Benedire le coppie di persone dello stesso sesso?
Riflessioni di René Poujol, giornalista cattolico, pubblicate sul blog renepoujol.fr (Francia) il 23 maggio 2015, traduzione di finesettimana.org
La decisione presa dalla Chiesa protestante unita di Francia di autorizzare i pastori a benedire delle unioni omosessuali ripropone al mondo cattolico una serie di interrogativi. Il voto quasi unanime che si è avuto il 17 maggio a Sète, ha concluso una riflessione iniziata da tempo all’interno della Chiesa protestante unita di Francia (EPUdF) (1) “Il sinodo apre la possibilità, a coloro che vi vedono un giusto modo di testimoniare il Vangelo, di dare una benedizione liturgica alle coppie sposate dello stesso sesso che vogliono presentare la loro unione davanti a Dio”.
Ma lo stesso testo precisa all’inizio: “Il Sinodo è attento sia a permettere che le coppie dello stesso sesso si sentano accolte così come sono e di rispettare i punti di vista diversi che sono presenti nella Chiesa protestante unita”. Saggia precauzione rispetto ad una decisione che non viene accolta all’unanimità nell’EPUdF.
Il 20 maggio, il Consiglio presbiterale del Marais, a Parigi, ha preso fermamente posizione contro questa apertura e ha confermato la sua intenzione di “non rispondere favorevolmente a delle richieste di benedizione di coppie dello stesso sesso”, pur riaffermando il suo rifiuto di ogni forma di omofobia e la sua intenzione di continuare a dare priorità nella sua azione pastorale all’accoglienza delle persone omosessuali. Il fondamento della sua posizione è chiaramente esplicitato: “La lettura che facciamo, in particolare di Genesi 1-2, ci porta a pensare che la coniugalità, nel progetto di Dio, implichi la differenziazione sessuale uomo-donna”.
Questa affermazione ha il vantaggio di essere chiara. Se la Conferenza episcopale francese si è astenuta da ogni commento, la “blogosfera” cattolica non ha tardato a reagire. Sul sito Aleteia, Philippe Oswald fa propria l’analisi dei suoi fratelli protestanti del Temple du Marais: “L’incoerenza principale è nella rottura con la Bibbia. L’Antico Testamento e il Nuovo Testamento non hanno molti riferimenti all’omosessualità, ma quando il tema è affrontato, è chiaramente senza appello. (…) Quindi bisognerebbe riscrivere o espurgare la Bibbia per cedere allo spirito del tempo benedicendo in nome di Dio delle unioni omosessuali”.
È possibile che, al contrario, nel corso delle prossime settimane si facciano sentire altre voci del cattolicesimo francese che applaudano all’iniziativa del sinodo di Sète. In nome di una comune comprensione del Vangelo. Significa che la posizione protestante, anche se minoritaria, sarà commentata, qua e là, da qualche comunità cattolica che si sente interpellata nel suo modo di intendere l’omosessualità, come sottolinea molto giustamente Isabelle de Gaulmyn su La Croix. E sarà tanto più commentata in quanto un’iniziativa di questo tipo è, a tutt’oggi, totalmente impensabile a livello di Chiese locali nella Chiesa cattolica, dove si ritiene che la Verità non possa essere messa in discussione.
Sulla questione omosessuale, si conosce la posizione ufficiale del Magistero: accoglienza delle persone, condanna degli atti. Questo secondo aspetto è chiaramente esplicitato nel testo di Padre Jean-Baptiste Edart (2), scritto a conclusione di un lungo studio su Bibbia e omosessualità: “Le interpretazioni recenti (…) riconoscono che Paolo condanna le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso. Il dibattito ha riguardato il problema dell’ermeneutica di questi versetti. Ora, il loro studio permette di identificare che Paolo si basa su tradizioni che hanno radicamento nella Legge divina. (…) Paolo non fa quindi altro che riprendere e sottoscrivere un insegnamento ampiamente ammesso alla sua epoca. (…) Non si tratta di una semplice questione culturale propria del 1° secolo d.C., ma di una struttura di pensiero fondamentale della Rivelazione biblica. Rimettere in discussione questa condanna degli atti omosessuali, come pretesto di un contesto culturale diverso porterebbe di fatto all’adozione di un’antropologia diversa dall’antropologia biblica caratterizzata dalla differenziazione sessuale”.
Ora, di fatto, è proprio questa “condanna degli atti omosessuali” a non essere più “accettata” né compresa da molti cattolici praticanti, quando riguarda persone che vivono tutti gli aspetti del matrimonio cristiano… eccetto, evidentemente, l’alterità sessuale. (3) Che questo sconvolga o metta in discussione “l’antropologia biblica caratterizzata dalla differenziazione sessuale” è qualcosa che evidentemente non li tocca oltre misura. Tendono a pensare che, se le conseguenze dottrinali di quell’antropologia contraddicono a tal punto il messaggio d’amore e di compassione del Vangelo, come loro lo percepiscono nella fede… allora sta alla Chiesa “rivedere” la lettura che essa fa dell’antropologia biblica. Per superarne le contraddizioni.
Oggi, rifiutare di vedere la radicalità di questa resistenza da parte di cattolici convinti, spesso con una buona preparazione in teologia, o discreditarla in nome di una presunta sottomissione alla “dittatura dello spirito del tempo” è fatica sprecata. Che ce ne rallegriamo, che lo deploriamo, o che ci accontentiamo più semplicemente di constatarlo, il fatto è questo: per un certo numero di credenti, il principio di autorità non funziona più. Senza dubbio, molti partecipanti al Sinodo sulla famiglia, vescovi e cardinali, ne sono consapevoli. Ma siccome è poco probabile che osino interrogarsi sui fondamenti della morale sessuale cattolica, per paura di far crollare tutto l’impianto o di rischiare uno scisma, la sola via che resta loro aperta è quella della “pastorale” proposta da papa Francesco. Aperta o chiusa, del resto, se si ascoltano i più recenti bollettini del meteo sinodale. Come se la Chiesa potesse continuare a rifiutare di sentire, per non dover rispondere.
Con il rischio – per il problema di cui ci stiamo occupando – che quando la richiesta sarà fatta, dei preti accettino di “benedire”, nella discrezione, delle coppie dello stesso sesso, così come chiudono gli occhi sulla situazione dei divorziati risposati; o ancor più, che dei laici impegnati si sentano autorizzati, in nome del loro battesimo, a pronunciare parole di benedizione su unioni omosessuali, poiché tale gesto, non sacramentale, non richiede l’intervento di un prete. Intenzione che già vediamo farsi strada, ad esempio, nella Conférence catholique des baptisés francophones, quando di presenta, con la sua charte, come “Protagonista della missione della Chiesa con il ministero della benedizione”.
Nel momento in cui alcuni si rallegrano ritenendo che la seconda sessione del Sinodo sulla famiglia possa riaffermare la Tradizione del Magistero romano e far rientrare tutti nei ranghi, quello che si vede mettere in atto, da parte di comunità più vive di quanto non sembri, è in realtà una pluralità vissuta senza complessi, da parte sia dei sostenitori della dottrina sia da coloro che se ne sentono lontani. A questo punto, la sfida di papa Francesco è di riuscire a convincere vescovi e cardinali che non si potrà contenere questa evoluzione verso la diversità e che la cosa urgente è far sì che essa possa essere vissuta nell’Unità… attorno ai fondamenti essenziali della fede.
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- (1) Sorta nel 2013 dalla fusione della Chiesa riformata di Francia e della Chiesa evangelico- luterana di Francia, l’EPUdF conta circa 250 000 fedeli su 1,7 milioni di protestanti in Francia.
- (2) Prete della comunità L’Emmanuel, direttore del seminario di Issy-les-Moulineaux, coautore di Clarification sur l’homosexualité dans la Bible, Cerf 2007.
- (3) Il referendum irlandese del 22 maggio dimostra che un popolo che continua a dirsi in maggioranza cattolico non vede una contraddizione nell’instaurare, anche per i credenti, una coniugalità omosessuale.
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Testo originale: Bénir les couples de même sexe ?