I gruppi di credenti omosessuali crescono
Nonostante tutto i gruppi di credenti omosessuali crescono in tutta Italia, pur tra mille difficoltà, cercando di far sentire la propria voce e di seguire un cammino di fede in una chiesa troppe volte incapace di accogliere. A volte nascono per iniziativa di alcuni sacerdoti, ma sempre più spesso per volontà degli stessi credenti omosessuali che desiderano mettere in comune il proprio vissuto ed il proprio cammino di fede. Proviamo a scoprire cosa fanno, cercano e propongono queste realtà di fede attraverso le parole di chi li vive quotidianamente.
Il sorgere di gruppi di omosessuali credenti è un fenomeno piuttosto recente in Italia. Il punto di partenza è collocabile intorno al 1980, quando Ferruccio Castellano, di Torino, che lavorava nel Gruppo Abele di don Luigi Ciotti, organizzò presso il Centro ecumenico Agape (Prali, To) un convegno su “Fede cristiana ed omosessualità”.
Da quel convegno mosse i primi passi un primo gruppo promosso da don Domenico Pezzini. Nel 1982 nasce a Milano il gruppo Il Guado e negli anni successivi piano piano si formeranno altri gruppi di cristiani omosessuali..
I più recenti censimenti segnalano che la realtà dei gruppi dei credenti omosessuali è molto variegata.
A volte nascono per iniziativa di alcuni sacerdoti, ma sempre più spesso per volontà degli stessi credenti omosessuali che desiderano mettere in comune il proprio vissuto ed il proprio cammino di fede.
Proviamo a scoprire cosa fanno, cercano e propongono queste realtà di fede attraverso le parole di chi le vive quotidianamente.
Testimonianza di Filippo
Preghiera, riflessione e condivisione sono gli scopi del gruppo I Fratelli dell’Elpis (parola greca che indica speranza, attesa di cose nuove) che da 10 anni si ritrova nella parrocchia del Crocifisso della Buona Morte, a Catania, ospitati dal parroco don Giuseppe Gliozzo. E’ un gruppo di una decina di omosessuali credenti, di età compresa tra i 21 e i 36 anni, nato per approfondire il proprio rapporto con la fede.
«Non siamo un gruppo chiuso – avverte Filippo, coordinatore di Elpis – ma aperto all’accoglienza di persone che per la prima volta affrontano il tema dell’omosessualità in rapporto alla fede». «I nostri incontri – spiega – hanno luogo due volte al mese e prevedono tempi di lectio divina condotta su passi biblici, di condivisione e di approfondimento di temi legati all’omosessualità e alla castità».
Elpis è ormai conosciuto dalla comunità parrocchiale e diocesana «a testimonianza del fatto che la Chiesa sa essere accogliente andando al di là dei pregiudizi».
Nel gruppo non si parla solo di fede ed omosessualità ma anche di condizione omosessuale. «Tra noi – dichiara Filippo – c’è anche chi ha fatto scelta di rinuncia all’esercizio della sessualità e di perfetta adesione al magistero della Chiesa. Ma il tutto rientra nella sfera della coscienza di ciascuno».
Il Gay Pride? «Non credo ad una provocazione – afferma – anche se la scelta di Roma non è stata casuale. Penso, tuttavia, che sia il momento giusto per un dialogo costruttivo. Personalmente non credo a questo genere di manifestazioni bensì ad un impegno quotidiano di dialogo e di accoglienza. La sfilata, in fondo, non risolve i problemi degli omosessuali».
Testimonianza di Fabio
«E’ dal dialogo che nasce il rispetto e la comprensione reciproca, certo non dalla provocazione. Solo nel rapporto interpersonale si possono superare le diffidenze e le paure, in una relazione che ti fa guardare all’altro con i valori e la stima di prima, ma sapendo di lui una cosa in più».
Questi sono, secondo Fabio, tra gli animatori del gruppo romano Nuova Proposta – che aderisce al coordinamento dei gruppi omosessuali cristiani in Italia – i modi possibili per affrontare in maniera costruttiva il tema dell’omosessualità all’interno della comunità cristiana. Il gruppo cattolico Nuova Proposta è nato dieci anni fa.
Oggi riunisce una ventina di persone che si incontrano periodicamente, con l’aiuto di esperti, per l’approfondimento di brani biblici e un confronto sul tema fede e omosessualità.
Per gli incontri hanno trovato ospitalità presso i locali della Chiesa valdese, «ma in futuro proveremo a chiedere di nuovo ospitalità alle parrocchie», spiega Fabio.
«L’accoglienza e l’accettazione non sempre è facile – osserva –. La Chiesa ha sicuramente bisogno di tempi lunghi, il discorso deve passare gradualmente. In alcune comunità c’è ancora molta chiusura, ma le cose stanno lentamente cambiando. E’ il rapporto personale che fa la differenza, che ti fa sentire accolto. Io ho provato questa esperienza positiva molte volte, con amici che sanno e condividono la mia vita di fede senza problemi». Secondo Fabio molto dipende dai parroci e dai sacerdoti, che «alle volte si trovano impreparati ad affrontare il problema anche perché in seminario si fa poca formazione su questi temi».
«Quando un ragazzo scopre la propria omosessualità – racconta Fabio – le prime persone a cui chiede aiuto sono proprio i sacerdoti». Ma «io non posso scegliere tra essere cristiano o omosessuale – spiega – perché vorrebbe dire rinunciare alla mia identità»