Nella Comunione Anglicana la Chiesa Episcopale non rinuncia al matrimonio gay
Articolo di Rachel Zoll e Danica Kirka pubblicato sul sito LGBT Nation (Stati Uniti) il 16 gennaio 2016, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Il primate della Chiesa Episcopale Michael Curry dichiara che la sua Chiesa non retrocederà dalla sua posizione sul matrimonio omosessuale, nonostante le sanzioni decise dai vertici della Comunione Anglicana. In un’intervista telefonica dall’Inghilterra, dove stava partecipando all’incontro tra i primati della Comunione, il vescovo Curry afferma di avere detto ai suoi colleghi di non aspettarsi nessun cambiamento dagli episcopaliani. La loro massima istanza legislativa, detta Convenzione Generale, ha votato l’anno scorso in grande maggioranza l’autorizzazione alla benedizione del matrimonio omosessuale. Per tutta risposta, i leader anglicani hanno sospeso per tre anni la Chiesa Episcopaliana da ogni ruolo attivo all’interno della Comunione, che conta globalmente 85 milioni di fedeli, riducendola di fatto allo status di osservatrice.
“Ho detto loro in maniera diretta che non si parla di cambiare idea. Hanno capito che abbiamo preso una decisione, noi siamo così, ci siamo impegnati ad essere una casa di preghiera per tutti” dice il vescovo Curry, aggiungendo che la sua Chiesa ha deciso di operare per una maggiore accettazione delle relazioni omosessuali nell’ambito della Comunione, che essa rappresenta negli Stati Uniti. La maggioranza dei leader anglicani presenti all’incontro di Canterbury ha ribadito l’insegnamento secondo il quale il matrimonio può essere solamente l’unione tra un uomo e una donna.
“Noi siamo fedeli membri della Comunione Anglicana, ma secondo noi dovremmo trovare un modo migliore: credo davvero che faccia parte della nostra vocazione” afferma Curry. L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, leader spirituale della famiglia anglicana, aveva organizzato l’assemblea di Canterbury per cercare di evitare una rottura che da decenni incombe sulla Comunione su temi quali l’omosessualità e l’ordinazione delle donne.
Una spaccatura diventata più grande nel 2003, quando la Chiesa Episcopaliana ordinò come vescovo del New Hampshire Gene Robinson, gay dichiarato. Già allora i conservatori, guidati dai leader africani, avevano richiesto delle sanzioni nei confronti degli episcopaliani. Molti hanno preso le distanze da questa Chiesa e nel 2009 hanno dato vita a una denominazione alternativa, chiamata Chiesa Anglicana del Nord America. L’arcivescovo Welby non possiede l’autorità per accelerare la risoluzione del conflitto.
Nella dichiarazione rilasciata dopo l’incontro si afferma che l’approvazione del matrimonio omosessuale da parte della Chiesa Episcopaliana costituisce “un forte strappo con la fede e l’insegnamento” della maggioranza degli anglicani. Il risultato è che gli episcopaliani “non possono più rappresentare la Comunione negli incontri ecumenici e interreligiosi” e non possono né votare né partecipare a pieno titolo nei comitati anglicani. La dichiarazione include la condanna “dei pregiudizi e delle violenze omofobiche” e rifiuta la criminalizzazione dell’omosessualità, oggi comune nei Paesi africani.
“Per me è sempre una fonte di profonda tristezza il fatto che alcuni vengano perseguitati a causa della loro sessualità” ha detto l’arcivescovo Welby in una conferenza stampa: “Sono estremamente dispiaciuto per il dolore e le ferite causate dalla Chiesa ora e in passato e per l’amore che talvolta ci siamo ben guardati dal dimostrare”. Fuori, le manifestazioni per i diritti degli omosessuali: i dimostranti, tra cui molti africani, innalzano cartelli e cantano. “Siamo qui per parlare di esseri umani, persone reali dalla vita lacerata” dice Jayne Ozanne, eminente attivista LGBT anglicana.
Gli anglicani, che affondano le loro radici nella Chiesa d’Inghilterra, costituiscono il terzo maggiore gruppo cristiano nel mondo dopo i cattolici romani e gli ortodossi. La Chiesa Anglicana del Canada voterà in luglio il nuovo regolamento che permetterebbe il matrimonio omosessuale: se approvato, dovrà essere ratificato fra tre anni al prossimo Sinodo Generale. L’arcivescovo Fred Hiltz, presente all’incontro di Canterbury, dice che la sanzione comminata alla Chiesa Episcopaliana verrà presa in seria considerazione: “Ovviamente l’intera faccenda peserà parecchio sui partecipanti al Sinodo Generale. Se voteremo a favore del cambiamento nel canone dedicato al matrimonio, la cosa non sarà priva di conseguenze”.
Durante la conferenza stampa Welby ha sottolineato come l’incontro abbia scongiurato la rottura e il fatto che i leader anglicani “hanno affermato all’unanimità di volere che le Chiese della Comunione Anglicana camminino assieme”. Ha poi annunciato che l’incontro decennale di tutti i vescovi anglicani, la cosiddetta Conferenza di Lambeth, si celebrerà nel 2020; un annuncio dato in ritardo per dare la precedenza all’opera di unità tra le Chiese. Welby e Curry hanno affermato che non sono stati discussi i dettagli del processo di sospensione, né cosa succederà dopo i tre anni previsti, dopo i quali la Chiesa Episcopaliana dovrebbe riacquistare il suo status di membro a pieno titolo. Gli anglicani conservatori, riuniti nella Conferenza per il Futuro Globale Anglicano (Global Anglican Future Conference, GAFCON), affermano di approvare la sanzione contro la Chiesa Episcopaliana, preoccupati anzi perché troppo mite e perché non è stato chiarito a sufficienza quali saranno le conseguenze se la sua posizione sul matrimonio omosessuale non cambierà.
Testo originale: Episcopal leader: Church will not reverse gay marriage stand