Sono madre, moglie e mi sono (ri)scoperta lesbica. Padre che faccio?
Email inviataci da Claudia, risponde don Luca
Cara Claudia… Già un’altra persona mi aveva scritto qualche tempo fa proponendomi, più o meno, il tuo stesso problema: riscoprirsi omosessuale e padre/madre di famiglia. Che fare?
Nella tua lettera prima giustifichi il tuo non più corrisposto amore riconducendolo ad un suo (di tuo marito) mancato e autentico amore (credi infatti di essere stata per lui un ripiego in seguito ad un altro non corrisposto amore) e poi affronti la questione omosessualità.
Io credo difficile che una persona possa sposarne un’altra per colmare una delusione d’amore. Potrebbe essere così se vi foste fidanzati e sposati nel giro di un mese, ma mi auguro che abbiate vissuto un periodo di fidanzamento e conoscenza reciproca più profonda nel quale, lontani dai dolori del passato amore, tuo marito abbia potuto rendersi realmente conto di ciò che stava facendo (e spero che anche il percorso di preparazione al matrimonio che a livello parrocchiale sono certo avrete seguito vi avrà fatto capire il passo importante che l’impegno matrimoniale richiede).
Ma supponiamo per un istante che effettivamente tu non sia stata la prima scelta di tuo marito… e allora? Forse non sarai stata la prima scelta, ma di certo sei stata per lui la scelta migliore se con te ha deciso di mettere al mondo un figlio, se ancora oggi, dopo undici anni di matrimonio, tu puoi dire che “è un brav’uomo, e anche un buon padre. Lui dice di amarmi e sento il suo bene per me”. Cara Claudia te lo ripeto: forse non sei stata la prima scelta. Ma sei stata la scelta migliore.
Personalmente credo che il problema non sia l’amore (non?) corrisposto da tuo marito – nel quale in fondo non credi neppure tu – ma nel fatto che sei tu a non ricambiare più questo sentimento… e questo a motivo della tua omosessualità. Il resto, e mi scuso per l’azzardo che forse non dovrei fare perché non ci conosciamo, è solo un’idea che ti sei fatta per decolpevolizzarti un po’, scaricando su di lui qualche responsabilità, che però non credo abbia. Cosa fare?
Io non ti darò una risposta. Non posso e non voglio farlo. E’ troppo complicato l’argomento. Vorrei però riflettere con te su un punto. Vorrei che smettessimo di ridurre l’amore a quella fase del tutto rose e fiori, come se amare volesse dire cavalcare un’onda di sentimentalismo pure in cui l’altro è una specie di droga che mi fa sentire in perenne luna di miele e quando questi non è più capace di farmi sentire in questo stato, quando magari mi sono assuefatto a lui, allora cerco un’altra droga che mi faccia sentire nuovamente in uno stato di benessere. Questo modo di ragionare è mercificare dell’altro. In mio marito/moglie non vedo un soggetto di amore (e da amare) ma un oggetto di piacere (da sfruttare). L’amore vero è quello che, in un rapporto di coppia, sa mettere l’altro al primo posto. L’amore vero è quello che sa fare qualche sacrificio per amore dell’altro. L’amore vero è quello che sa andare oltre l’apparenza, oltre la superficialità, oltre l’onda emozionale del momento, oltre la luna di miele, oltre “l’assuefazione della droga”.
Tu vivi però la difficoltà dell’omosessualità che esplode ora e crea un grandissimo casino, a maggior ragione per il fatto che avete un figlio…
Perché ti è capitato tutto questo? Bella domanda. Quante volte nella nostra vita, anche di fronte a problemi ben più gravi (penso ad esempio ad un bambino con un tumore non guaribile) ci domandiamo “perché?”. Un perché che si fa supplica, lamento, grido disperato a Dio… Un grido che molto spesso, però, non trova risposta.
Non ci è dato sapere il perché alcune cose capitano. Non ci è dato sapere il perché certe persone a volte vengono colpite da sofferenze maggiori di altre. E nella Scrittura c’è un libro intero dedicato a questo argomento: è il libro di Giobbe (che ti invito a leggere). In questo libro non ci viene spiegato il senso del dolore. Non ci viene detto perché soffriamo. In Giobbe noi impariamo come soffrire. Come abitare la sofferenza, quando questa invade il nostro cuore. E scoprirai, leggendolo, che Giobbe era tutto, fuorchè paziente… scoprirai un Giobbe che ha il coraggio di incazzarsi dannatamente con Dio… un Giobbe che lotta contro tutto e contro tutti. Da Giobbe però impariamo (ma poi lo riprenderà anche Gesù nei Vangeli) che mai una disgrazia, un dolore, una sofferenza sono una punizione di Dio per un qualcosa che abbiamo fatto. Dio non punisce. Dio non castiga. Dio non manda sofferenze. MAI.
Tu hai (ri)scoperto la tua omosessualità e sei una donna sposata e con figli. E ti senti in colpa… Partiamo dal dire che l’orientamento sessuale non è mai un motivo di colpa. E’ una caratteristica propria della persona, quindi non c’è da sentirsi in colpa… La questione da gestire è l’aspetto famiglia, marito e figlio.
L’unica cosa che mi sento di dirti è provare magari a fare quattro chiacchiere con una psicologa per capire cosa succede e, se necessario, coinvolgere poi tuo marito per capire come vivere assieme questo momento (transitorio, definitivo non so) della tua omosessualità cercando di avere come perno di tutto vostro figlio che è il tesoro che in questa “battaglia” dovete salvaguardare il più possibile.
Ti ricordo nella preghiera e ti affido a Maria, Madre e Sposa perché ti accompagni, ti custodisca e ti protegga. Ciao, amata figlia di Dio.
don Luca