Io e il mio amore gay nel silenzio dell’aurora
Riflessioni inviateci da Luca
Anche quest’anno, come sempre è arrivato il lunedì dell’Angelo, e come da tradizione nella nostra parrocchia vengono ricordati gli anniversari di matrimonio, c’è un gran brusio di gente sorridente e felice che attende l’inizio della messa per festeggiare chi 25, chi 50 chi 60 anni! Che benedizione! Oggi siccome il sacerdote è solo decido di servire all’altare, in questa giornata di sole i minuti sembrano scivolare via, e mentre nell’omelia il prete comincia a perdersi nei discorsi sulla quotidianità e sul matrimonio il mio pensiero comincia a muoversi al di là dei polverosi paramenti e delle vetrate piene di luce. In un paese piccolo si sa, tutti conoscono vita morte e miracoli di ognuno, o almeno così crediamo che sia, tutti infatti ignorano la relazione che ho con un ragazzo da due anni 40 chilometri da casa, chi può sapere? Nessuno davvero, lo si legge nei loro sguardi così accomodanti: l’immagine dipinta e rifinita di un bravo studente, attivo in parrocchia, sorridente, che a 24 anni ha tutta la vita davanti, forse il seminario, o una ragazza che deve ancora arrivare, per fare almeno una famiglia, sono quelle poche cose che amano ogni volta augurarmi con il loro migliore affetto. Ma ogni ritratto si sa ha almeno due dimensioni in meno rispetto alla realtà: la profondità ed il tempo. I sentimenti di ogni persona sono cose delicate, profonde, spesso imperscrutabili, e la storia di ognuno di noi è unica, personalissima, impossibile per un altro individuo da cogliere completamente; e quando tutto viene a galla che minestrone di sentimenti e scontri! no meglio vivere consapevoli che la complessità di ogni uomo rende difficile la comprensione di cose per noi semplici e viceversa.
Ci sono cose non dette, cose da non dire, desideri, attriti, speranze, preoccupazioni che ognuno di noi ha e che coglie anche negli sguardi degli altri, di quanta delicatezza e premure abbiamo bisogno per poterci prendere cura degli altri? Da parte mia non posso lamentarmi della straordinaria vita che il Signore mi ha dato oltre ad uno dei pesi più grandi che ho ad oggi: il peso del silenzio, del copione sempre a portata di mano. Perché omosessuale, cattolico e così silenzioso? Il coming out sarebbe più facile, coprirebbe ogni bisbiglio, appiattirebbe ad oggi molte domande sottili, che hanno bisogno ognuna di un’attenzione particolare, una richiesta di cura che non viene dal mio essere gay, ma bensì cattolico in primis, il cuore innanzi ai suoi sentimenti.
Ho vissuto con sofferenza questa condizione, ma oggi vivo davvero perché ogni giorno mi è stato posto dinnanzi il cammino da compiere, Gesù chiede in questo di essere fiduciosi, la Parola ha il potere di rischiarare le cose a poco a poco, ma occorre camminare per poter fare luce su ogni cosa, per capire quale sia il suo progetto, accogliere questo progetto è una grossa fatica per ognuno di noi, un omosessuale sa poi di dover vivere questo mistero con un cuore che ha bisogno di enorme spazio per essere accolto. Accogliere un mistero e lasciare che esso ci plasmi, ci allarghi il cuore, senza perdere la speranza, vincendo la tentazione di tornare indietro, di mandare tutto all’aria. Perché è fatica camminare, ma non si è mai soli, neanche un secondo, nemmeno nella solitudine più disperata si è davvero così soli.
Dall’altare, con questa veste candida, spuntano tra i banchi le mani amorose e piene di calli di chi ha vissuto tanti anni con fatica la propria relazione coniugale, di chi ha deciso davanti a Dio di consacrarla, mille domande affollano la mia mente ora mentre penso al mio ragazzo, mille dubbi sul nostro cammino, ma oggi sono in grado di dire che ho voglia di vivere nonostante l’oscurità, il silenzio, nonostante il sole non sia ancora sorto, poiché è appena l’alba e abbiamo ancora tanta strada da fare!
“Lottiamo insieme per il lavoro in reciprocità, vincendo la paura e l’isolamento, ricuperando la stima per la politica, e cercando di uscire insieme dai problemi. La croce, allora, si farà più leggera, se portata con Gesù e sollevata tutti insieme, perché dalle sue ferite – fatte feritoie – siamo stati guariti (cfr 1 Pt 2,24)”. Papa Francesco
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“Questa è grazia: subire afflizioni, soffrendo ingiustamente a causa della conoscenza di Dio; che gloria sarebbe, infatti, sopportare di essere percossi quando si è colpevoli? Ma se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca; insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia” (Dalla prima lettera di Pietro 2,19-24)