Sì, l’omosessualità è assolutamente una scelta
Riflessioni di John Pavlovitz* pubblicate sul sito de HuffPost Italia il 25 aprile 2015
È arrivato il momento di fare una confessione. Di fronte a tutti i miei fratelli e a tutte le mie sorelle cristiane che insistono sul fatto che l’omosessualità sia una scelta devo finalmente capitolare, e ammetterlo: sono d’accordo con voi. Anch’io sono assolutamente convinto che si tratti di una scelta, solo… magari non nel modo in cui lo intendevate voi. Ma immagino che sia proprio questa, in buona parte, l’essenza del problema che ci troviamo di fronte. Ritengo che adoperiate il vostro vocabolario in maniera imprecisa, senza soppesare adeguatamente le singole parole. Quando pretendete di constatare che l’omosessualità sia una scelta, non sono del tutto sicuro che, pur pronunciando la parola, vi rendiate esattamente conto di che cosa s’intenda per “omosessualità”.
Fin troppo spesso, miei fratelli cristiani, quando vi esprimete sostenendo che essere gay sia un peccato, ciò che state veramente facendo, senza neanche rendervene conto, è ridurre la complessità della popolazione LGBT a un singolo atto sessuale — come se esso, da solo, fosse in grado di fornire una definizione della sessualità. In quel momento state negando l’esistenza di qualsiasi fattore emotivo all’interno delle loro vite, di qualsiasi capacità di provare vero amore, o di manifestare una genuina forma d’affettività nei confronti di qualcun altro. Con una clamorosa ipersemplificazione non state facendo altro che etichettare un essere umano complesso e pienamente formato come mero partecipante a un coito.
E questo è qualcosa che invece, posti di fronte all’eterosessualità — e tanto meno di fronte alla vostra, di sessualità — non vi sognereste mai di fare. Perché avete implicitamente presente il fatto che il vostro orientamento sessuale sia qualcosa di molto di più di un semplice atto sessuale. Una parte ben più profonda di ciò che siete. Si lega a valori più alti, che certo non si possono liquidare con una spiegazione idraulica, o come esercizio ginnico.
Voi siete consapevoli del fatto che, nelle vostre vite, la fisicità del sesso non esaurisca l’interezza della vostra sessualità — e di come essa afferisca altresì all’affettività e al desiderio di compagnia nella propria vita, di amare ed essere amati. Di come essa riguardi le persone dalle quali ci si sente attratti, assorbiti, e alle quali si è portati a star vicino. Nella storia della vostra vita il momento in cui avete avvertito per la prima volta tutto ciò precede qualsiasi riflessione sul — o esperienza del — rapporto sessuale vero e proprio. In quegli istanti in cui per la prima volta avete cominciato a comprendere la vostra identità sessuale, l’epifania vi è arrivata alle spalle, cogliendovi di sorpresa. Con tutta probabilità in assenza di un qualsiasi conflitto interiore: non avete dovuto lottare, né impegnarvi nel compiere una scelta consapevole.
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Non si è trattato di una decisione alla quale arrivare, ma di un’epifania.
Ricordo che in terza elementare durante la ricreazione giocavamo a rincorrerci nel campo giochi della scuola — bambini contro bambine. (Del resto le ragazzine erano “contagiose”, quindi bisognava evitarle per non essere toccati e immediatamente infettati). Durante uno di quegli assolati pomeriggi una bambina di nome Lori mi stava inseguendo lungo lo strato d’asfalto incandescente che ricopriva il cortile della scuola. Correndo a perdifiato fui d’un tratto raggiunto da un principio d’illuminazione: in realtà non avevo poi così tanta voglia di scappare da Lori. Anzi, avrei più o meno voluto che mi prendesse!
In quell’istante per me non ci fu alcuna decisione da prendere (se non quella di cominciare a correre molto più lentamente). In seguito, il cammino che intrapresi nelle settimane, nei mesi e negli anni a venire seguì un graduale disvelamento e una progressiva scoperta — mai un qualche tipo di scelta.
Magari anche tu, fratello cristiano, riuscirai a rammentare qualcosa di simile, ripercorrendo la storia della tua identità sessuale, e della scoperta del sé, no? Tutti quegli impulsi che potevi sentire dentro di te, semplicemente li avvertivi, in maniera naturale e piuttosto involontaria.
Assecondandoli, quegli impulsi, in quel momento anche tu stavi compiendo una scelta. Una scelta di genuinità e di onestà rispetto a ciò che il tuo cuore e la tua mente ti stavano chiedendo. Una scelta in accordo con la verità su come manifestare il tuo amore. L’alternativa non sarebbe stata neanche contemplabile.
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Allora perché è così difficile convincerti del fatto che le persone LGBT funzionino allo stesso modo?
Trattare la comunità gay come se coloro che vi appartengono avessero scelto il proprio orientamento è un atto d’estrema leggerezza, perché quando lo fai il sottinteso è che tu ritieni che loro siano naturalmente predisposti all’eterosessualità, ma che abbiano invece fatto la scelta consapevole di comportarsi in maniera opposta. In pratica, li stai accusando di alto tradimento emotivo.
Come funzionerebbe questo approccio se qualcuno venisse ad applicarlo alla tua, di vita? Il risultato sarebbe, in sostanza, che tu potresti essere tanto gay quanto etero; come a dire che, date le giuste lusinghe e suggestioni, con l’appoggio necessario e le preghiere — potresti decidere di sentirti attratto, di desiderare e di sentirti eccitato da qualcuno del tuo stesso sesso.
Nonostante i tentavi da parte di numerosi cristiani di sostenere il contrario, due esseri umani LGBT legati da un rapporto sentimentale stabile non si faranno del male a vicenda. Al contrario: così come per ogni altro rapporto sentimentale eterosessuale, si sentiranno vicendevolmente incoraggiati, stimolati, arricchiti e sostenuti. (E se non volete credermi sulla parola, andate pure a chiederlo a loro).
Non possiamo più far finta d’ignorare questo aspetto decisivo, preparandoci a fare di tutt’erba un fascio quando si parla della comunità omosessuale. È ora che noi che ci riconosciamo sia nel cristianesimo che nell’eterosessualità cominciamo finalmente a porre qualche domanda veramente difficile su ciò che vogliamo dire sul serio quando sosteniamo che l’omosessualità sia una scelta, e che quella scelta sia un peccato.
Quando adoperiamo queste parole all’interno di un ambito altrettanto ristretto e limitato, stiamo contemporaneamente dando per scontato che le nostre stesse inclinazioni, che riguardano non solo il sesso ma l’affettività, l’intimità, il desiderio di compagnia, il romanticismo e l’amore, siano tutte a loro volta controllabili e mutevoli — insomma che esse implichino comunque una qualche decisione a monte.
Stiamo altresì dando per scontato che, ogni qual volta abbiamo dei rapporti sessuali con qualcuno, si tratti invariabilmente di un’attività slegata e priva d’amore. Se questa è la strada che scegliamo di percorrere, non facciamo che ridurre la complessità della nostra sessualità al mero coito.
Poi andiamoci a rileggere quei passi delle Scritture che con tanta facilità adoperiamo contro la comunità LGBT, e chiediamoci se quei pochi versi si riferiscano a una persona meravigliosamente predisposta all’amore, all’affettività e alla compagnia, o se si riferiscano piuttosto a qualcuno che fa qualcosa con determinate parti del proprio corpo, e chiediamoci anche come applicare quei versi a degli esseri umani in carne ed ossa, in cerca di autentici rapporti sentimentali.
A che cosa si riferivano gli autori della Bibbia quando adoperavano le parole tradotte con “omosessualità”? (Una parola del genere non esisteva all’epoca in cui fu scritta, per cui si tratta di una domanda fondamentale da porre, e a cui rispondere bene). In questa conversazione le parole sono importanti, ma dobbiamo anche liberarci di quelle inutili.
Non esiste alcuno “stile di vita eterosessuale”, così come non esiste alcuno stile di vita omosessuale. Queste espressioni non hanno alcun valore o significato concreti. Non ci rivelano alcuna verità su noi stessi. Non servono a niente se non a sminuire le persone, a insultarle e ad evitare d’intraprendere un dialogo improntato al rispetto. Dovremmo buttarle nella spazzatura e trovare il coraggio di porre domande molto più difficili sui legami che intercorrono fra l’amore, l’affettività, l’intimità e il sesso — dentro tutti noi.
In quanto individui eterosessuali non possiamo pretendere di venir rappresentati con l’adeguata precisione e cura per i dettagli, pur limitandoci a presentare in maniera grossolanamente caricaturale la comunità LGBT. I loro cuori sono grandi come i nostri, le loro storie piene di tutte quelle sfumature e complessità che abbiamo potuto esperire nel corso delle nostre.
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Sì, le persone LGBT stanno decisamente compiendo una scelta.
Stanno scegliendo di essere la versione più sincera e genuina di loro stessi. Stanno scegliendo di essere guidati dal proprio cuore, senza mediazioni, proprio come te e me. Stanno scegliendo di arrendersi a tutto ciò che c’è nelle nostre vite che non potrà mai esser frutto di una scelta.
Le uniche scelte veramente decisive per i cristiani etero saranno queste: saremo disposti o no a trattare coloro che appartengono alla comunità LGBT come esseri umani assolutamente complessi, intelligenti ed emotivamente complicati; e saremo disposti o no a sottoporre coerentemente le nostre opinioni personali e la nostra teologia al medesimo scrutinio?
La scelta è nostra.
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* Traduzione di Stefano Pitrelli