L’improbabile ribelle. Suor Jeannine Gramick, la chiesa cattolica e le persone omosessuali
Articolo di Ariadne Massa pubblicato sul Times of Malta (Malta) il 16 marzo 2008, liberamente tradotto da Gianluca Ottavi
Jeannine Gramick, una minuta suora cattolica americana, esorta il Vaticano a mostrare il proprio lato compassionevole alle lesbiche e ai gay cattolici e a fuggire il male del pregiudizio che perseguita questa comunità. Oggetto di un acclamato documentario, suor Jeannine confida ad Ariadne Massa che l’argomento per cui la sessualità gay è innaturale si basa unicamente su considerazioni di ‘idraulica’. Mentre sorseggia del tè English Breakfast, suor Jeannine Gramick, 65 anni, irradia un’aura pacifica che ne cela la ferrea risolutezza nel perseguire la propria missione a sostegno delle lesbiche e dei gay cattolici.
Vestita con una camicetta color menta abbottonata fino al collo e con un cardigan blu, è difficile immaginare questa suora, con il suo contegno gentile, mentre resiste al Vaticano e imbraccia le armi, “in maniera non violenta”. A Malta ieri sera (ndr era il 15 marzo 2008) per un dibattito pubblico sul tema ‘Diventare completi: integrazione sessuale e spirituale’ organizzato da Drachma, il gruppo di gay cattolici di Malta, suor Jeannine spiega la propria crociata, che ha ispirato il documentario intitolato ‘In Good Conscience‘ (In tutta coscienza).
Nel 1999 la Congregazione per la dottrina della fede, allora guidata dal cardinal Joseph Ratzinger (l’attuale papa), emanò una notificazione (Notificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede a suor Jeannine Gramick e a padre Robert Nugent redatta dal card. Joseph Ratzinger il 31 maggio 1999) che ordinava a suor Jeannine di chiudere New Ways Ministry, un centro cattolico impegnato a favore della giustizia e della riconciliazione dei gay all’interno della Chiesa.
Quando il presidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti chiese al cardinale Ratzinger di fornire delle spiegazioni, gli fu risposto che non erano permessi ritiri spirituali, gruppi di studio o celebrazioni liturgiche per la comunità dei gay e delle lesbiche. Secondo il diritto canonico questo ordine non può essere interpretato oltre il proprio significato letterale, pertanto suor Jeannine non smise di parlare in pubblico.
Passò quell’anno a viaggiare negli Stati Uniti per parlare dell’inchiesta di cui era oggetto. Di conseguenza in Vaticano giunsero migliaia e migliaia di lettere che chiedevano il riesame del caso, ma la Congregazione decise diversamente.
“Ritenni di non poter rispettare quell’ordine; era una questione di coscienza”, dice tenendo tra le mani la croce d’argento che indossa ben in vista al collo.Così, invece di disobbedire alla sua superiora, passò dalle Suore Scolastiche di Nostra Signora alle Suore di Loreto, che sostengono suor Jeannine nel suo ministero. Finora il Vaticano non ha emanato una nuova Notificazione .
“La Notificazione mi rese molto triste per ciò che rappresentava. Fu interpretata, giustamente, dalla comunità delle lesbiche e dei gay cattolici come un altro schiaffo in faccia, un altro rifiuto” dice suor Jeannine.
“Aveva una portata che andava oltre me stessa. Non mostrava il lato compassionevole della Chiesa, che invece dovrebbe caratterizzarla. Credo che fosse mossa da meschinità. Ovviamente la gerarchia la pensa diversamente… la comprensione dipende dal punto di vista”.
Per capire la crociata di suor Jeannine è essenziale ripercorrere il suo approdo a questo ministero nel 1971 quando, a seguito del Concilio Vaticano II, ferveva un’intensa attività ecumenica con le altre religioni. Entrata in convento a 18 anni perché sentiva che Dio era il suo migliore amico, stava per conseguire il dottorato di ricerca in didattica della matematica presso l’Università della Pennsylvania quando fu convinta a mettersi a servizio della comunità gay da un prete episcopaliano.
All’epoca suor Jeannine credeva che i gay avessero “qualcosa di psicologicamente sbagliato”, ma poi le sue idee furono messe in crisi quando incontrò professionisti gay di successo che sembravano tutt’altro che squilibrati. Il suo coinvolgimento ebbe inizio quando divenne amica di un gay che aveva abbandonato la Chiesa cattolica per entrare a far parte della Chiesa episcopale poiché non si sentiva accettato.
“Io, una piccola suora, gli dissi ‘Una volta che sei cattolico lo rimani per sempre’. Lui mi rispose che gli sarebbe piaciuto partecipare a una messa cattolica ma che non si sentiva il benvenuto, perciò celebrammo una messa cattolica nel suo appartamento per lui e i suoi amici gay, e continuammo a farlo ogni settimana”, ricorda suor Jeannine.
“Le persone gay, che non erano più andate in chiesa perché si sentivano rifiutate, cominciarono a venire, e se ne andavano in lacrime di felicità perché una suora cattolica e un prete le avevano accolte. Ne parlai alle mie superiore, le quali erano tutte donne di un certo spessore che credevano che la Chiesa avesse trascurato la comunità gay e che mi incoraggiarono a fare tutto ciò che potevo”, racconta aggiungendo che inizialmente le consorelle del convento non si dimostrarono così illuminate come le madri superiore.
Così iniziò il suo servizio per far conoscere le difficoltà incontrate dalla comunità gay per l’accettazione e l’uguaglianza, e nel 1977 fu la cofondatrice di New Ways Ministry. Ha lavorato instancabilmente per promuovere questa causa per 35 anni ed è autrice di numerosi articoli e libri sull’argomento. Essendo una donna che preferisce guardare all’aspetto positivo, è contenta di vedere il cambiamento in atto, anche se troppo lento in riferimento alla sessualità e all’omosessualità.
Si riferisce a un documento di una conferenza episcopale, che recita: “Il pregiudizio contro gli omosessuali è una violazione della norma morale più grande di qualsiasi tipo di attività sessuale”. “Mettiamolo in pratica allora. Anziché fare tutti questi pronunciamenti sull’attività omosessuale, il Vaticano si pronunci sul male prodotto dal pregiudizio e dalla violenza contro la comunità gay. Questo è ciò che dovremmo insegnare”, sottolinea.
Descritta dalla rivista Time Out di New York come “una combattente per la libertà in prima linea sul fronte delle guerre culturali, suor Jeannine non sa se sarà viva per testimoniare la riconciliazione tra la Chiesa e la comunità gay. “Non ho mai pensato di trovare il matrimonio tra persone dello stesso sesso nell’agenda della Chiesa. Forse non è il modo giusto di affrontare la questione, ma almeno se ne parla”, aggiunge..
Come la pensa riguardo alle unioni tra persone dello stesso sesso?
Sebbene la sua opinione non vada giù alla gerarchia, da sondaggi d’opinione svolti negli USA risulta che circa il 50% dei cattolici sostiene le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Anche se questo sostegno si riduce al 20% quando si domanda se ai gay dovrebbe essere concesso l’accesso al sacramento del matrimonio, suor Jeannine è incoraggiata dal fatto che il livello di accettazione è cresciuto nel tempo. Come concilia gli argomenti che sostengono l’innaturalità delle unioni tra persone dello stesso sesso?”Il nostro problema come esseri umani è che pensiamo che solo una cosa è naturale mentre tutto ciò che va oltre è innaturale. Crediamo che ciò che è naturale per la maggior parte di noi deve esserlo per tutti, ma questo non è vero. Tali argomentazioni si basano sull’idraulica… un organo sessuale è adatto all’altro… è ridicolo! Si tratta di una teologia molto maschilista”.
Suor Jeannine ritiene che occorra una riforma radicale e che, sebbene i teologi propongano idee nuove, queste vengano cassate dal Vaticano. Fa notare che lo scopo della Congregazione era quello di dare vita a una struttura che favorisse il fiorire di idee teologiche, ma che invece si è trasformata in un geloso custode.
.Non ha paura della scomunica se persiste nella sua crociata?
“No, ma durante il procedimento canonico la mia superiora provinciale mi mise la pulce nell’orecchio. Insistette affinché facessi un pellegrinaggio al luogo natale della nostra fondatrice per chiederle un miracolo”, ricorda con un sorriso affettuoso. Per pura coincidenza sull’aereo che viaggiava da Roma a Monaco c’era anche il cardinal Ratzinger.
“La mia superiora andò da lui e gli disse ‘Suor Jeannine è una suora molto brava. Temiamo molto che stia per essere scomunicata’. E lui rispose ‘Oh, no no… non è un livello di dottrina tale da portare alla scomunica”, sorride ammettendo che il miracolo era avvenuto sull’aereo.
Come suora molto devota alla sua Chiesa, suor Jeannine sente la necessità di scusarsi con le lesbiche e i gay “per tutto il dolore e la sofferenza causati dalla Chiesa” e spera di potere fare ammenda con il suo impegno. “Credo che Dio ami ciascuno così com’è”.
Testo originale: The Unlikely Rebel