L’identità cancellata. Sull’attacco informatico al sito del Progetto Gionata
Articolo di Matteo De Fazio pubblicato sul sito di Riforma il 12 gennaio 2016
Nella notte del 11 gennaio il sito web del Progetto Gionata è stato attaccato da ignoti. Il gruppo si occupa di tematiche legate alla fede e all’omosessualità, e sul proprio portale ha pubblicato nel tempo articoli, testimonianze e riflessioni. Tutto il materiale è stato cancellato, «cosa peggiore rispetto ad altri episodi – secondo Innocenzo Pontillo, volontario del progetto – perché nega la possibilità all’opinione e ancor prima all’esistenza della diversità».
Cosa è accaduto?
«Sono riusciti a entrare nella piattaforma che contiene articoli, testimonianze, riflessioni di pastori, o racconti che parlano di fede e omosessualità in senso inclusivo: hanno cancellato tutto il materiale accumulato dai volontari in questi anni che raccontava cosa significa accogliere le persone omosessuali nelle chiese. Quando ci siamo collegati non c’era più nulla, come una casa senza porte e senza mobili. Una cancellazione, come una Damnatio memoriae. Siamo rimasti stupiti, perché sappiamo benissimo che si può non essere d’accordo con queste tematiche, soprattutto in questo momento di contrasti nel nostro paese, ma arrivare a forzare un sito e cancellarne i contenuti è troppo: come a dire che non dovremmo esistere ed esprimerci. Che abbiamo torto a prescindere. Negli anni abbiamo avuto molte richieste di smettere, di tacere, ma essere cancellati per noi è più forte».
Avete spesso subìto attacchi?
«L’omosessualità è un tema che accende gli animi, soprattutto di chi usa la Bibbia come un mattone da scagliare addosso agli altri. Noi riflettiamo sul fatto che la Bibbia è un messaggio di crescita, di inclusione e senza categorie delle persone. Questa cosa ci ha creato molti problemi, nel senso che costantemente qualcuno ci invita a bruciare all’inferno o altri provano a dare problemi sulla pagina Facebook del gruppo. Il sito è un po’ il marchio della nostra testimonianza, che è l’unica cosa che possiamo continuare a fare nonostante tutto».
Parlare delle tematiche LGBT in rapporto alla fede è più facile che in passato?
«La differenza grossa è che ora se ne parla, nella società e nelle chiese, mentre in passato non aveva diritto alla discussione. Quando è nato il progetto Gionata, parlare di fede e omosessualità era una questione di nicchia, non c’era neanche da parte delle comunità più aperte la forza o la voglia di affrontare questo tema. Discuterne in modo più esplicito fa andare oltre allo stigma sociale, oltre alle etichette, ma dall’altra fa arrabbiare i più estremisti, chi non vuole che se ne parli si riempie di ira. Questo momento storico, in cui si sta parlando di sancire un minimo riconoscimento alle coppie gay, sta creando una rabbia molto forte in chi non è d’accordo».
Così come per le Unioni Civili in Italia?
«Il direttore di un giornale cattolico conservatore, un giorno mi chiese perché ci volesse necessariamente una legge per riconoscere i diritti delle coppie omoaffettive: basta fare testamento. Ma è possibile che due persone che decidono di fare una vita insieme, di coppia, di condividere una casa, le amicizie i contesti debbano fare testamento per avere gli stessi diritti delle altre? Oltre al fatto che lasciare i beni non è così semplice, ma soprattutto non è nulla in confronto al diritto di assistere il proprio compagno in ospedale, a essere visti come la famiglia dell’altra persona e così via. Chi vive una vita di coppia ha dei problemi molto concreti.
Molti hanno un approccio (critico) su questo tema perché associano il riconoscimento dei diritti a un’approvazione: ma chi non è interessato o contrario può chiudere gli occhi quanto vuole, senza negare questi diritti agli altri. Siamo fiduciosi per la discussione futura in Italia, unico paese della Comunità Europea che non ha alcuna legislazione sul tema».