(Non) voglio appartenere. Sono un gay cristiano che rifiuta di schierarsi
Riflessioni di Brandon Ambrosino pubblicate sul Huffpost Religion (USA) il 2 ottobre 2013, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
La mia devozione andrà sempre a due uomini: Gesù e l’uomo che ho sposato. Sono un gay cristiano. Molta gente dice che non dovrei, o non potrei, affibbiarmi entrambe le etichette. Dopo tutto, mi ricordano: “O la via per il paradiso; entrambi/e sono la strada per l’inferno.”
Mentre stavo crescendo, non mi era permesso ascoltare “musica secolare”. Mi davano CD di musica cristiana per il mio compleanno e ascoltavo stazioni radio cristiane in macchina. Ogni volta che chiedevo a mia madre perché non potevo guardare MTV, mi ricordava una delle sue Scritture preferite: “La Bibbia afferma ‘Esci dal mondo e siine separato”. Mamma mi diceva che c’era un Noi e c’era un Loro. E che avevo bisogno che tutti sapessero bene da che parte stavo.
Questo è anche il modo in cui i miei amici gay mi esortano a vivere. Dovrei supportare i liberali anziché i conservatori, votare i democratici invece dei repubblicani, bere cappuccini con latte magro e non shakerati, invece della miscela casalinga.
E questo non succede solo con la politica o il caffè. Vuoi un drink? Vai in un bar gay. Vuoi un libro? Vai in una libreria gay. Vuoi una manicure o una pedicure? Vai in una spa gay. Sempre che tu sappia dove trovare una spa gay… (Attenzione: in qualunque spa tu vada, sono tutti gay 🙂 )
Abbiamo I nostri film gay, le nostre isole gay, il nostro slang gay. Viviamo tutti insieme in una sorta di grande vicinato gay, mangiamo insieme in bistrot gay, e giuriamo fedeltà alla nostra bandiera gay. Qualche volta sembra come se anche noi ci trovassimo comodi in un mondo che si biforca profondamente in due categorie: ciò che sacro ad Adone e ciò che non lo è.
Ho avuto molte discussioni con i miei amici gay e con quelli cristiani ed ho parlato di questa tendenza di dividere il mondo in due gruppi. I cristiani sono svelti nel ricordarmi che Gesù divise le persone in categorie: quelli che conoscono il Padre e quelli che non lo conoscono. Mi ricordano anche che seguire Cristo significa rifiutare certi comportamenti mondani come la vendetta, la violenza e il sesso promiscuo. Dividere le persone in due categorie è, in un certo qual modo, la cosa più giusta (e semplice) per il cristiano che vuole rimanere “puro”.
Anche miei amici gay hanno buone ragioni per dividere il mondo a metà. Fino a non molto tempo fa una persona gay non poteva farsi un drink in un bar qualsiasi o camminare per strada senza il timore, assolutamente fondato, di essere vittima di un crimine dell’odio. Per questo motivo i gay si sono creati i loro spazi sicuri nei quali interagire senza aver paura del bigottismo.
Per molto tempo ho fatto del mio meglio per organizzare la mia vita intorno a questa divisione Noi/Loro.
Ma il problema era che mi sentivo sia Noi che Loro. Appartengo ai gay e agli omofobi, ai cristiani e ai peccatori. O meglio, appartengo a me stesso – un io che non che non rivendica alcun gruppo. In una cultura in cui ognuno prende una posizione estremista nel dibattito gay, è molto difficile essere quel tizio gay che si sta serbando per suo marito dal momento che ama Gesù.
Quando ero in seminario, mi sono imbattuto in Jacques Derrida, il padre del decostruzionismo. Più leggevo i suoi scritti, più mi trovo a mio agio nel non adattarmi. Per Derrida, le dicotomie in cui crediamo così radicalmente non sono categorie fisse, immutabili, ma sono il sistema che noi costruiamo per vedere il mondo. Se fissiamo abbastanza a lungo una dicotomia, si nota che inizia a dissolversi. Come ha scritto T.S. Eliot, “Le parole si sforzano/si fendono e talvolta si spezzano… non vogliono stare al posto/non vogliono star ferme.”
Una delle più grandi ironie della teoria queer postmoderna e che, mentre predicavano Derrida ai nostri oppositori, molti di noi scelgono ancora di modellare le nostre vite intorno alle stesse rigide categorie conto le quali in (filosofo) francese (Derrida) ci avvisava. Quando preferiamo la sicurezza delle nostre divisioni alla tensione delle nostre differenze, facciamo un’ingiustizia a quella cosa varia e sfaccettata che è lo spirito umano.
La visione cristiana del futuro ha sempre incluso l’unione degli opposti. Il leone giacerà con l’agnello, il paradiso scenderà sulla terra. Dio abiterà con gli uomini. Sia che interpretiamo queste parole in modo letterale o metaforico, il punto è che alla fine, tutto sarà riunito – anche quelle cose le cui differenze sembrano inconciliabili.
Vari profeti queer proclamano anche la loro speranza nell’unione future di tre gruppi di per sé incompatibili: i padri e i loro figli omosessuali, i repubblicani e le nozze gay, le forze armate e i soldati e le soldatesse gay e lesbiche.
“Andrà meglio”, diciamo ai nostri figli, guardando al giorno i cui tutti i bambini impareranno ad amarsi l’un l’altro nonostante, o a causa delle loro differenze.
Quando ero un bimbo cristiano, dividevo il mondo nel modo in cui credevo dovesse essere. C’erano ragazzi buoni e ragazzi cattivi. C’erano gli uomini timorati di Dio e i peccatori. C’erano i cowboy e c’erano gli indiani. Quando andavo al college ero guidato da questo stesso principio. C’erano i gay e c’erano gli omofobi. C’erano quelli in gamba e gli idioti. C’erano ancora i cowboy e gli indiani… insieme ad un poliziotto e a un muratore.
Sì, vedevo il mondo in una rigida opposizione binaria.
Ma ora che sono un uomo – un uomo adulto, gay e cristiano – mi sono lasciato alle spalle questo modo di vedere infantile.
Madre Teresa ci ha ricordato che non abbiamo pace perché ci siamo dimenticati che ci apparteniamo l’un l’altro.
Se il nostro obiettivo è andare oltre l’attuale situazione di stallo che definisce le relazioni gay/cristiano, allora dobbiamo ricordare che apparteniamo – non ad un particolare gruppo, ma ad un’umanità varia, sfaccettata ed unita.
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Testo originale: (Not) Belonging: A Gay Christian Who Refuses to Take Sides