La lobby gay in Vaticano: mito o realtà?
Articolo di Francis DeBernardo pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 17 gennaio 2016, liberamente tradotto da Francesco
Verso la fine della settimana scorsa su internet, soprattutto su siti cattolici conservatori, continuava a saltar fuori una notizia: l’esistenza di una “lobby gay” in Vaticano sarebbe stata confermata dal cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga di Tegucigalpa, Honduras, il coordinatore del concilio dei nove cardinali consiglieri di papa Francesco.
Questa dichiarazione da parte del cardinale è stata rilasciata durante l’intervista con un giornale onduregno. (Qui per leggere la storia intera, in spagnolo.) In sostanza, il cardinale ha “confermato”, senza però fornire alcuna prova, l’esistenza di tale lobby in Vaticano. La cosa interessante, tuttavia, è che questa “conferma” sia avvenuta riferendosi ad alcuni commenti di Papa Francesco risalenti al 2013. Commenti che si erano rivelati – nel migliore dei casi – ambigui riguardo a tale lobby e – se analizzati ancora più alla lettera – mostravano come il pontefice stesse in realtà solo ironizzando a proposito di un’idea del genere.
Il sito Crux invece ci offre un contesto un po’ più ampio a riguardo: “Rodriguez Maradiaga ha parlato dello stato dell’arte in Vaticano sul giornale locale onduregno “El Heraldo”, confermando che, a suo parere, la presenza di una “lobby gay” all’interno della Curia Romana è un fatto reale. Con “lobby gay”, gli addetti ai lavori in Vaticano, e la stampa italiana più in generale, identificano una rete informale di omosessuali appartenenti al clero, residenti in Vaticano, che si supportano l’un l’altro e che hanno un elevato interesse nel mantenere i reciproci segreti e nell’aiutarsi a fare carriera. Giusto per rinfrescarci un po’ la memoria, quando nel 2013 fu chiesto a papa Francesco se avesse individuato questa rete di supporto fra omosessuali in Vaticano, la sua risposta fu: “Non ho ancora trovato in Vaticano nessuno che mi abbia mostrato una carta d’identità con sopra scritto “gay”… ma dicono ce ne siano”. Poco prima, durante una riunione informale con i leader degli ordini religiosi sudamericani, pare che il pontefice abbia affermato che avrebbe cercato di “capire cosa fare a riguardo” di tale lobby.”
Ma se tale lobby esiste, perché nessuno mostra le prove della sua esistenza? Dove sono i fatti? Mentre tutto questo è chiaramente materiale per titoli da prima pagina, il problema principale resta uno: che non c’è nulla a supporto di questa teoria.
Ora, non fraintendetemi. Come la maggior parte delle persone, presumo che ci siano degli omosessuali che lavorano in Vaticano. Ma se qualche cardinale ne è a conoscenza, perché non ne parla chiaramente? Perché accennare alla loro presenza solamente attraverso vaghe allusioni? E c’è un ulteriore problema quando un cardinale di questo calibro identifica esclusivamente una presunta “lobby gay”, ma non riconosce che altri gruppi con interessi particolari, basati su altre idee o caratteristiche, potrebbero esistere anche in Vaticano – così come qualsiasi altra organizzazione. Perché sottolineare solo una “lobby gay”?
La mancanza di prove riguardo alla presenza ed alle attività di omosessuali in Vaticano pare essere solo la prova della riluttanza a parlare di questioni riguardanti l’omosessualità in maniera realistica – caratteristica mostrata, sfortunatamente, da molti ministri della Chiesa. Il vero problema che questa storia dipinge, quindi, non è la presenza di gay in Vaticano, ma che i rappresentanti della Chiesa non sono in grado di parlarne in maniera aperta, sana e matura.
Un ulteriore problema di tutta questa storia è la diretta conseguenza del doppio utilizzo che viene fatto della parola “lobby”. Essa può essere usata, come descritto da Crux precedentemente, per indicare un network segreto di ecclesiastici omosessuali che si supportano l’un l’altro (in un altro articolo apparso su Crux, John Allen analizza questo specifico uso del termine). Oppure, nell’inglese americano, assume piuttosto la connotazione di “gruppo di persone che promuove un qualche tipo di programma”.
Per quanto riguarda il primo utilizzo di tale parola – cioè quando usata per descrivere una rete di persone – dovrei dire che se un tale network esistesse, esso sarebbe generato dall’omofobia istituzionale che le strutture e le politiche della Chiesa promuovono. Una parte così ampia delle alte gerarchie della Chiesa mostra un’immensa incapacità nel riconoscere e discutere il fatto che un buon numero di membri del clero siano essi stessi gay. Ma tale silenzio e segretezza danneggiano non solo i singoli individui interessati ma anche l’intera comunità. Infatti, tutto ciò fornisce un terreno fertile per la crescita di reti di protezione e supporto informali. In altre parole, se le gerarchie ecclesiastiche volessero purgare davvero ogni supposta lobby gay, dovrebbero eliminare innanzitutto il silenzio, la segretezza e l’omofobia dalla Chiesa.
Per quanto riguarda invece il suo secondo significato – un gruppo che si propone di promuovere un programma ben specifico – la prova migliore contro l’esistenza di tale lobby è che, nel caso esistesse, sta facendo un pessimo lavoro nel promuovere tale programma. Se davvero ci fosse una potente lobby gay in Vaticano, com’è che continuano ad arrivare commenti omofobici dai leader della Chiesa? Perché non esiste un programma sistematico per promuovere le questioni LGBT in Vaticano? Dov’era questa lobby quando Monsignor Krzysztof Charamsa, un ufficiale Vaticano, ha fatto coming out? Come mai non c’è mai stata nessuna dichiarazione da parte del Vaticano contro le leggi di criminalizzazione verso fenomeni e persone LGBT? In poche parole: dove sono i risultati di questa lobby?
Mi meraviglia sempre come certe persone pensino che le persone LGBT siano più potenti e influenti di quanto non mostri l’evidenza. Questo modo losco di argomentare una dichiarazione di questo peso mostra le classiche tattiche della teoria della cospirazione: inventa un nemico, che sia invisibile – sia chiaro – che si stia infiltrando dall’interno ma che non possa essere provato o confutato. Ciò non solo crea paura e sospetto, ma – peggio ancora – caratterizza il gruppo selezionato (gli omosessuali vaticani, e tutti gli altri di conseguenza) come malvagio, manipolatore e doppiogiochista. Le teorie complottistiche saltano fuori quando una parte in gioco in un dibattito (in questo caso, i cattolici che non vogliono il cambiamento) comincia ad avere la percezione di stare per finire gli argomenti. Si tratta semplicemente di una maniera per screditare la controparte nel dibattito e di un tentativo di fornire una spiegazione alternativa al perché si stia perdendo il dibattito – invece di basarsi sulla logica e sul discorso razionale. Tale meccanismo è stato utilizzato dall’antichità fino ai giorni nostri. Ce ne si potrebbe perfino prendere gioco, se non fosse per il fatto che può creare ingenti danni, dato che alcune persone – alla fine – ci crederanno.
La nostra Chiesa ha bisogno di molti, moltissimi miglioramenti in materia di ministero verso le persone LGBT e di giustizia. Discutere di questa falsa pista porta lontano anni luce dall’avere un confronto serio sui veri problemi. Speriamo, e preghiamo, che al contrario i leader della Chiesa decidano di iniziare un dibattito aperto e sano sulle questioni LGBT insieme a tutti i membri della Chiesa, inclusi specialmente il loro fratelli del clero.
Testo originale: Vatican Gay Lobby? Really?