Il complesso cammino di accettazione delle persone LGBT nella società e nelle chiese
Riflessioni di Maurizio Mistrali, psicoterapeuta
Se rifletto sulla presenza delle persone omosessuali nella vita, nel mondo, che è un mondo creato e raccontato con simboli eterosessuali, credo che non esista un alterità più sentita e vissuta di quella omosessuale.
Anche nelle culture nelle quali l’accettazione e l’integrazione sono state ottime nel passato, o presso i paesi nei quali esiste una consapevolezza ed una risposta civile ai diritti dei gay, esiste una percezione di un noi e voi, ed è latente la sensazione di una normalità sancita dall’essere maggioranza eterosessuale e giustificata da una pretesa interpretazione della natura o da voleri Divini (spesso depositari di ataviche identificazioni razziali e culturali).
Dal punto di vista etologico è interessante considerare come centinaia di specie animali conoscono l’omosessualità (relazioni tra individui dello stesso sesso, saltuarie o permanenti) perfettamente integrata. La resistenza umana all’integrazione che attraversa trasversalmente il mondo eterosessuale e quello omosessuale è un problema culturale.
Negli anni trenta del novecento in ambito inglese: Selye e colleghi, nello studio dello stress lavoro correlato e del burnout, ponendosi il problema del benessere si sono cercati dei punti di riferimento, tre in particolare: autostima, intelligenza empatica e consenso sociale. Se avessero avuto ragione, quest’ultimo aspetto acquisterebbe un’importanza singolare, specialmente in una serena riflessione culturale delle persone eterosessuali ed omosessuali.
Una persona eterosessuale con una coscienza personale sensibile, con una coscienza sociale politica,integrativa, evolutiva e attenta ai temi della giustizia e della libertà, non potrebbe non incontrare questo problema, un alterità così profonda, diffusa, sentita, e non potrebbe esimersi dal senso di responsabilità che pone la consapevolezza di essere una maggioranza con in mano gli strumenti per condizionare con giustizia i diritti di una minoranza.
È un potere enorme, perfino in grado di condizionare l’immagine che gli omosessuali hanno di se, non solo quella condizione di “consenso sociale”, condizionante appunto, la felicità di queste persone. La discriminazione arriva a condizionare l’immagine, la percezione che gli omosessuali hanno di se stessi, il senso d’identità, Non esiste una cultura storica alla quale riferirsi in parallelo ad oggi.
La percezione che hanno gli omosessuali di se stessi è in rapido cambiamento, molte culture civili se ne accorgono e varano leggi per ovviare la storica discriminazione. Le culture religiose sono più lente, come depositarie dei “penati” delle tradizioni più antiche e radicate.
Anche le persone omosessuali sono in bilico tra la costruzione di nuove immagini civili (provocatoriamente… uscire dai battuage, dalla coazione sessuale, per identificarsi in una normalità sancita da leggi sul lavoro, la famiglia, e matrimonio).
Il rischio che vedo è che si cerchi una legittimazione a esistere secondo immagini giuste e buone (sempre da perseguire nel processo di liberazione personale,e sociale, specialmente in riferimento a giustizia e libertà), rimuovendo la fatica, il senso di responsabilità che impongono la ricerca di una legittimazione interna, DALLA PROPRIA COSCIENZA. Prima e ultima assise di ciascuno in se stesso.
È fondamentale il consenso sociale, ma una “immagine di se”, il consenso ad esistere, ed esistere come sono, me lo accredito io nella mia coscienza. Molti sono gli autori (Héritier, Benasayag e Schmit, Galimberti, Manghi) che negli ultimi dieci-quindici anni (ma il tema ha antecedenti ben più lontani come Nietzsche e Pasolini, per rimanere in epoca moderna) si sono occupati di mettere in luce la caduta del ‘principio gerarchico’, della sacralità come fonte ispiratrice dell’ordine sia sul versante politico (il venir meno della credibilità delle grandi ideologie che avrebbero rivoluzionato il mondo) che religioso (la perdita di idealità verso i leader religiosi e le dottrine da essi incarnate con l’evidenziazione storica delle malefatte che ogni religione ha prodotto a fronte delle migliori intenzioni redentrici) che scientifico (la scoperta delle conseguenze perniciose connaturate alla scienza tradotta nel suo agire, la parzialità, settorialità, chiusura dei suoi saperi).
Alcuni hanno anche messo in luce come questa caduta sia da considerare come indice di un mutamento nel bisogno del sacro, come una minore necessità idealizzatoria e dunque anche come uno svelamento dei bisogni che l’umanità ha sempre avuto di attribuzione di potere a qualcosa o a qualcuno, come delega ordinatrice del mondo.
Questo mutamento va naturalmente integrato con la rivoluzione tecnologica che ha posto l’orizzontalità comunicativa della rete (ma prima ancora del commercio, degli spostamenti migratori e turistici, delle scoperte di terre nuove) come un moltiplicatore straordinario delle informazioni e delle soggettività e delle culture contribuendo fortemente alla realizzazione di quella che Morin chiama ‘società-mondo’ ovvero della nostra comune appartenenza di esseri umani ad un’unica ‘comunità di destino’.
Il tema emergente è dunque quello, nel mondo delle psico scienze, della rilevanza sempre minore della paternità (o del bisogno di ridefinirla) e del valore sempre maggiore della “fraternità”, per usare l’espressione di Sergio Manghi, ovvero di come noi tutti che stiamo sullo stesso piano non possiamo più affidarci per la risoluzione dei nostri conflitti alla Legge fino a che non siamo noi stessi che ridefiniamo una nuova legge giacché quelle attuali sono diverse per ogni stato e per ogni comunità e per ogni sensibilità individuale. Come gestire quindi l’orizzontalità e come ridefinire la verticalità è il tema, forse, più rilevante della convivenza nel mondo prossimo venturo.
Ma una delle questioni correlate con la perdita di rilevanza della sacralità, della terzietà, è l’accentuarsi del valore della soggettività e dell’intersoggettività. Sarebbe fuorviante porre la questione in termini causali lineari ed è più corretto mettere in luce come la valorizzazione del soggetto, dei suoi diritti, delle sue potenzialità, faccia da pendent con la perdita di rilevanza del sacro, cioè di ciò che umano non è, di ciò che ha creato l’umano (la divinità) e che può trasformarlo a suo piacimento (la scienza) o che lo assoggetta ad una logica collettiva (l’ideologia politica).
Le persone omosessuali credenti, e credenti nell’esperienza cristiana (ma è così anche in tante altre esperienze religiose) vivono varie dinamiche: nel cristianesimo confluiscono diverse esperienze, centrale è quella dei “fedeli del Libro della Bibbia”, dal pentateuco a San Paolo: non c’e una visione positiva delle relazioni tra persone dello stesso sesso, ma queste relazioni non sono assimilabili alla relazione che oggi conosciamo come relazione tra persone omosessuali, si cade spesso in equivoci e semplificazioni, ed è sempre in agguato la tentazione di non fare letture con un’adeguata esegesi, senza mediazione storica, per far dire alla Bibbia quello che vorremmo.
A questo punto occorre ricordare che molte persone in una fase di fragilità sono alla ricerca di contesti accettanti, protettivi, e spesso di una legittimazione che essi stessi non sanno darsi. Contesti che possano alleviare il senso di disprezzo di se, di autosvalutazione.
Accettarsi nella propria complessità ed ambivalenza umana è una premessa indispensabile a sviluppare l’esperienza della propria coscienza, tra l’altro, a sua volta “territorio”necessario ad una serena e matura esperienza di fede (spesso l’esperienza religiosa rimane limitata ad una pratica cultuale, superstiziosa, neo pagana).
Oggi la pigrizia spirituale, il sincretismo fragile di tanti, l’ampia offerta ideologica conservatrice, spinge ad aderire a movimenti ideologicamente rigidi, con sostegni empatici ed affettivi.
Ai leader dei movimenti viene delegata la comprensione, l’accettazione di ampi “spazi di se” e la coniugazione storica, la mediazione, la “significazione”, anche della propria tendenza omosessuale.
Il danno conseguente va dal rifiuto e l’escissione di parti di se, ma quel che è più grave, ad un condizionamento della propria esperienza di coscienza che rimane infantilizzata in dinamiche superegoiche.
Gli omosessuali credenti devono resistere alla voglia di essere accettati e legittimati, ed i credenti dovrebbero resistere al facile giudizio sviluppando una coscienza più sensibile nei confronti della xenofobia.
Gloria Dei homo vivens… la gloria di Dio è l’uomo nella sua pienezza di vita, anche di relazione, di relazione sessuale, nello sviluppo non solo spirituale della fecondità, della maternità, della paternità.
Tutto ciò provoca problemi, tanti, problemi etici, ecc… ma la coscienza illuminata dalla fede, corroborata dalla competenza, studio, approfondimento… svilupperà cose che non abbiamo mai visto, e che non ci immaginiamo, perché dove c’è un problema, anche apparentemente insolubile lo Spirito è all’opera. Non teme: Lui è “luce dei cuori”,”luce beatissima che invade nell’intimo il cuore dei suoi fedeli”,forza che ” sana ciò che sanguina”,”drizza ciò che è sviato”.