Religione e omosessualita, verso un rinnovamento?
Intervista di Joséphine Bataille pubblicata sul sito del settimanale cattolico La vie (Francia) il 24 febbraio 2015, traduzione di finesettimana.org
L’omosessualità nei tre monoteismi… dal punto di vista del rinnovamento teologico e dell’evoluzione delle pratiche. Non è di solito così che viene affrontato il problema del rapporto tra religione e omosessualità. Sarà invece oggetto di un convegno di ampia portata il 16 e 17 marzo prossimo all’EHESS (École des Hautes Études en Sciences Sociales). Rémy Bethmont (Università Paris 8), specialista dell’anglicanesimo – straziato su questi temi – ne è l’organizzatore con Martine Gross (CEIFR/CNRS), specialista di ebraismo.
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Per quale motivo interessarsi oggi dell’idea di un rinnovamento dei monoteismi sul problema dell’omosessualità?
Ho constatato recentemente fino a che punto gli argomenti provenienti dall’ebraismo americano a favore di una liberalizzazione religiosa sul problema omosessuale erano simili a quelli che si possono trovare nel cristianesimo. Ciò che colpisce è anche la prossimità degli approcci metodologici (storico, esegetico…). Ci sono quindi dibattiti comuni ai tre monoteismi – includo l’islam perché questa voce esiste nei paesi occidentali anglofoni, anche se è eccezionale. Si sa quali sono i loro punti comuni nel rifiuto dell’omosessualità. Si sono visti i collegamenti che avvenivano nella Manif pour tous, ad esempio.
Ma qui si tratterà di guardare in quale modo le grandi religioni – che hanno in comune il fatto di basarsi su un testo – si incontrano e si influenzano su questo tema, mai trattato, dell’invito alla “inclusione” degli omosessuali nella comunità. Questo permetterà ai ricercatori di andare a vedere altrove. Sono ansioso di vedere che cosa questo ci permetterà di scoprire!
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Parlare di inclusione, significa parlare di accettazione nella comunità, o di una rilettura teologica del discorso religioso sull’omosessualità stessa?
Arriveremo a questo, perché i nostri relatori si situano da un punto di vista teologico, pur venendo da correnti molto diverse. L’ebraismo americano rappresenta un vivaio molto importante per questo pensiero; ma il rabbino gay Steven Greenberg, invece, si basa sulla tradizione più ortodossa, per sviluppare una serie di argomentazioni di inclusione piena. Si tratta di accettare gli omosessuali nella comunità, ma anche di giustificarlo teologicamente. Mentre gli ebrei progressisti rifiutano l’idea di una trasmissione orale legata alla Torah, ad esempio, lui si basa sulla tradizione, che ritiene essenziale, ma a partire da una rilettura originale. C’è anche una vera produzione da parte del cattolico James Alison, ad esempio, che analizza l’esperienza omosessuale come un’esperienza di non-essere. Come cattolico, il gay riceve l’idea che non può essere se non accettando di rinunciare a ciò che è. Ma secondo Alison, la narrazione biblica mostra che Dio trae qualche cosa da coloro che non sono niente, de-costruisce il meccanismo del capro espiatorio.
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Che cosa rende possibile la rilettura teologica di questi religiosi?
Si constata che i lavori di ricerca in scienze bibliche condotti congiuntamente da ebrei e cristiani sull’Antico Testamento hanno avuto molto peso. C’è il lavoro sui famosi versetti del Levitico che condannano le relazioni sessuali tra uomini, ad esempio. Al di là del lavoro esegetico, si sente l’influenza della messa in prospettiva storica e degli studi di genere. Sempre più questi teologi tendono a mostrare che una tradizione religiosa che si suppone “eterna” è molto più in movimento di quanto i discorsi istituzionali lascino intendere. Rimettono in discussione l’idea che “è sempre stato proclamato che”.
È il caso, ad esempio, del discorso cristiano sulla famiglia, che appare invece relativamente recente. Nella Chiesa primitiva, il generare non è essenziale, e la famiglia non appare affatto come un valore: rinvia a strutture stabilite dalla società piuttosto che ad una fraternità universale. “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio”, dice Gesù nel Vangelo. Così, nei primi secoli, la famiglia non appare come cellula di base della vita ecclesiale.
L’ideale del celibato all’interno di una comunità monastica è molto più valorizzato. La differenza dei sessi è soprattutto pensata come una gerarchia, ed è stata teorizzata come complementarietà in seguito. Ma ad ogni modo niente di tutto questo è essenziale: ciò che conta è l’avvento di una comunità dove non c’è più né uomo né donna, ne ebreo né greco, né schiavo né libero.
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Bisogna constatare che solo le persone omosessuali si dedicano a questo lavoro di ricerca?
In maggioranza è così, ed è fruttuoso, perché questo discorso si basa su un’esperienza. James Alison mostra di essere passato da un percorso personale che lo ha portato “dalla morte alla vita”. Altri, tra gli anglicani ad esempio, non sono coinvolti personalmente, ma sostengono che il messaggio di Gesù è di essere venuto a unire coloro che non sono mainstream per farne i suoi discepoli. Per loro si tratta quindi di una difesa all’essenza del Vangelo. Non tutti i nostri relatori sono religiosi, ci sono anche molti cercatori senza appartenenza.
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Testo originale: Religion et homosexualité, vers un renouvellement ?