La cecità delle chiese davanti all’AIDS e lo sguardo di Gesù (Giovanni 9:1-5)
Scheda biblica del reverendo Norman Johnson* tratte dalla Pastor’s Guidebook-HIV/AIDS Ministry, edita da AARTH Ministry** nel maggio 2004, USA, pag.31-33, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Brano biblico. Gesù guarisce un cieco nato (Giovanni 9:1-5).
Scrittura. 1. Passando vide un uomo cieco dalla nascita 2. e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Scopo Indurre le persone a sostenere il ministero della Chiesa rivolto a chi vive con l’HIV/AIDS.
Introduzione. La sempre crescente crisi dell’HIV/AIDS ha significato un dilemma per la Chiesa, a tre livelli: teologico, etico e antropologico. In gioco è la nostra comprensione del ministero della Chiesa e la sua storica concezione della guarigione. Una crisi che non è nuova: secondo il vangelo di Giovanni, Gesù deve fare i conti con una crisi di questo tipo nel racconto del cieco nato. Il racconto riflette la tensione tra la comunità cristiana che sta emergendo e la più antica comunità giudaica sulla figura di Gesù.
I cristiani della comunità giovannea affermavano che Gesù era stato “mandato da Dio” per portare la luce, la verità, il vero pane e l’acqua viva in un mondo oscuro e peccaminoso. Gesù è la rivelazione della volontà divina, che esprime se stessa come “amore”. La tensione è “religiosa”: nel contesto del capitolo si parla su “chi è dentro e chi è fuori” (versetto 35) ma la vera questione in gioco è la “cecità” (versetti 39-40).
La crisi dell’HIV/AID ha prodotto, in particolare fra gli Afroamericani, una tensione “religiosa” che sfida la teologia, l’etica e la concezione dell’umanità della Chiesa. La domanda è: sappiamo davvero vedere? La tensione emerse quando l’HIV/AIDS venne associato all’omosessualità maschile e ci si riferì ad esso come al “giudizio di Dio sull’omosessualità”.
In seguito abbiamo imparato che l’HIV/AIDS non è limitato a un particolare gruppo umano. La Chiesa cominciò facendo la domanda sbagliata. Cominciammo con una posizione etica “causa-effetto” che affrontava il problema in maniera troppo ristretta. Nel racconto del cieco nato Gesù si rifiuta di cominciare con un ristretto punto di vista etico che cerca di spiegare perché l’uomo è cieco. Comincia invece con una questione teologica: che tipo di Dio rivelano le nostre azioni?
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I. Le dimensioni teologiche
a. La condizione del cieco ha in sé il potenziale della rivelazione – la rivelazione di Dio (versetto 3).
b. Le convenzioni religiose possono renderci ciechi alla concreta opera di Dio (versetto 16).
I farisei accusano Gesù di “non venire da Dio” perché disturba le convenzioni religiose.
c. I pregiudizi teologici dei farisei li rendono sicuri che “Dio non ascolta i peccatori”…
Conclusione A: La cecità dell’uomo era di un tipo: quella dei leader religiosi era di un altro. Costoro parlavano di un Dio castigatore che opera entro limiti ben definiti. Gesù parlava di un Dio che si rivela in parole di guarigione.
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II. La dimensione etica
a. Si parla della punizione dei figli per il peccato dei genitori in Esodo 20:5; 34:7; Salmo 108 (109):13-15; cfr. Ezechiele 18:2.
b. Gli atti di Gesù erano una violazione delle leggi sul sabato (versetto 14).
c. Secondo il punto di vista della comunità religiosa (leggi “dei leader”) l’uomo era condannato ad essere emarginato (versetto 35).
Conclusione B: Gesù rappresenta la liberazione dalle tradizioni religiose, che agli occhi di alcuni hanno più valore della vita umana. Il suo ministero di guarigione era in armonia con la sua missione di essere “luce del mondo”.
III. La dimensione antropologica
a. Gesù si concentrò sulla situazione specifica e concreta: la cecità dell’uomo.
b. La situazione diventò per altri un’opportunità di guarire. Gesù era uno strumento dell’agire divino e sfidò i suoi discepoli a diventarlo anch’essi (versetto 4).
c. Quando l’uomo venne dichiarato emarginato dai leader religiosi, Gesù andò da lui perché anch’egli fosse “incluso” (versetti 35-41).
Conclusione C: La visione dell’umanità propria di Gesù mirava all’inclusione, non all’esclusione. In quanto strumento dell’agire divino, Gesù doveva “compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno…”; non ci aspetta nulla di meno.
Conclusione
La crisi dell’HIV/AIDS per la Chiesa non è un’occasione per sedere sullo scranno del giudice; non è il momento giusto di attuare una politica religiosa di esclusione. L’HIV/AIDS è la principale causa di morte per gli uomini e le donne di colore nella fascia d’età 25-44. Nel 1998 le persone di colore costituivano il 45% dei nuovi casi di AIDS e il 49% delle morti totali. I bambini di colore costituiscono il 62% dei casi pediatrici di AIDS.
La Chiesa deve fare ben più che parlare di un Dio castigatore e di interpretazioni ristrette della tradizione: deve sfruttare il nostro potenziale di agenti della volontà divina, di “luce del mondo”. Dobbiamo compiere le opere di colui che ci manda finché è giorno: presto viene la notte.
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* I brani biblici sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme/CEI.
** Norman Johnson, Sr è pastore presso la First New Christian Fellowship Missionary Baptist Church di Los Angeles.
*** AARTH (African Americans Reach and Teach Health) Ministry è un’organizzazione che diffonde informazioni sulla salute e la prevenzione tra gli Afroamericani. Collabora in particolare con le Chiese cristiane e le organizzazioni islamiche composte in maggioranza da Afroamericani e con le istituzioni governative.
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Testo originale (PDF): Theological Perspective of HIV/AIDS