La minoranza dei reazionari che il papa non può cambiare
Articolo di Marco Marzano pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 31 gennaio 2016
Ogni comunità politica ha i suoi simboli e, tra questi, le sue canzoni: il movimento operaio aveva Bandiera Rossa e l’Internazionale, la Lega il Va pensiero, i fascisti Giovinezza, l’Ulivo “la canzone popolare”. Anche il Family Day di ieri ha avuto la sua colonna sonora, il suo brano-simbolo: si è trattato di Mamma, il brano reso noto da Beniamino Gigli, le cui note sono echeggiate nel Circo Massimo. È una canzone famosa ma che non si sentiva da tanto tempo. Comincia con la celebre strofa: “Mamma son tanto felice, perché ritorno da te”.
È un brano del 1940, un’epoca nella quale, in Italia, tra la politica e l’altare la sintonia era perfetta: le gerarchie e buona parte del popolo cattolico si sentivano infatti rassicurate dalla presenza a palazzo Venezia “dell’uomo della Provvidenza”, il cavalier Mussolini, che dopo un passato da furioso anticlericale si era pienamente persuaso dell’opportunità di porre fine alla “questione romana” e aveva stipulato un’intesa storica e duratura con la Chiesa italiana. Del tema in discussione nei prossimi giorni in Parlamento, quello delle unioni omosessuali, il Duce e la Chiesa avevano la medesima opinione: lo ritenevano qualcosa di disgustoso e di nemmeno concepibile.
Alla “famiglia naturale” composta da un uomo, una donna (e possibilmente una pletora di figli) che tanto sta a cuore ai partecipanti al Family Day di ieri il capo del fascismo guardava con grande sollecitudine e anche per questo si era guadagnato l’amore e il sostegno di Santa Romana Chiesa. Quello che non si meritano, secondo le masse del Circo Massimo, i tanti parlamentari di oggi pronti ad approvare la legge Cirinnà.
Dal palco gli oratori hanno ripetuto che il popolo del Family Day non dimenticherà, che al momento delle elezioni i manifestanti si ricorderanno di chi ha introdotto una legge ai loro occhi scellerata e criminale. Una minaccia che può essere serenamente ignorata. Non solo perché è praticamente scomparso dalla scena politica l’amico di sempre di questa gente, il garante principale di tutti i reazionari italiani, colui che tanto a lungo ha impedito l’approvazione in Italia di una legge sulle unioni civili, e cioè Silvio Berlusconi, ma anche perché l’Italia del Circo Massimo è tanto bellicosa quanto minoritaria e marginale.
Quanti di noi, di destra o di sinistra, sarebbero disposti a sottoscrivere frasi come quelle pronunciate durante la manifestazione: che l’Italia è un paese avanzato perché ha cancellato per ultima l’omosessualità dal novero dei reati o che il sesso non deve essere considerato un piacere ma una via per la riproduzione, che insomma, per citare il vecchio adagio “non lo fo per piacer mio, ma per dare figli a Dio”? Sono slogan da Italietta anni Quaranta, omofobica e sessista, adatti ad un Paese che non esiste più da tempo e che non ha nessuna chance storica di tornare d’attualità.
La Chiesa Cattolica ha scelto, come già in tante altre occasioni, di essere l’anima di questo movimento reazionario, di guidarlo culturalmente fornendogli argomenti culturali (o pseudo-tali) e soprattutto grande sostegno politico-organizzativo: l’incoraggiamento dei vescovi e la mobilitazione di molte associazioni e di tante parrocchie.
Una sconfitta su questo terreno in un Paese come l’Italia avrebbe, secondo molti di loro, una portata catastrofica a tutte le latitudini. Sta di fatto che di fronte al primo test concreto nel nostro Paese, la rivoluzione di papa Francesco si è dissolta come neve al sole: molti vescovi suoi fedelissimi hanno appoggiato con entusiasmo la manifestazione e le parole di sostegno al matrimonio tradizionale che lui ha pronunciato pochi giorni fa di fronte alla Rota romana sono state salutate dall’applauso caloroso della folla del Circo Massimo. Le voci di dissenso dentro la Chiesa sono in generale ridotte al minimo (ad esempio “Noi siamo Chiesa”) e completamente nulle ai vertici dell’organizzazione, tra i gerarchi.
Alla prova dei fatti, la presunta fine dell’epoca ruiniana dei valori non negoziabili (secondo i più seppellita dall’intervento del papa al convegno della Chiesa italiana a Firenze) si è rivelata una illusione. La Chiesa cattolica italiana sta ben arroccata sulle sue posizioni di sempre, all’interno del fortino assediato di coloro che resistono all’avanzamento dei diritti e delle libertà. A capo di quella parte del nostro popolo che, come Beniamino Gigli negli anni Quaranta, anche divenuto ormai grande, guarda alla mamma con eterno struggimento e nostalgia. Perché a diventare adulto proprio non ci riesce. E forse nemmeno vuole.