La transidentità, questa parola sconosciuta ai vocabolari
Testimonianza di Téo pubblicata sul sito dell’associazione cristiana David et Jonathan (Francia), liberamente tradotta da Dino
Testimoniare su di sé non è una cosa facile… Non sempre su di sé si ha sufficiente distacco. Si vorrebbe dimenticare. Se si fosse potuto evitare quella cosa… Ancora spiegazioni?… Io sono trans. E allora? D’accordo, per fortuna non è una cosa comune. Visto da fuori: è una cosa che intriga, che pone interrogativi, è fuorviante, è ripugnante, richiama dei fantasmi… Ma noi trans, proprio come voi omosessuali, non abbiamo scelto, noi viviamo, ci gestiamo giorno per giorno, sogniamo un avvenire vivibile, socievole, noi collaboriamo, spieghiamo a noi stessi, spieghiamo agli altri, ci giustifichiamo, ci informiamo e informiamo gli altri, ci esponiamo a noi stessi e agli altri…Qualche volta esplodiamo, quando non riusciamo più a controllarci, quando non ci amiamo più, quando ci sentiamo rifiutati, scartati da una società formattata…
Penso di non essere nato così. Di chi è la colpa? Di cos’è colpa? Io non lo so. Non si sa. Chi sa? Nessuno sa… Voi lo sapete perché siete omosessuali?…
Mi è mancato un momento, un momento per i miei gusti troppo lungo per parlare, parlare del mio malessere, della mia diversità, mancanza di informazione, mancanza di specifiche competenze dell’ambiente medico e dell’ambiente psicologico. Oggi, con Internet, informarsi sull’argomento è fortunatamente una cosa molto più fattibile.
Come diversità, già il fatto di essere omosessuali non è semplice. L’essere transgender aggiunge degli altri specifici ostacoli da superare, da gestire, da risolvere. Il fatto di essere omosessuale non necessariamente risulta visibile sulla persona, invece quello di essere transgender si vede, è visibile… Allora, si deve o si dovrà combattere nei più piccoli dettagli della vita quotidiana, anche quelli che possono sembrare insignificanti, tanto più quando l’aspetto esteriore non concorda con i documenti di stato civile che spesso possono essere sostituiti. “… Ma non è lei, è un’altra persona!” “Ma sì, sono io. Adesso le spiego…” Talvolta è logorante!
In famiglia, avere un figlio omosessuale spesso provoca uno shock, uno scompiglio o un rifiuto più o meno temporaneo, un senso di colpa. Avere un figlio trans amplifica, spesso decuplica tutte queste situazioni a causa dei cambiamenti che ciò provoca, obbliga, impone. Piccola precisazione semantica utile: il concetto di identità di genere e quello di orientamento sessuale sono due cose diverse, ma gli stessi psichiatri non sempre lo sanno! Ecco la prova: è possibile avere un figlio trangender e allo stesso tempo omosessuale! Ma è fortemente consigliato nascondere questo orientamento sessuale a molti psichiatri se si vuole che essi prendano in mano le loro belle penne e firmino “l’attestato di transidentità”, prezioso lasciapassare per ottenere il semaforo verde che in Francia è quasi obbligatorio per effettuare un percorso ormonale e chirurgico.
Anche i percorsi sono diversi, secondo le diverse persone transgender. Prima di trovare se stessi, di trovare stabilità e di arrivare finalmente ad amarsi del tutto o solo un po’ di più, ci si impegna in un cammino che può essere breve o lungo, tranquillo o caotico, con sé o contro di sé, con gli altri o contro di essi. Durante questo percorso si ha spesso l’impressione di vivere finalmente un’adolescenza posticipata, un po’ più tardi degli altri. Un’adolescenza che, con questi sconvolgimenti fisici più o meno accettati o rifiutati, spesso non ha potuto essere vissuta in modo adeguato. Da adolescenti, quando non si rientra in determinate norme, in determinati casi, in determinati codici, tutto si complica e nascondersi a se stessi e a gli altri può sembrare il solo temporaneo percorso di vita, di sopravvivenza.
Della mia adolescenza, d’altra parte, non ho un ricordo positivo, troppo disagio, troppo malessere. Posso proprio affermare che sono sopravvissuto ad essa, anche se a mio avviso non c’era la certezza di riuscirci. Serve uno scatto, un incontro, un resoconto, un indirizzo, un ascolto beneaugurante che non giudica, che libera, che finalmente aiuta. Ma quanto tempo perso, quanto spazio di non-vita percorso… Certamente, il mio cammino mi ha permesso di incontrare persone che mai avrei avvicinato, dalle quali ho imparato sicuramente molte cose sull’essere umano. Ma questo non cancella le battaglie, le lotte con se stessi, contro di sé, contro la famiglia, la sensazione di essere sempre un po’ qui e un po’ là, un extraterrestre a volte non in sincronia con niente, le difficoltà a comunicare (conseguenza che attribuisco ad un troppo lungo momento trascorso senza poter dire Io, senza aver potuto far vivere questo Io).
Quanto a pensare all’eventuale possibilità di scoprire, di conoscere il sentimento amoroso, bisognerebbe aver potuto imparare ad amare e ad amarsi nonostante questa diversità. Fortunatamente per alcuni non è un ostacolo. Per fortuna alcune persone sono capaci di andare oltre la nostra transidentità, accettandoci come siamo, coi nostri corpi un po’ diversi, e ci amano. Alcuni trans costruiscono addirittura una famiglia e hanno dei figli, anche se in Francia non sempre noi transgender possiamo avere accesso alla procreazione medicalmente assistita. Ciò è tuttavia possibile se un nuovo ostacolo psicologico viene superato, eliminando così la nostra potenziale “pericolosità” per il futuro figlio.
Mi chiedevo come concludere. Passo nuovamente in rassegna il testo, lo rileggo. Dopo le solite correzioni, resta ancora un termine sottolineato in rosso perché sconosciuto nel dizionario del correttore di testi. Allora apro il mio dizionario cartaceo per verificare. Nemmeno lì compare. Questo termine: transidentità.
Bisognerà dirglielo!…
Testo originale (PDF): Le mot qui n’existait pas…