Omosessualità. Alle sfide della mia scuola cattolica, rispondo con altre sfide
Riflessioni di Garlia Cornelia Jones-Ly pubblicate sul blog Motherlode del New York Times (Usa) il 6 ottobre 2014, liberamente tradotte da Marius
Ho ricevuto un’educazione cattolica. Quando fu dato il permesso alle bambine, fui una delle prime a fare la chierichetta, e durante tutta la scuola di specializzazione a New York, mi piaceva partecipare alla messa come parrocchiana impegnata. Ma come molta gente, fin dalla giovane età, ho messo in discussione alcuni degli insegnamenti della Chiesa Cattolica. Così, quando ho sentito quello che è successo a Barb Webb, un’insegnante del mio vecchio liceo, all’inizio sono rimasta scioccata.
La signora Webb è una lesbica sposata che ha insegnato per nove anni alla Marian High School, una scuola cattolica femminile nel ricco sobborgo di Bloomfield Hills a Detroit, nel Michigan (USA). Nel mese di agosto, ha informato la direzione scolastica che era incinta ed ha avvertito che si sarebbe presa un periodo di aspettativa per la gravidanza, allora la scuola le ha comunicato che poteva dimettersi o essere licenziata. Al suo rifiuto di dimettersi, l’amministrazione scolastica l’ha licenziata, citando una violazione della clausola di moralità nel suo contratto. In molti all’interno della Marian High School hanno reagito con l’indignazione. Ma per molte settimane, la risposta dei responsabili dalla scuola è stata il silenzio.
Non conosco personalmente la signora Webb. Non è stata la mia insegnante di chimica o l’allenatrice della Freshman Volleyball. In realtà, quando ero studentessa, lei non insegnava alla Marian. La signora Webb e io non ci siamo mai incontrate, ma mi sento fortemente legata a lei.
Sono una madre, come lo sarà la signora Webb all’inizio del prossimo anno. Sono un’ex allieva della Marian, come lo è la signora Webb, in un certo senso. E sono stata incinta con un’occupazione precaria. Ho preso a cuore il licenziamento della signora Webb. Come ha osato la presidentessa della Marian, una donna di cui un tempo avevo stima, fare una cosa del genere a una donna incinta?
Il senso di vergogna che provavo un tempo quando camminavo per i corridoi della scuola è svanito quando mi sono unita a un movimento di laureati e non laureati della Marian che utilizzava i social media a sostegno della signora Webb. All’interno della nostra comunità, non ero l’unica a essere irritata, lontano da essa.
Sebbene io abbia un rapporto distaccato con la Chiesa cattolica, da alcuni anni a questa parte, sono stata una dei tanti che si aspettavano il meglio da parte di queste due istituzioni – la mia scuola e la chiesa in cui sono cresciuta e che ho comunque amato. I valori della Chiesa cattolica saranno sempre dentro di me e li trasmetto ai nostri figli. Ciò che è successo alla signora Webb, ed a altri insegnanti in circostanze simili, mi ha spinto a riesaminare i miei sentimenti verso la Chiesa, come parte del mio passato, e qualcosa di cui parlerò ai nostri figli in futuro.
Probabilmente, non avrei dovuto rimanerne sorpresa. Durante il mio ultimo anno alla Marian, scrissi un testo a favore del matrimonio gay, in un corso obbligatorio sulla “Giustizia Sociale”. Alla Marian, non tutti sono cattolici, così come non tutti, alla Marian, sono eterosessuali, e essendo un’alleata LGBTQ, ero orgogliosa di quello che avevo scritto e altrettanto entusiasta di avere uno dei miei insegnanti preferiti alla guida della classe. Non dimenticherò mai quanto velocemente il mio cuore cominciò a battere quando mi fu restituito il compito con un voto negativo e con una scritta rossa in alto che spiegava che la mia opinione non era la visione della Chiesa cattolica.
Naturalmente, lo sapevo. Ciò che non avevo pienamente realizzato è che questa scuola, dove avevo imparato così tanto di ciò che mi ha reso chi sono, mi richiedeva di condividere questa visione o di pagarne il prezzo. Stavo vedendo le cose in modo chiaro io, oppure loro?
Per quanto fossi sconvolta, rimasi ferma su quello che avevo scritto. Ero stata ingenua a pensare che l’uguaglianza del matrimonio fosse una questione di giustizia sociale per la Chiesa, nonostante la dottrina. Una parte di me sperava che l’idea di uguaglianza creasse un’apertura al dialogo, o almeno, che la mia insegnante preferita mi permettesse di spiegarmi. Anche se il mio scritto comprometteva i miei voti, non fu così dannoso da rovinarmi la vita.
Pare che la signora Webb abbia fatto alcune delle mie stesse riflessioni che feci io consegnando quello scritto – che una chiesa, che include tra i suoi principi più importanti il comandamento che ognuno di noi “ami il prossimo suo”, non può imporre la cieca osservanza della dottrina a un singolo membro della collettività. Lei è ben lungi dall’essere l’unica persona ad aver fatto questo errore; ci sono molte storie di insegnanti gay e lesbiche nelle scuole cattoliche che non nascondono e neppure sbandierano la loro identità, che vengono licenziati dopo azioni che rendono più difficile alle scuole far finta di niente.
Sentivo il voto sul mio scritto sulla giustizia sociale come un attacco personale. Ma non lo era. Probabilmente, la scuola e la chiesa avrebbero detto che il licenziamento della signora Webb non era neppure qualcosa di “personale”.
Ma quando penso ai miei figli, alla religione in cui crescerli, e alla nostra prossima scelta se mandarli o no in una scuola cattolica, desidererei che la Chiesa fosse più personale, che prendesse in considerazione le persone che ne fanno parte, e la comunità globale di cui siamo parte oggi.
Ci sono segnali di ascolto da parte delle suore delle Serve del Cuore Immacolato di Maria, l’ordine che dirige la Marian High School. La presidente dell’Ordine, Mary Jane Herb, ha rilasciato questa dichiarazione alle ex allieve: “Questi sono tempi difficili, tempi in cui sentiamo che lo Spirito di Dio sta lavorando con noi, che ci incoraggia a rispondere ai segni dei tempi in modo nuovo. Il gesuita James Martin, riflettendo sull’insegnamento di Papa Francesco, sulla “Evangelii gaudium. La gioia del Vangelo”, afferma: “Papa Francesco interroga se stesso – e noi – con tre domande, ciascuna delle quali sorge naturalmente dalle altre: in primo luogo, perché non guardare le cose da una nuova prospettiva? In secondo luogo, perché non essere aperti a fare le cose in modo nuovo? E in terzo luogo, perché non avere una nuova visione della Chiesa? ”
Ho la sensazione di pormi queste domande, insieme a molti cattolici della mia generazione, da tanto tempo. Domande, che spero che un giorno, i miei figli – e i figli di Barb Webb – non si faranno più.
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Testo originale: Challenged by My Catholic School’s Choices, and Challenging It in Return