Da mussulmano dico: «Basta a chi uccide nel nome di Allah»
Intervista a Izzedin Elzir* di Diego Motta pubblicata su Avvenire del 15 novembre 2015
«L’attacco a Parigi è il simbolo di un fallimento. Non solo del mondo musulmano, ma di tutti noi». Izzedin Elzir è il leader dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche d’Italia, e ieri non ha esitato a esprimere la sua vicinanza al popolo francese, condannando «senza se e senza ma» la mattanza avvenuta venerdì sera. Ha chiesto ai suoi di mobilitarsi attraverso alcuni sit-in di solidarietà col popolo d’Oltralpe a Firenze e a Milano, eppure è consapevole che accuse e polemiche nei confronti del mondo che rappresenta sono già tornate d’attualità. «Vogliono dividere i musulmani dai non musulmani, ma non ci riusciranno – mette in guardia Elzir –. Uniti invece possiamo vincere il terrorismo, la violenza e la paura».
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Ancora una volta, stando alle ricostruzioni, i terroristi avrebbero aperto il fuoco invocando il nome di Allah. Evocare il Profeta è aberrante, nominare il nome di Dio invano è una bestemmia. Per questo, dico che siamo stati colpiti due volte: perché sono state uccise vite umane innocenti e perché lo si è fatto inneggiando alla nostra fede religiosa. Usano il Corano e non sanno che nel Libro c’è un versetto che dice che chi uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità.
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Rivendicando gli attentati, l’Is ha detto che l’Occidente continuerà a «sentire l’odore della morte» per aver combattuto il Califfato. Come giudica queste parole? Sono gli estremisti a creare odio con le loro azioni dissennate. Non dobbiamo fare il loro gioco, perché vogliono dividerci, metterci gli uni contro gli altri. Dal punto di vista umanitario, siamo con il popolo siriano e con tutte le cau- se giuste in difesa dei popoli oppressi. Dobbiamo costruire ponti. Quanto all’Is, l’ho già detto e lo ripeto: è un male e un cancro per tutto il mondo e la comunità internazionale, islamica e non, deve essere unita per combatterlo.
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Non crede che sia venuto il momento di agire con gesti concreti, da parte anche delle comunità musulmane, per arginare l’intolleranza e l’odio? Il nostro è un cammino lungo e difficile, abbiamo preso atto di questo sin dall’inizio. Credo di poter dire che abbiamo fatto tanto, in Italia come in Europa, ma possiamo lavorare di più, al di là delle differenze che ci sono, anche tra noi musulmani. Invito tutti a essere responsabili, anche se purtroppo devo registrare alcuni titoli vergognosi apparsi su due giornali italiani contro di noi. L’unica strada per uscire dal rifiuto dell’altro è la convivenza pacifica e il rispetto reciproco.
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Dopo la strage di ‘Charlie Hebdo’, avevate proposto la traduzione in italiano dei sermoni pronunciati nelle moschee del nostro Paese. A che punto siamo con l’operazione trasparenza? Sul sermone del venerdì abbiamo comunicato sui social network la possibilità di trasmettere la versione in arabo e in italiano. Pian piano lo stiamo facendo, anche se diverse persone hanno problemi con la lingua e le traduzioni. Ma non si tratta di resistenze al nostro interno, piuttosto di decisioni che ricadono nel campo della libertà di scelta.
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Quali sono i vostri timori dopo i fatti di Parigi? Il mio timore è vedere crescere l’islamofobia: dobbiamo spiegare che i musulmani non sono uno Stato dentro lo Stato, sono cittadini come gli altri. In Italia, in Francia e in tutta Europa. Gli attentati in serie avvenuti nelle ultime ore rischiano di provocare un’ulteriore chiusura delle nostre società. Ma dobbiamo ripetere che quel che è accaduto non è umano: le parole del Papa vanno sottoscritte, parola per parola. Non si possono strumentalizzare le religioni.
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Perché il fondamentalismo fa così tanti proseliti tra i giovani? È sbagliato parlare in modo generalizzato dei giovani. I musulmani nel mondo sono quasi 2 miliardi, i terroristi fondamentalisti sono migliaia. È vero però che c’è qualche giovane affascinato dall’estremismo take away. È terribile dirlo, ma è come se si seguisse l’utopia del momento. Oggi questa utopia riguarda la creazione del Califfato, mentre negli anni Settanta, fatte le debite proporzioni, il sogno maledetto che seduceva alcuni ragazzi italiani era il brigatismo rosso. Purtroppo l’islam è diventata la nuova bandiera sotto cui nascondere un pensiero estremista.
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* Izzedin Elzir, è Imam di Firenze. Nato ad Hebron, in Palestina, è in Italia da 21 anni, paese dove sono nate le sue tre figlie. Dal 2010 è presidente dell’UCOII, Unione delle Comunità Islamiche d’Italia. Sul sito dell’UCOII si legge: “tutta la nostra attività è finalizzata a contribuire in maniera paziente, ma continua e coesa alla costruzione di una Comunità Islamica italiana, che svolga a pieno titolo la sua funzione religiosa e civile nella completa autonomia da qualsiasi forza esterna, paese o ideologia”.