La scoperta dell’omosessualità in una famiglia cattolica
Contributo* dell’associazione cattolica omosessuale Devenir Un En Christ (Francia) inviato alla segreteria del Sinodo sulla famiglia, liberamente tradotto da Marco Galvagno.
L’omosessualità tocca da vicino la famiglia: molte persone cristiane sono coinvolte da questa realtà: genitori, congiunti, figli, le forme nuove di coniugalità interrogano anche la famiglia. Questa domanda merita di essere trattata nel quadro del sinodo sulla famiglia. L’associazione (francese) Devenir en Christ tenta di proporre alcune riflessioni sul tema derivanti da una consultazione in seno ad essa.
Non è mai facile per una persona scoprirsi omosessuale. Alcuni testimoniano” che: “se fosse stato possibile sarei stato eterosessuale: la mia vita sarebbe stata molto più facile”, dato che l’omosessualità non è una scelta. Alla scoperta della propria omosessualità molti si chiedono: ”Sono normale?”, “Come uscirne?”, “Quale futuro ci sarà per me?”. Se alcuni si sono sempre sentiti attratti da persone del proprio sesso, per altri l’omosessualità può sopraggiungere più tardi quando sono già sposati o son già diventati preti o suore o religiosi. In ogni modo l’accettazione dell’omosessualità è spesso accompagnata da sofferenze interiori, molti testimoniano di aver vissuto una sensazione di solitudine.
“È stato uno shock non corrispondere a ciò che volevo fare della mia vita, bisognava a tutti costi liberarmene”. Allora per alcuni è un percorso da combattente in cui si alternano lotta contro le proprie tendenze, preghiere perché le cose cambino, a volte la disperazione. “Me la sono preso con la vita per avermi inflitto un fardello così pesante”. “Spesso ho voluto morire per lo sconforto e la disperazione, in relazione a una vita che avrei voluto più semplice, “A lungo mi sono considerato una persona anormale e indegna”. Per altri fortunatamente le cose sono più facili da vivere.
Per i parenti la realtà dell’omosessualità non è più facile da accettare. Varie persone parlano di un vero tsunami quando sono venute a sapere dell’omosessualità del figlio, o del proprio coniuge o di uno dei genitori. Questo annuncio solleva molte domande e sensi di colpa: “Cosa ho fatto di sbagliato nell’educazione di mio figlio? Potrà guarire? Oppure mio marito mi lascerà? La nostra coppia ha ancora senso?”. Bisogna affrontare il lutto dei sogni che si erano fatti, il lutto dei nipotini futuri. Ma per passare dallo shock iniziale all’accettazione resta ancora da fare un lungo percorso. Nei primi tempi la maggior parte delle persone non sa che cosa dire: in molte famiglie cristiane il tema dell’omosessualità resta un tabù quando addirittura non viene visto come un abominio addirittura. È molto difficile aprirsi su questi temi in famiglia per paura del rifiuto, dell’esclusione. Bisogna dire che certe parole ascoltate, a volte possono essere molto dure: “La peggior cosa che mi potesse capitare era di avere una figlia lesbica” oppure “Finirai all’inferno”. Tuttavia l’esperienza mostra quanto il dialogo in famiglia sia liberatorio.
“Che grazia vivere nella verità con le persone che amiamo e che ci amano. Lungi dal fare scoppiare le famiglie questa apertura è spesso l’occasione di un rafforzamento dei legami”, “Nel corso del tempo e degli anni i nostri legami si sono rafforzati e ci hanno portato a vivere relazioni più autentiche” oppure “L’omosessualità di mio marito ci ha portati entrambi ad andare al di là di noi stessi e a crescere”.
L’omosessualità non può essere ridotta a una sofferenza, perché può essere l’occasione di un vero percorso di vita. “L’accettazione della mia omosessualità mi ha trasformato la vita. Sono passato da una forma di prigione. È stata una vera Pasqua!”. Alcuni genitori riconoscono come questa prova li abbia fatti uscire dal loro ambiente, dalle loro certezze, dai loro giudizi, dalla paura di ciò che dirà la gente. Scoprirsi diversi porta ad approfondire la propria relazione con Dio, a scoprire il suo vero volto.
“Il fatto di essere omosessuale mi ha permesso di prendere consapevolezza che Dio ci ama come siamo ancora di più che possiamo amare noi stessi”. Così alcuni osano affermare che l’omosessualità è stata per loro un cammino di grazia per crescere nella fede. Una madre di famiglia testimonia: “le persone omosessuali mi hanno fatto conoscere la profondità avvincente della loro fede, la loro carità e le loro testimonianze mi meravigliano, mi hanno aiutato ad approfondire la fede e le ringrazio dal profondo del mio cuore”. Di fatto un desiderio autentico di fecondità si fa luce in molti portandoli ad impegnarsi con le persone in difficoltà, i disabili, ma anche al servizio della chiesa nella propria parrocchia. ”Se non fossi stato omosessuale, non avrei fatto questo percorso”, dichiara uno di loro.
Alcuni vivono questa fecondità nella relazione di coppia. Al di là delle differenze oggettive tra coppie eterosessuali ed omosessuali un amore autentico si vede in tutte le coppie stabili. La vita di coppia consente loro di trovare una strada di equilibrio e di umanità, mentre il celibato era per loro una via di morte. “Da quando sono in coppia sono beato, vivo una rinascita”.
E se anche questo amore è un amore ferito e imperfetto, non c’è nessun amore umano che non abbia bisogno di compimento. La difficoltà resta imparare l’alterità che si scopre in una relazione omosessuale, non di meno l’altro si rivela sempre diverso da noi: dall’accoglienza di queste differenze può nascere una complementarietà e una fecondità umana sociale e spirituale. Occorre inoltre notare che le persone omosessuali in coppia devono inventarsi da sole il proprio cammino dato che nessun modello viene loro proposto.
Molte persone omosessuali cristiane dimostrano un attaccamento reale alla chiesa e un grande amore per lei. Sono riconoscenti per la sua benevolenza e la sua accoglienza e sensibili al dialogo aperto durante il sinodo sui temi dell’omosessualità . Trovano nella dottrina cristiana un punto di appoggio per la loro fede e riconoscono la moderazione e la tolleranza nel discorso della chiesa quando, a proposito di omosessualità, insiste su parole come coscienza illuminata, gradualità, rispetto, mistero sulle origini. Molti testimoniano di aver ricevuto una buona accoglienza da parte dei preti soprattutto durante il sacramento della riconciliazione: “Grazie all’accoglienza ricevuta mi sono riconciliato con me stesso, al mio ritorno a casa avevo ritrovato la gioia di vivere”. Le parole aperte di papa Francesco sono state un conforto reale per molte persone omosessuali.
Tuttavia l’accoglienza dei rappresentanti della chiesa non dimostra sempre questa apertura. Molte sono le persone omosessuali che testimoniano di preti in imbarazzo, ignoranti di queste tematiche e con chiusure a priori. “Un giorno, un prete mi ha negato l’assoluzione, è stata una sofferenza terribile per me e alla fine non sono più andato a confessarmi”. Alcuni genitori raccontano come certe parole incaute li abbiano colpevolizzati, mentre si aspettavano dalla chiesa parole di conforto e aiuto. Il discorso ufficiale della chiesa sull’omosessualità può ugualmente provocare ferite, sensi di colpa e scoraggiamento.
“Alcune parole mi hanno ferito più di qualsiasi osservazione scortese. Mi sono sentito incompreso, fuori posto nella chiesa, lasciato ai margini del sentiero. Allora come sentirsi amati, quando ci si sente rifiutati dalla chiesa?”.
Nelle parrocchie l’accoglienza varia molto da una comunità all’altra; se spesso si avverte un certo imbarazzo le cose tuttavia sembrano andare nella direzione di una maggior apertura. Varie diocesi hanno creato gruppi di ascolto o referenti per l’accoglienza delle persone omosessuali; le pastorali famigliari cominciano ad interessarsi a questo tema che tocca da vicino la famiglia. Bisogna segnalare le associazioni vicine alla chiesa che operano perché le persone coinvolte possano essere pienamente se stesse e unificare la loro vita di fede con la loro vita di uomini e donne.
“È stato più spesso nelle associazioni cristiane che ho vissuto una vera accoglienza, che mi ha permesso di rivelarmi agli altri senza timore e di progredire nel mio cammino di fede. Dopo questa accoglienza, ho potuto tornare in parrocchia. C’è stato un prima e un dopo.”
Per molti i discorsi della chiesa non sono più comprensibili al giorno d’oggi. Molti discorsi sull’omosessualità sembrano vaghi dato che cambiano da un pastore all’altro o a seconda se vengono pronunciati in privato o in pubblico. Gli articoli del catechismo stesso non sono realisti e in linea con la vita delle persone, i modelli sono scoraggianti per chi non ha gli strumenti per avvicinarcisi. La distinzione tra gli atti omosessuali e le persone resta per molti credenti difficili da capire: “ il discorso della chiesa è complicato dato che ci accolgono, ma non accolgono i nostri atti”, la chiamata alla castità (ristretta al solo senso di continenza) in particolare sembra un’esigenza molto elevata e un fardello impossibile per molti da portare.
Per alcuni il celibato continente può essere una strada reale di sviluppo nella vita. Ma molti sono i credenti che non riescono a essere casti e per i quali questa proposta di vista sembra non realistica, dato che non hanno scelto di essere omosessuali, perché il celibato viene imposto come unica strada possibile? Perché l’amore verrebbe loro rifiutato?
È ugualmente difficile da capire la condanna degli atti omosessuali in ragione della legge naturale. “La chiesa qualifica l’omosessualità come disordinata e contro natura, mentre per me è la mia natura, è ciò che struttura la mia vita affettiva, le dà un ordine e la colma di senso”. Spesso si ha l’impressione che il discorso ecclesiastico si interessi più agli atti sessuali che alla vita affettiva.
Ora ciò che i credenti si aspettano oggi dalla chiesa è che si collochi su un altro piano. Si aspettano da parte sua un discorso di amore e di rispetto : “C’è bisogno di una chiesa più umana e più compassionevole che accolga tutti con dolcezza e umiltà”. Rivolgendosi alla chiesa sperano di trovare la stessa accoglienza incondizionata di cui Cristo dà prova nel Vangelo. “Ogni persona che si rivolge alla chiesa, si rivolge a colui che dice Io sono la strada, la Verità, la Vita”.
La vocazione della chiesa è di aprire percorsi di vita e di camminare con le persone. È precisamente questo che i cristiani omosessuali sperano: che la chiesa li aiuti a inventare la loro vita, a trovare posto nella comunità dei fedeli e nel mondo, che li guidi attraverso consigli concreti su una strada che resta attualmente fuori dal quadro normativo: “Bisogna che si dica a noi persone omosessuali se quello che stiamo vivendo ha un senso, un valore. Bisogna poter costruire e il messaggio della chiesa oggi non lo consente”.
La chiesa non deve aver paura dell’omosessualità: questa non è una minaccia ne per la dottrina, ne per la famiglia. Ancora di più le persone omosessuali desiderano spesso offrire i loro talenti per mettersi al suo servizio.
“Questa differenza è una ricchezza per la chiesa, c’è un tesoro in ognuna di queste persone”, testimonia un prete. Lungi dal rivendicare un posto a parte la maggioranza delle persone omosessuali credenti aspirano ad essere trattati come tutti gli altri fedeli. “In seno alla chiesa, sono figlio di Dio, un credente tra i fratelli e questo è ciò che conta”.
Quali sono le aspettative delle persone omosessuali nei confronti della chiesa.
– Che la chiesa sia il luogo in cui si vive il messaggio di Gesù in cui si manifestano compassione e accoglienza senza giudizio. – Che la chiesa dia speranza a tutti quelli che soffrono da soli e in segreto per la propria omosessualità o quella di una persona cara.
– Che affermi con più forza che le persone omosessuali hanno il loro posto come battezzati: figli e figlie amati dal Padre.
– Che sia portatrice di una parola di vita e di un volto fraterno, che sappia rendere la sua dottrina umana e realista, che apra percorsi di futuro e di fecondità per le persone omosessuali qualunque sia la loro condizione di vita.
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Allora quali piste di riflessione proporre?
– È importante che la chiesa possa proseguire serenamente la propria riflessione sulla questione dell’omosessualità, in collaborazione con i ricercatori delle scienze umane di tutte le discipline, per affinare la propria visione teologica e antropologica e lasciarsi interpellare dal vissuto concreto delle persone e dalle meraviglie di Dio nella loro vita.
– In questa riflessione sembra interessante reinterrogare i testi biblici che parlano di omosessualità, non in vista di un cambiamento della dottrina ma per approfondire l’approccio verso questa realtà. Parallelamente la chiesa potrebbe desiderare di cambiare alcuni passaggi del catechismo in modo che l’accoglienza personale primeggi sull’esigenza di dare giudizi morali.
– Nella formazione dei preti e dei responsabili della pastorale un’istruzione approfondita e aperta sull’omosessualità permetterebbe un’accoglienza migliore e un rispetto maggiore delle persone che si rivolgono alla chiesa.
– Nell’insieme delle diocesi, come si comincia già a fare, converrebbe nominare un referente formato e aperto sui temi dell’omosessualità in modo che possa accogliere le persone ed eventualmente ed eventualmente essere consultato dagli altri responsabili pastorali che si confrontano con questi temi. Nelle diocesi e nelle parrocchie luoghi di ascolto potrebbero essere creati per manifestare concretamente l’apertura e la benevolenza della chiesa.
– La questione dell’accesso ai sacramenti per le persone omosessuali, in coppia meriterebbe una riflessione approfondita che si tratti del battesimo, della cresima o dell’eucarestia. Sempre più persone in situazione “irregolare” chiedono di entrare nella chiesa. In quale modo si può fare accoglienza sulle orme di Cristo? Attraverso i sacramenti come si possono aiutare le persone a camminare e crescere? Bisogna davvero rifiutare sistematicamente l’accesso al sacerdozio alle persone omosessuali, senza verificare l’autenticità della loro vocazione e la loro capacità di vivere nella continenza?
– Sulla delicata questione della coppia dello stesso sesso quale parola e quale atteggiamento può avere la chiesa oggi? Come riconoscere il valore dell’amore reciproco che nutrono due persone omosessuali nell’ambito di una relazione stabile e sincera? Quali punti di riferimento vitali proporre per permettere loro di crescere in umanità e fecondità? Quali gesti per accogliere meglio queste persone? In quali condizioni una benedizione ( nel senso etimologico) potrebbe essere prevista?
“Possa la chiesa grazie al Sinodo affinare il proprio discorso, senza ne lassismi, ne rigidità per essere ascoltata meglio“.
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* In occasione del Sinodo sulla Famiglia 2015, l’associazione cattolica omosessuale francese Devenir Un En Christ ha voluto coinvolgere i suoi membri in un’ampia riflessione sulle domande proposte. Le risposte raccolte sono state riassunte nella sintesi che offriamo qui di seguito e che è stata inviata alla Segreteria del Sinodo sulla Famiglia.
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Testo originale: L’homosexualité au sein de la famille