Come una chiesa evangelica ha tentato di liberarmi dall’omosessualità
Intervista a cura di Massimo Modesti pubblicata sul suo blog il 27 marzo 2015
Camilo* è un giovane gay di origini colombiane in Italia da 8 anni che si è avvicinato ad una chiesa evangelica di origine latinoamericana. L’occasione gli è stata data dal suo nuovo fidanzato, che vive a qualche centinaio di chilometri di distanza, che lo ha invitato a passare qualche settimana da lui. I genitori del ragazzo sono molto devoti a questa chiesa e non accettano l’omosessualità del figlio. Camilo, invece, già da qualche anno ha rivelato ai suoi genitori di essere gay e questo non ha destato particolari problemi. Durante il periodo trascorso dal fidanzato, Camilo inizia a partecipare agli incontri della chiesa dove trova un’accoglienza accorata e piacevole.Il giorno successivo incontra la leader della chiesa che gli chiede un colloquio privato: «Camilo, io vedo dal tuo viso che non sei felice. Se vuoi essere veramente felice, cambia strada e rinuncia all’omosessualità. Ho incontrato tanti ragazzi come te che hanno fatto una brutta fine. Dio non accetta l’omosessualità: se fai qualcosa che a Dio non piace, non ti sentirai mai bene con te stesso».
Le sue parole sono così convincenti che un dubbio si insinua nella mente di Camilo: «Ho iniziato a pensare che in quanto gay a volte mi sento a disagio perché non posso vivere liberamente la mia vita amorosa. Se voglio esprimere gesti d’affetto in pubblico, penso sempre alla reazione degli altri».
Nel frattempo questo avvicinamento alla chiesa lo mette in difficoltà con il fidanzato che gli riferisce di sentirlo distaccato e lontano: «Anche quando facevo all’amore con lui, non sentivo più le stesse emozioni di prima». La partecipazione alle assemblee diventa motivo di litigio nella coppia: «Non mi importava che lui fosse arrabbiato: io mi sentivo bene con me stesso». Segue un primo rito di liberazione dallo “spirito dell’omosessualità” al termine del quale la pastora gli dice di aver visto cose meravigliose per lui e che avrebbe realizzato un’idea creativa che lo avrebbe reso ricco.
Camilo ritorna a casa e riprende la vita di sempre. In cuor suo sa che non diventerà eterosessuale: non lo convince la storia dello spirito maligno. Nel frattempo la pastora si tiene in contatto con lui e lo invita a ritornare: «Camilo, devi assolutamente venire domenica perché ci sarà un rito di liberazione di massa. Non puoi mancare». Stavolta il giovane chiede di portare con sé anche la mamma e i due fratelli più giovani che vengono ospitati in un albergo di proprietà della chiesa.
Il racconto che segue è un susseguirsi di colpi di scena per i quali Camilo rimane allibito: «Domenica avevo programmato di andare a pranzo dalla famiglia del mio ragazzo insieme a mia mamma e ai miei fratelli. Durante i preparativi, vengo a sapere che la figlia della pastora ha chiamato suo padre dicendogli che non saremmo andati. Mi sono sentito braccato: come si permettevano di limitare la nostra libertà?».
Da allora capisce di essere in loro potere. Nasce una tacita intesa con la mamma che decide di stare al gioco: «Camilo, chiaramente non penso davvero quello che ho detto alla pastora: non hai nessun spirito e non sarà questa chiesa a farti cambiare. Semplicemente non voglio creare problemi data la nostra situazione». La confessione della mamma lo rincuora: «Le sue parole mi hanno fatto molto piacere perché ho capito che aveva accettato completamente la mia omosessualità». Al tempo del coming out, infatti, la madre aveva manifestato qualche riserva e preoccupazione.
Il momento cruciale del weekend è la liberazione di massa. La pastora lo prepara con una serie di raccomandazioni: «Guarda che stai per fare una cosa molto seria. Se non rinunci allo spirito dell’omosessualità, riceverai sette spiriti maligni. È scritto nella Bibbia». A quel punto Camilo le dice: «Io non so pastora se diventerò etero. Fin da bambino sono consapevole di essere diverso; poi crescendo ho capito che si trattava di essere gay». Il rito inizia con un test scritto nel quale gli viene chiesto se ha guardato pornografia, praticato discipline orientali, avuto rapporti sessuali con famigliari, fumato spinelli, guardato Dragon Ball, avuto rapporti omosessuali, ecc. Una lista infinita di peccati e comportamenti a cui deve rinunciare. Seguono quattro lunghissime ore, perlopiù in piedi e ad occhi chiusi con le mani rivolte verso l’alto, di preghiera e canti ininterrotti. Alcuni si addormentano, altri svengono o entrano in una specie di trance. Il caldo è soffocante, manca l’ossigeno: «Secondo me lo fanno apposta per provocare svenimenti. E ti dicono che quando sbadigli o svieni, Dio ti ha toccato». Anche lui si addormenta per un po’.
Il giorno dopo ritorna a casa. La pastora capisce che le cose non sono andate come sperava. Cerca di mettere zizzania fra Camilo e il suo fidanzato mettendo in cattiva luce il secondo con la mamma del primo e viceversa. Un ultimo sms di Camilo comunica alla donna che pur rispettando il loro credo, desidera interrompere qualsiasi contatto con loro. Il suo fidanzato, invece, purtroppo vive tuttora sotto la pressione dei genitori e degli zii che sono succubi della chiesa.
Camilo commenta così la vicenda: «C’è un gioco psicologico assurdo, ti fanno un lavaggio del cervello. Ti attirano con il sorriso e la simpatia. Ti dicono che non sei arrivato per caso, ma che Dio ti ha condotto a loro. Per un po’ sono riusciti a convincermi. Poi ho capito che è una presa in giro. Ti dicono che sei libero di scegliere, ma poi alla fine sei obbligato a fare le cose che ti chiedono per essere accettato dalla comunità. Altrimenti non sei ben visto». Mi racconta anche una serie di dettagli che riguardano la raccolta di “offerte” e “decime” da parte dei leader della chiesa, una gestione del denaro che non lo convince per nulla e che rende i meccanismi di reclutamento ancora più sospetti.
Al di là del tentativo di conversione all’eterosessualità, c’è da domandarsi che posto abbia Dio in vicende come queste: il sentimento religioso, una misto di senso del sacro e della famiglia, la promessa di una felicità disincarnata dall’esperienza concreta con le sue difficoltà, diventano gli elementi su cui far leva per convincere a rinunciare a se stessi. Dio è la soluzione a tutto: a patto di svendere la propria intelligenza e di lasciare che altri pensino che cosa sia giusto e sbagliato, al posto tuo.
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*Il nome è stato modificato per tutelare la privacy