Esiste davvero e cosa afferma la “teoria del gender”?
Testo tratto da “Il genere. Una guida orientativa” a cura di Federico Ferrari, Enrico M. Ragaglia, Paolo Rigliano, ottobre 2015, pp.13-16
Nonostante i reali obiettivi dei gender studies, è stata scatenata da diversi gruppi fondamentalisti una campagna contro una presunta “teoria del gender”. È molto importante cercare di comprenderne gli scopi e i metodi. Essa rappresenta un’invenzione dell’ultimo decennio che ha il chiaro scopo reazionario di impedire l’emancipazione da un lato delle donne e dall’altro delle persone gay, lesbiche e transessuali.
Stando ai promotori di questa campagna, l’“ideologia gender” (o “teoria del gender”) sarebbe il presupposto dell’azione che soprattutto le persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (organizzate in “lobby gay” penetrate nel tessuto sociale, scolastico, economico e politico del paese) starebbero portando avanti per imporre: a) la negazione delle differenze (anche biologiche) tra maschi e femmine; b) la distruzione dei generi; c) la distruzione quindi della famiglia “naturale”; d) la promozione dello “stile di vita omosessualista”; e) la discriminazione “alla rovescia” delle persone eterosessuali.
Secondo la narrazione di tali gruppi fondamentalisti, il mondo dell’associazionismo gay (con il quale intendono in realtà tutti i gay, tutte le lesbiche e tutte le persone transessuali!) propaganderebbe la “teoria del gender” allo scopo di trasformare bambini e bambine in piccoli automi “neutri”, confusi sulle loro identità, per sedurli, plagiarli e istigarli alla promiscuità. Per fare ciò, sosterrebbe che ciascuno possa scegliere il genere di appartenenza a proprio gusto, a seconda del capriccio del momento. Gay, lesbiche e transessuali intenderebbero cioè annullare le differenze biologiche tra maschi e femmine, e mirerebbero con ciò a sovvertire la famiglia “naturale”, quindi a favorire tutte le possibili aberrazioni sessuali, sociali ed educative. Il “gender” che vorrebbe insinuarsi nelle scuole, sotto le mentite spoglie dei progetti di educazione sessuale, rappresenterebbe infatti l’esito di un illecito sviluppo e uso delle tecnologie riproduttive (come nel caso della maternità surrogata, scorrettamente definita “utero in affitto”). Esso intenderebbe sdoganare e rendere lecita la pedofilia e aprirebbe le porte alla creazione di “fabbriche di bambini”. Per comprendere sino in fondo le intenzioni di questa campagna, però, è necessario capire bene la natura del pensiero fondamentalista.
SU COSA SI BASA IL PENSIERO FONDAMENTALISTA? Per pensiero fondamentalista si intende una concezione del mondo che mescola due differenti piani del discorso, quello della scienza e quello della fede e della morale religiosa, per ottenere una rappresentazione semplificata e rassicurante dell’unica e assoluta realtà, così da togliere ogni spazio al dubbio e alla discussione.
Questo modo di ragionare nel caso del movimento contro la “teoria del gender” dà luogo però a risposte e affermazioni raffazzonate, ideologiche e aggressive, del tipo: a) che non ci sia né debba o possa mai esserci alcuna differenza tra sesso e genere; b) che quindi il maschio debba essere sempre e in tutte le civiltà un solo tipo di uomo, perché così ha stabilito Dio su base biologica; c) che dunque la donna, più debole e meno capace, debba essere sottomessa e limitata.
Il pensiero fondamentalista si basa dunque sull’idea che esistano differenze naturali, eterne, sacre, definitive e assolute tra la donna e l’uomo, fondate sulla biologia del corpo. Tali differenze sarebbero deducibili, una volta per tutte, dalle Sacre scritture e dalla descrizione che vi si trova dei rapporti tra donne e uomini – risalente a oltre duemila anni fa. Nell’interpretazione fondamentalista ciò si traduce direttamente nella contrapposizione tra chi è debole, incapace, inferiore per natura, destinato perciò a subire l’oppressione del desiderio e della volontà altrui e chi è destinato invece per natura a comandare, guidare, perfino prevaricare. La tradizione religiosa è usata, quindi, per imporre risposte che trascendono la capacità di comprensione umana alla scienza. Il punto ovviamente non è che il piano scientifico e quello religioso e morale non possano parlarsi, ma prima bisogna riconoscere e affrontare il fatto che corrispondono loro logiche e linguaggi diversi: non è corretto creare una “lingua unica”, che sottometta la scienza alla teologia, appellandosi a una presunta antropologia universale ed eterna da imporre a tutti e per sempre.
La storia ci ha consegnato molti esempi a cui è possibile rifarsi per cogliere lo spirito del discorso: uno fra tutti, la vicenda di Galileo Galilei. Da scienziato cattolico, solo scindendo il pensiero scientifico dalla sua fede religiosa ha potuto portare avanti una ricerca che ha scosso le fondamenta stesse della dottrina ecclesiastica e della visione antropocentrica dell’uomo affermando che è la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa.
Oggi chi potrebbe mettere in dubbio questa “scoperta”? Secondo questa ideologica confusione dei piani, quindi, per rispondere anzitutto al magistero dottrinale senza metterlo mai in discussione, i diversi livelli dell’identità sessuale vengono “saldati” insieme in base al presupposto di una “natura” necessaria e prescrittiva.
Non potrebbe accadere altrimenti per il “genere maschio”, per esempio, che avere corredo genetico sessuale XY, possedere un’identità di genere maschile coerente con il sesso biologico, assumere certi ruoli di genere e non altri, avere un orientamento eterosessuale, adottare comportamenti e pratiche sessuali solo di un determinato tipo, avere personalità, atteggiamenti, psicologia e capacità in ogni caso “maschili” e identificarsi con lo stereotipo dell’“uomo che non deve chiedere mai”. Ecco allora che tutto ciò che “viene fuori” da questo copione infondato (perciò destinato ad andare in crisi), e che in passato veniva più palesemente accostato all’idea del crimine o della patologia, oggi viene riferito alla “teoria del gender”, attribuita ai “soliti noti”, quei perversi nemici dell’umanità e della “natura” che sono gay, lesbiche , transessuali.
Questi fondamentalisti, in tal modo, hanno creato un nemico di comodo, portatore di un pericolo che non esiste, ma che viene agitato ad arte per far allarmare le famiglie e le “persone normali”. È una tecnica antichissima ed è sempre stata impiegata – dai dittatori di tutte le epoche – per suscitare l’identificazione di un gruppo scomodo con un mostro, un oppositore micidiale che ordisce complotti, da perseguitare ed eliminare a tutti i costi.
ESISTE DAVVERO LA “TEORIA DEL GENDER”? Alla domanda se esista una “teoria del gender” la risposta è: no. La “teoria del gender” è il modo chiaramente distorto in cui questa campagna fondamentalista e reazionaria fa riferimento agli studi di genere, proponendone una visione scorretta e falsata. Il termine “teoria del gender”, infatti, rappresenta un’alterata semplificazione e una traduzione caricaturale del termine inglese gender theory, in cui però theory non significa “una teoria” ma l’“insieme degli studi teorici”.
Le ricerche scientifiche, oltre che il buon senso, ci consentono di pensare a quali potrebbero essere le conseguenze di una rinuncia alle importantissime acquisizioni degli studi teorici sul genere, che hanno un impatto diretto sui contesti di vita e di crescita in particolare degli adolescenti e dei giovani adulti. Vivere e crescere in un ambiente intollerante, che propone schemi troppo rigidi, è un fattore di rischio per il disagio psicologico, soprattutto in giovani che iniziano a scoprirsi omosessuali/bisessuali/transessuali.
Lo stesso fattore di rischio ha influenza a sua volta 6 sull’aumento del numero di episodi di bullismo omofobico. D’altra parte il tipo di pensiero e di ragionamento che sottende gli attacchi contro gli studi di genere– proprio perché basato su una “tradizione intuitiva” (ovvero uno schema di ragionamento pre-critico e prescientifico) che, nei secoli, per la maggior parte della gente è diventata “pensiero comune” – non fatica a convincere anche chi non può essere identificato come un fondamentalista e tuttavia reagisce istintivamente e per paura in difesa di certezze che non ha mai messo in discussione. Persone che, in termini generali, si definiscono “di vedute aperte”, ma che nel clima emotivo creato dalla campagna fondamentalista si sentono minacciate nella loro identità dalla presunta “teoria del gender”.
Non è un caso, poi, che la campagna in Italia stia puntando su ciò cui ciascuno concentra la propria attenzione protettiva, ossia i bambini. Con slogan come “difendiamo i nostri figli” si punta a risvegliare ancestrali bisogni di protezione nei confronti dei più deboli e indifesi, che, ovviamente, sarebbero le prime vittime del fantomatico complotto omosessualista.
Il compito del pensiero scientifico, in questo caso, è far capire attraverso quali meccanismi la consuetudine si trasforma in norma e da norma diventa “normatività” (come sia possibile cioè passare da: “Le cose sono sempre andate così” a: “Non possono essere in altro modo che così, perché sono giuste così”), per mostrare come anche le differenze inattese possano risultare perfettamente funzionanti e debbano essere tutelate quanto a sviluppo e identità.
CHI SOSTIENE E CONDUCE QUESTA CAMPAGNA? Gli effettivi inventori della cosiddetta “ideologia gender” sono organizzazioni e movimenti politico-religiosi estremisti che dicono di muoversi “in difesa della famiglia tradizionale”. Ci sono molti piccoli gruppi che si rifanno a un pensiero fondamentalista di origine sia protestante (i cosiddetti evangelici) sia cattolica, ma esistono anche gruppi fondamentalisti islamici, ebraici, induisti. Il fondamentalismo, infatti, in particolare di questi tempi, è un gravissimo problema che affligge tutte le religioni.
Ci sono senz’altro persone comuni che agiscono in buona fede, pensando di operare al fine di difendere valori e ideali nobili, ma è possibile individuare come promotori di questa vasta operazione mediatica (supportata da molti organi di informazione cattolici) alcune personalità del mondo culturale, politico e universitario cattolico reazionario, dichiaratamente contrarie all’affermazione dei diritti delle persone gay, lesbiche e transessuali e allarmate dalla possibilità che l’omofobia e la discriminazione diventino comportamenti sanzionabili.
Costoro stanno alimentando un odio pericoloso verso chi è portatore di “diversità”: un ritorno ai tempi passati in cui si parlava dell’omosessualità come di una “patologia” e di qualcosa che va tenuto nascosto. I loro gruppi attaccano presunte “lobby gay” o “laiciste”, ma ciò a cui veramente si oppongono sono tutte quelle attività volte a proteggere la dignità di quegli esseri umani che non rientrano nello schema di un ordine che si pretende eterno e sacro, nonché il loro diritto a una piena e serena esistenza. In questa campagna “anti-gender” si riconosce il tentativo di una fede fondamentalista aggressiva e intollerante di prevenire ogni forma di tutela delle forme di relazione e di amore differenti, di impedire la loro espressione, oltre a quello di negare il valore di ogni libertà personale, a partire da quella delle donne.
Venendo meno le classiche argomentazioni contro il riconoscimento dell’amore omosessuale, si è oggi costruita questa teoria secondo cui ammettere l’amore omosessuale significherebbe disconoscere la differenza sessuale ed esasperare i rapporti tra i generi al punto che ciascun genere potrebbe agire per conto proprio, arrivando al punto di negare l’esistenza dell’altro. È possibile osservare, inoltre, nelle pratiche di questi gruppi un altro atteggiamento tipico del “complottismo”, ossia l’impiego di una forma di indottrinamento antiscientifico e un uso pregiudiziale e falsato dei dati scientifici a fini propagandistici, spesso riducendo complesse ricerche a pochi slogan su volantini di “chiamata alle armi”.
Analogamente si assiste al disprezzo più assoluto dei dati scientifici quando la loro evidenza non sia in accordo con le proprie affermazioni. In questi casi essi vengono squalificati come frutto delle “lobby gay” e di conseguenza usati per spronare alla lotta nei confronti della “teoria del gender” e alla difesa della “libertà di opinione”. Della modalità di questa lotta offrono un esempio le adunate nelle piazze, i prodotti editoriali, i dibattiti e le trasmissioni televisive condotte spesso in assenza di controparti o di professionisti del settore adeguatamente informati, così da alimentare solo discorsi “di pancia”, mistificazioni, confusione e fraintendimenti.
È piuttosto preoccupante che questo tipo di dibattiti a senso unico avvenga per lo più nelle parrocchie, dove esponenti fondamentalisti pronunciano i loro sermoni di fronte a un pubblico impaurito e privato della possibilità di mostrare un punto di vista differente. Chi dirige queste comunità si assume una seria responsabilità nel dare il proprio sostegno a tali incontri.
In Italia i fondamentalisti si richiamano a un nucleo di credenze inscalfibili, fondate sulla lettura di passi del Vecchio Testamento, delle lettere di san Paolo e della teologia di san Tommaso d’Aquino. Secondo i crociati della lotta al “gender”, questi testi stabilirebbero e giustificherebbero la sottomissione della donna al maschio, la necessità di procreare senza limiti all’interno delle unioni sacre e naturali volute da Dio, nonché l’esclusività del dominio sessista maschile.
Nel nostro paese simili credenze vengono diffuse da organizzazioni storicamente e capillarmente radicate nel territorio, forti dell’appoggio di alcuni dei vertici della Chiesa cattolica e che spesso sostengono anche le terapie riparative dell’orientamento sessuale: ossia pratiche pseudo-scientifiche e pseudo-spirituali invalidate e condannate dal mondo scientifico, che iniziano a diventare illegali in tanti stati e di cui molti ex sostenitori stanno rivelando le violenze psicologiche che comportano per le persone che vi si sottopongono.
Ciò che sconcerta è che la Chiesa cattolica – solitamente cauta e non incline a lasciarsi condizionare dal primo predicatore di turno – si stia lentamente allineando con le posizioni più fondamentaliste sorte al suo interno, con il rischio di provocare uno scollamento dall’ambiente accademico, laico e teologico, come accadde in passato per il caso Galilei, per il non expedit, per gli ebrei, per le donne.
Preoccupa, infine, il silenzio degli esponenti moderati, che dovrebbero stare attenti a non lasciare che la Chiesa si faccia coinvolgere in una lotta che non ha alcuna ragione d’esistere proprio perché basata su fantasmi illusori, agitati da personaggi poco trasparenti e scientificamente impreparati, che la istigano a una battaglia ideologica priva di fondamento.