È necessario che tu dia testimonianza anche a Roma.
Riflessione biblica di suor Stefania Baldini
Questo episodio della vita di Paolo ne richiama altri e colpisce il fatto che Paolo fin dal momento della sua lotta con Dio, lotta che finisce con la sua completa capitolazione, sa che per il Signore egli dovrà patire molto e subire la condanna a morte. Ma da uomo convertito egli conserva le sue caratteristiche di persona decisa e franca, non assume atteggiamenti da eroe o da vittima; parla a tutti con franchezza, usa tutte le armi a sua disposizione per difendere il proprio operato e la sua vita, dichiarerà con orgoglio la sua appartenenza a famiglia di Farisei, la sua osservanza religiosa, il suo essere cittadino romano fin dalla nascita. L’abilità con cui gestisce la situazione di fronte al Sinedrio è descritta puntualmente nei dettagli a sottolineare l’effetto previsto e voluto da Paolo. L’obiettivo unico è ormai quello di parlare a tutti del Signore Gesù e come gli altri apostoli non si lascerà intimidire da minacce, battiture e carcerazioni.
La lettura di oggi si chiude con la lapidaria parola del Signore che lo vuole come testimone a Roma. Nel cuore di quell’impero che non può accettare la provocazione di verità scomode. Paolo lo sa, ma non se ne cura: purché la sua fatica apra orizzonti a quanti sono imprigionati, corpo e spirito, da artificiose norme sociali, politiche o religiose, e li faccia incontrare con il Cristo, inesauribile fonte di gioia e di liberazione, che fa bella la vita ogni giorno, affinché si “rinnovi come aquila” (cfr. Sal 103) la giovinezza di ogni sua creatura.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, [il comandante della coorte,] volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui Paolo veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio; fece condurre giù Paolo e lo fece comparire davanti a loro.
Paolo, sapendo che una parte era di sadducèi e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti».
Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducèi e l’assemblea si divise. I sadducèi infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ci fu allora un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest’uomo. Forse uno spirito o un angelo gli ha parlato».
La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza.
La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma».
* Stefania (Leda) Baldini, è suora dal 1956 dell’Unione delle Suore Domenicane di S. Tommaso d’Aquino. Vive nel convento domenicano di Prato e collabora con la comunità delle Piagge di Firenze.