Sotto lo stesso cappello non si può stare. L’eterna lotta nella chiesa cattolica
Articolo di Wolfgang Thielmann pubblicato sul periodico Christ und Welt (Germania) nel maggio 2015, traduzione di finesettimana.org
Sotto un cappello ci sta per lo più una testa sola. Farci stare tutta una famiglia vuol già dire dover fare grandi sforzi. Quasi mai si riesce ad adattare a tutti il tessuto infeltrito, e a volte chi voleva qualcosa di diverso non si sente incluso, ma piuttosto schiacciato sotto la tesa o oppresso dall’oscurità e dalla puzza all’interno, e quindi si oppone a tale oppressione. Nonostante ciò, rimane un membro della famiglia. Nel caso di Stati o di Chiese, la situazione è simile. In Irlanda certe persone si sentivano schiacciate sotto la larga tesa del cappello del leggendario San Patrizio, e la puzza sotto il feltro toglieva loro l’aria per respirare. Lo scandalo degli abusi ha poi reso insopportabile il già forte disagio.
Con tutto ciò, gli Irlandesi sono in maggioranza cattolici, e continuano ad esserlo. Il premier Enda Kenny con il bel titolo di “Taoiseach” [ndr.: parola irlandese antica per “capo” – oggi “capo del governo”] disse, furente perché il processo di chiarimento sugli abusi andava per le lunghe, di essere un cattolico, ma non un “taoiseach cattolico”. Ora, considerandosi ancora dentro la Chiesa, contribuisce a definire cosa significa essere cattolico. I vescovi irlandesi, che hanno perso la forza dell’imposizione, si ritrovano a riflettere. Non hanno più alcun monopolio sulle benedizioni irlandesi (di senso profondo o doppio senso). Le persone si esortano reciprocamente. Ma gli europei del continente continuano ad andare in Irlanda ora come un tempo, alla ricerca della religiosità che antichi monaci da qui hanno diffuso in tutta l’Europa, senza preoccuparsi se gli omosessuali si possano già sposare o no.
Al contrario, in Germania i cattolici conducono guerre sotto la tesa del cappello, invece di dare una forma alla propria fede. Perché vogliono stare tutti sotto lo stesso cappello, e cioè il proprio, sia i conservatori che i progressisti e quelli in centro. E vogliono mettere il proprio cappello sulla testa del papa. Perché il papa incarna l’unità, e per i cattolici cattolica è l’unità. In realtà ci sono solo maggioranze e minoranze. E credere, cara Christiane Florin, che un forte centro abbia influenza sulla società, è un’illusione. Le persone cercano credibilità, sia al centro che ai margini. Però il mito dell’unità è per molti cattolici più importante di dare onore a Dio nell’alto dei cieli e pace sulla terra. Questo mito fornisce anche le munizioni per le battaglie interne alla Chiesa cattolica, che per lo più vengono combattute su sesso, morale e posto della donna. I conservatori vedono la verità nell’antico, anche se non è poi così antico. Per Stefan Oster ad esempio, il vescovo di Passau, conta solo il matrimonio tra uomo e donna, come è normale dalla metà del XIX secolo. Per lo scrittore Martin Mosebach la verità ha il profumo delle babbucce pontificie che Francesco rifiuta. Altri, ad esempio i laici riuniti nel Comitato centrale dei cattolici tedeschi, vogliono la benedizione anche per partner omosessuali, se si promettono reciproca fedeltà. O anche l’ordinazione per le donne. Gli uni come gli altri sperano nella forza dell’imposizione.
Tuttavia papa Francesco non fa il favore né agli uni né agli altri. Lascia che i vescovi gettino sul ring i loro cappelli. Nel sinodo sulla famiglia in autunno dovranno mettersi d’accordo su che cosa è un buon sesso cattolico. Come se potessero riuscirci. Francesco intanto celebra la messa con i rifugiati e telefona a malate in ospedale. Questo papa distrugge il mito dell’unità che i suoi due predecessori hanno stabilito quasi a dogma. Francesco sa che non sono i dogmi a convincere, ma gli argomenti e la sua persona. Le persone lo stimano e lo ascoltano anche se definiscono i loro criteri di vita diversamente da lui. Il cattolicesimo è spaccato da tempo.Tre vescovi conservatori tedeschi lo hanno capito e alcuni giorni fa hanno assunto una posizione particolare nell’ambito del diritto del lavoro. Anche lì si tratta di sesso e matrimonio. Erano già stati messi in minoranza. Ora hanno reso visibile la spaccatura già da tempo presente tra i vescovi. E questo contribuirà a creare uno stile.
Molti preti e laici cattolici hanno rinunciato già da tempo al mito dell’unità e contribuiscono a definire, come gli Irlandesi, cosa è cattolico. Benedicono le persone che chiedono la benedizione. Alcuni benedicono anche gli omosessuali, alcuni no. Alcuni preti offrono l’eucaristia a cattolici e protestanti e anche a persone sposate due volte. Come i loro colleghi evangelici e ortodossi, parlano con le persone dei loro desideri profondi e delle loro paure e di Dio. Non c’era nessuno spirito di pentecoste nel referendum in Irlanda. Ma solo una maggioranza. Quella che alcuni cattolici devono ancora imparare a organizzare. E quelli del 33 per cento che perdono, come ora in Irlanda, restano anche loro comunque cattolici. La famiglia cattolica a poco a poco si “riordinerà”, tuttavia più raramente si ritroverà sotto uno stesso cappello. Ed è bene che sia così.
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* Ndr.: Per “trovare una soluzione soddisfacente per tutti”, la lingua tedesca usa l’espressione “far stare sotto lo stesso cappello”. Da qui le argomentazioni dell’autore all’inizio e alla fine dell’articolo.