.Era talmente redditizia che anche in periodi più tardi, quando una certa intolleranza cominciò lentamente a farsi strada, gli imperatori non riuscirono a decidere di mettere fine a quella pratica e a rinunciare ai relativi introiti. Anche i matrimoni gay erano legali e frequenti a Roma sia fra maschi che fra femmine. Perfino gli imperatori spesso sposavano altri maschi. Vi era una totale accettazione di questo tipo di atteggiamento e comportamento sessuale da parte della popolazione comune, per quanto si può determinare. E la totale accettazione non era limitata all’elite dei governanti.
Nessuno del mondo romano sembrava ritenere che il fatto che qualcuno preferisse persone del proprio genere fosse maggiormente significativo del fatto che qualcuno preferisse gli occhi blu o la gente di statura bassa. Nessuna persona gay e nessuna persona eterosessuale sembrava associare certe caratteristiche fisiche o comportamentali alla preferenza sessuale. Gli uomini gay non erano considerati meno maschi degli uomini eterosessuali e le donne lesbiche non erano considerate meno femminili delle donne eterosessuali.
I gay non erano considerati né migliori né peggiori delle persone eterosessuali, un atteggiamento questo che si differenziava sia dalle civiltà che precedettero quella romana, infatti molti greci pensavano che i gay fossero intrinsecamente migliori degli eterosessuali, sia dalle civiltà che la seguirono, nelle quali i gay furono spesso considerati inferiori agli altri. Se questo è una rappresentazione precisa della realtà storica del mondo antico, la struttura sociale dalla quale la cultura occidentale è derivata, allora da dove è venuta l’idea negativa sull’omosessualità, ora comunemente accettata?
Ma prima di tutto, vorrei disfarmi brevemente dell’idea che la Bibbia avesse qualcosa a che fare con gli atteggiamenti negativi dei cristiani verso i gay. Da un punto di vista storico è facile a farsi, ma mi accorgo che alle persone che vivono maggiormente di Bibbia è necessario dire di più di quello che uno storico può far loro osservare.Uno storico può semplicemente far notare che nessuno degli scritti del primo e dell’alto medioevo sembra avvalorare l’ipotesi che la Bibbia sia all’origine dei pregiudizi contro i gay.Se non si trova nella Bibbia alcuna motivazione per dimostrare la nuova ostilità, allora si devono citare fonti diverse dalla Bibbia stessa. In realtà da una prospettiva storica, la Bibbia sarebbe l’ultima fonte a cui uno dovrebbe guardare dopo aver considerato la crescente ostilità verso i gay, ma molte persone hanno l’impressione che la Bibbia c’entri comunque e che i suoi insegnamenti sulla questione debbano essere affrontati nel dettaglio.
La maggior parte degli studiosi della Bibbia ora riconoscono che il racconto di Sodoma non fu probabilmente inteso come una specie di giudizio sull’omosessualità. Certamente non fu interpretato come proibizione dell’omosessualità dalla maggior parte degli scrittori cristiani. Nel mondo moderno, l’idea che il racconto si riferisca al peccato dell’inospitalità piuttosto che a quello del peccato di omosessualità fu per la prima volta diffusa nel 1955 in “Omosessualità e Tradizione Cristiana d’Occidente” di D.S. Bailey e da allora ha guadagnato sempre più ampi consensi tra gli studiosi.
Ma i moderni studiosi sono un po’ in ritardo: già quasi tutti gli studiosi medievali avevano avuto la percezione che il racconto di Sodoma riguardasse l’ospitalità. Questa è, perciò, non solo la più ovvia interpretazione del racconto ma anche quella data ad esso dalla maggior parte dei passi biblici.
La maggior parte degli ebrei cristiani erano infatti sconvolti dalla maggior parte delle restrizioni che la legge giudaica imponeva ed non erano affatto disposti a sottomettersi a ciò che consideravano la schiavitù dell’antica legge. San Paolo afferma ripetutamente che non dobbiamo ricadere nella schiavitù dell’antica legge e infatti si spinge fino al punto di sostenere che se i cristiani si fanno circoncidere (rito che sta a fondamento della legge antica), Cristo non serve a niente. I primi cristiani non erano costretti a sottostare alle restrizioni della legge antica.
Il Concilio di Gerusalemme, svoltosi attorno all’anno 50 D.C. e riportato negli Atti degli Apostoli al capitolo 15, infatti, si occupò specificatamente di questo problema e fu deliberato che i cristiani non fossero vincolati da nessuna delle restrizioni della legge antica, e fa un elenco di cose dalle quali astenersi o da osservare, ma nessuna di esse riguardava l’omosessualità.
Nel Nuovo Testamento non troviamo alcuna citazione delle restrizioni dell’Antico Testamento, tuttavia troviamo tre passi, prima lettera ai Corinzi 6,9; prima lettera a Timoteo 1,10; lettera ai Romani 1,26-27, che potrebbero essere pertinenti. Nuovamente, sarò breve nel trattare di questi passi. La parola greca malakos citata nella prima lettera ai Corinzi 6,9 e nella prima lettera a Timoteo 1,10, che gli studiosi del XX secolo hanno ritenuto riferirsi ad una sorta di comportamento omosessuale, fu universalmente usata dagli scrittori cristiani per riferirsi alla masturbazione fino a circa il XV o XVI secolo.A cominciare dal XV secolo molte persone erano preoccupate dall’idea che i masturbatori fossero esclusi dal regno dei cieli. Non sembravano essere, perciò, fino a quel momento, troppo preoccupati di escludere gli omosessuali dal regno dei cieli. Fu così che il termine malakos fu ritradotto affinché si riferisse all’omosessualità e non alla masturbazione. I testi e le parole rimangono gli stessi, ma i traduttori cambiarono semplicemente le loro idee riguardo a ciò chi doveva essere escluso dal regno dei cieli. I restanti passi, come ad esempio Romani 1,26-27, sembra non avessero sofferto molto a causa di una traduzione mal fatta, sebbene si possa essere facilmente fuorviati dall’espressione “contro natura”. Questa espressione era stata interpretata dalla chiesa dei primi secoli in modo diverso da quello che viene fatto al giorno d’oggi. San Giovanni Crisostomo afferma che San Paolo non scusa affatto gli uomini di cui sta parlando quando questi osservano che le loro donne “hanno cambiato il loro orientamento naturale”.
Tutto ciò che Paolo con ogni probabilità voleva dire era che era insolito che le persone potessero avere quella specie di desiderio sessuale. Ciò è reso maggiormente chiaro dal fatto che nella stessa lettera ai Romani, al capitolo 11, Dio stesso viene infatti descritto come colui che agisce “contro natura” riguardo alla salvezza dei gentili. È pertanto inconcepibile che tale espressione connoti l’immoralità. Ci si potrebbe a ragione chiedere se il silenzio assordante sull’argomento nel Nuovo Testamento non sia indicativo dell’atteggiamento dei primi cristiani nei confronti dell’omosessualità. In quanto storico, io direi di no.
Molta della produzione letteraria del tempo, specialmente quella che aveva come scopo di guidare le persone in una vita giusta e morale, non dice nulla sugli aspetti puramente affettivi della vita umana. Nel Nuovo Testamento Gesù, San Paolo e gli altri scrittori rispondono in modo generico a domande relative a problemi sociali e morali poste loro da una società essenzialmente eterosessuale. La gente pose loro domande riguardanti il divorzio, la vedovanza, la proprietà, ecc. e a loro viene risposto in modo corrispondente. La maggior parte dei ragionamenti di Gesù, specialmente quelli riguardanti la sfera sessuale, sono in risposta a specifiche domande che gli vengono poste.
Gesù non sembra voler dare delle linee guida dettagliate su tutti gli aspetti della vita umana, specialmente su ciò che non riguarda la vita stessa, ma piuttosto sembra voler indicare alcuni principi generali. Non c’è quasi alcun commento in nessun passo della Bibbia riguardo all’amore per i propri figli; ci sono pochi riferimenti all’amicizia; e non c’è un singolo passo riguardo a ciò che noi conosciamo come “l’amore romantico”, sebbene questo sia alla base del moderno matrimonio cristiano nella nostra chiesa come pure nell’intera comunità cristiana.
Vi voglio menzionare alcune delle ragioni che spiegano l’ostilità verso l’omosessualità che ora sembrano una caratteristica della comunità cristiana. Prima di tutto voglio sgombrare il campo da ciò che potrebbe sembrare la motivazione verosimilmente più importante per giustificare l’ostilità nei confronti dell’omosessualità, cioè, la generale opposizione verso la sessualità non procreativa. Ci fu in verità da parte di molti cristiani dei primi secoli un sentimento di ostilità verso ogni forma di sessualità che non fosse potenzialmente procreativa.
Ciò non può, tuttavia, essere visto come cosa da cui si svilupparono i principi cristiani. Tra le altre cose, non vi è una sola parola nel Vecchio Testamento o nel Nuovo che riguarda la sessualità non procreativa tra le persone sposate e , in verità, la maggior parte dei commentatori ebraici sono d’accordo nell’affermare che ogni cosa era lecita tra marito e moglie.
Un principio consolidato in parecchie discipline delle scienze sociali è quello che sostiene che esiste un pregiudizio collegato alle classi sociali contro gli atti sessuali non procreativi. Ci si potrebbe aspettare che tale pregiudizio si trovi nei cristiani appartenenti alle classi più basse della scala sociale, come del resto avviene per le classi sociali più basse di tutte le società. Tra i teologi, un esplicito rifiuto della sessualità non procreativa non viene riferito direttamente al comportamento dei gay. I teologi della chiesa dei primi secoli cercavano piuttosto di imprimere in tutti i cristiani l’idea che dovevano considerare ogni loro rapporto eterosessuale potenzialmente procreativo, che cioè il loro atto poteva portare al concepimento di un figlio.
Fino all’undicesimo, dodicesimo secolo, sembra non vi fosse conflitto tra vita cristiana e l’omosessualità. Esempi di vita gay si trova in ogni luogo nell’XI e nel XII secolo: nell’arte, nella poesia, nella musica, nella storia, ecc. La forma più popolare di letterature di quel tempo, anche di letteratura eterosessuale, riguarda amanti dello stesso sesso di un tipo e dell’altro. Alcuni chierici erano all’avanguardia di questo revival di cultura gay. San Aelredo di Rievaulx, per esempio, scrive della sua giovinezza come di un tempo in cui non pensava ad altro che ad amare ed essere amato da uomini. Divenne abate cistercense e incorporò il suo amore per gli uomini nella sua vita cristiana incoraggiando i monaci ad amarsi l’un l’altro, non già in senso generico, ma individualmente e con passione.
Citava l’esempio di Gesù e dell’apostolo Giovanni quale guida per questo. “Gesù stesso”, diceva, “in tutto uguale a noi, paziente e compassionevole con gli altri in ogni cosa, trasfigurò questo tipo di amore grazie alla manifestazione del suo stesso amore, poiché permise ad uno solo – non a tutti – di appoggiare la testa sul suo petto, quale segno del suo amore speciale; e più intimi essi erano e più copiosamente i segreti del loro matrimonio celeste arricchirono il loro amore con il dolce odore del loro crisma spirituale”.Dopo il XII secolo, l’accettazione e la tolleranza per l’amore gay sembra scomparire con sorprendente rapidità. Gli scritti di San Aelred scompaiono perché vengono tenuti sotto chiave nei monasteri cistercensi fino a circa otto anni fa, quando per la prima volta i cistercensi poterono leggerli nuovamente. Ad iniziare dall’anno 1150 circa, per ragioni che non so spiegare adeguatamente, ci fu un’improvvisa fiammata di intolleranza nei confronti dei gay. A quel tempo ci furono anche violente esplosioni di intolleranza verso gli ebrei, i mussulmani, le streghe.
Nel secondo caso nessun individuo è obbligato ad adempiere quel dovere. Il comandamento che riguarda la procreazione si applica alla razza umana nel suo insieme ed essa è obbligata, nel suo insieme, ad aumentare fisicamente di numero. Perciò è sufficiente per la razza che alcune persone si impegnano a riprodursi fisicamente”.
Testo originale: John Boswell: The Church and the Homosexual: An Historical Perspective (1979)