Giovani cattolici e unioni gay, da Padova l’appello alla Cei: “Parliamone”
Articolo di Claudio Malfitano pubblicato sul sito de Il Mattino di Padova il 6 giugno 2015
138 giovani, tutti tra i 18 e i 35 anni, attivi nella Diocesi scrivono a “Avvenire”: “Serve un riformismo ragionato, altrimenti saremo travolti”
PADOVA. Aprire un dialogo all’interno della Chiesa sul tema dei diritti civili degli omosessuali. È una richiesta, dal punto di vista teologico, rivoluzionaria quella che ben 138 giovani, tutti tra i 18 e 35 anni, attivi nelle strutture della diocesi di Padova hanno rivolto alle gerarchie cattoliche tramite una lettera aperta pubblicata da “Avvenire”, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana. «Il fatto di considerare il matrimonio cristiano e la famiglia tradizionale dei valori aggiunti non è in contraddizione con la possibilità di riconoscere alcuni diritti civili alle persone omosessuali», scrivono i giovani cattolici padovani.
Un appello che nasce dalla riflessione dopo il risultato del referendum in Irlanda, paese che a larga maggioranza ha approvato l’accesso al matrimonio civile per le coppie dello stesso tempo. Dalla «cattolicissima» Irlanda alla «città del Santo», con la semplicità e gli strumenti dei giovani: un testo condiviso in “Google Drive” da quattro studenti può aprire una breccia nella secolare ostilità della Chiesa nei confronti dei comportamenti omosessuali.
I protagonisti dell’«impresa» sono appunto cinque ragazzi padovani: Giacomo Ghedini, 22 anni, studente al primo anno della magistrale in Storia in un programma di double degree alle Università di Bologna e Paris 7; Anna Valentini, 23 anni, studente di Lettere Antiche al Liviano; Anna Rebecca Ceccato, 23 anni, studente di Giurisprudenza a Ferrara; Giovanni Gabelli, 23 anni, che si sta specializzando in biotecnologie vegetali alla Scuola di studi superiori dell’Università di Torino; e Chiara Tedesco, 23 anni, laureata in Infermieristica al Bo.
L’appello dei ragazzi, che hanno trovato molti sottoscrittori tra i coetanei, si estende anche ai politici di area cattolica: «Siate laici coerenti con la propria vocazione, capaci di assumersi delle responsabilità che a volte esigono mediazioni sofferte. Se non lo fate ora, c’è il fondato rischio di ritrovarsi a subire passivamente in futuro scelte improvvise e radicali». Alla base della lettera l’idea che «un ragionato riformismo sulle unioni civili» possa permettere «di sospendere la riflessione su quei punti che destano maggiori perplessità, quali l’adozione dei minori».
Nella lunga missiva anche una richiesta ai mezzi di comunicazione, alle televisioni e ai giornali: «Non dare l’immagine di una Chiesa arroccata su una posizione immobile su questi temi. La Chiesa di cui noi siamo parte viva è una Chiesa aperta al dialogo e all’incontro», sottolineano i ragazzi. «Ci piacerebbe che come Chiesa ci facessimo più carico della situazione dei tanti omosessuali che si sentono discriminati e mostrassimo più visibile il volto di una comunità accogliente», è la conclusione.
Il promotore: “Ci piace una Chiesa aperta”. «Volevamo combattere l’immagine di una Chiesa chiusa e ostile alle persone omosessuali. È un’esigenza che sentiamo vivendo tra i nostri coetanei». Lo spunto per la lettera appello ad “Avvenire”, racconta Giacomo Ghedini, è nato proprio da come i media hanno raccontato la Chiesa all’indomani del referendum irlandese. E forse un po’ anche da quelle parole del segretario di stato vaticano, il vicentino Pietro Parolin, che subito dopo il risultato ha commentato: «Il sì alle nozze gay non è una sconfitta della Chiesa ma una sconfitta dell’umanità».
Da dove nasce l’esigenza di correggere questa immagine negativa della Chiesa? «Nasce dall’esperienza che abbiamo con i nostri coetanei, con i nostri amici omosessuali. E anche dalla nostra attività di educatori, a confronto con ragazzi che stanno crescendo e formando una loro personalità. Crediamo che tanti giovani si allontanino
dalla Chiesa perché la trovano chiusa, poco accogliente. E invece noi crediamo che la Chiesa abbia molte cose importanti da dire ai giovani. In termini di guerre e di pace, per esempio. Oppure sul tema dei migranti e dell’accoglienza del prossimo»