Un esempio di riconciliazione. Il Vescovo cattolico Rozanski chiede perdono alle persone LGBT
Articolo di Bob Shine pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 13 febbraio 2016, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
In una lettera pastorale pubblicata il Mercoledì delle Ceneri, un vescovo cattolico ha chiesto perdono a coloro che sono stati feriti ed emarginati dalla Chiesa Cattolica, inclusi gay e lesbiche. Il vescovo Mitchell Rozanski di Springfield, Massachusetts (USA), ha indirizzato il suo messaggio quaresimale a quanti sono fuori dalla chiesa, così come ai cattolici della diocesi. Scrivendo dell’anno giubilare della misericordia in corso, il vescovo ha dichiarato che avrebbe dovuto “per prima cosa scusarsi e chiedere perdono” prima di chiedere altro ai lettori della missiva. Tra tutti quelli a cui Rozanski chiede scusa ci sono:
“[Quelli] che si sono allontanati perché non si sentivano benvenuti. Le ragioni possono essere differenti, ma quelle più importanti sono le differenze culturali e razziali, l’ineguaglianza di genere come quella dell’orientamento sessuale.”
Il vescovo ha ammesso che molti cattolici sono offesi “dalle sofferenze causate dai nostri errori passati come diocesi, come anche dalle gravi azioni di qualcuno che hanno servito nella nostra chiesa.”
Rozanski chiede anche perdono alle vittime degli abusi sessuali del clero, la prima richiesta formale di perdono della diocesi, e a coloro le cui parrocchie sono state chiuse durante le recenti soppressioni.
La richiesta di perdono del vescovo Rozanski ai gay e alle lesbiche è un progresso, in particolare quando si considera che egli ha duramente criticato il matrimonio omosessuale nell’agosto del 2014. Come vescovo di nuova nomina in un o stato americano che ha legalizzato il matrimonio gay già da una decina di anni, Rozanski ha dichiarato ad un giornalista che l’uguaglianza del matrimonio gay ha contribuito alla disgregazione della società, come il crimine e l’abuso di sostanze.
Perciò come dobbiamo valutare le scuse del vescovo Rozanski?
L’ammissione che i cattolici LGBT, le loro famiglie e molti altri nella chiesa abbiano sopportato un’intensa e dolorosa emarginazione, è un primo passo che molti leader cattolici non possono o non vogliono fare. In questo senso, questo è un progresso decisivo sul quale si possono costruire ponti e ci si può riconciliare.
Ma questa richiesta è solo un primo passo. Adesso il vescovo Rozanski incoraggerà una pastorale parrocchiale LGBT? Le chiese ospiteranno workshop educativi sulla questione dell’identità di genere? Rozanski lavorerà ancora contro l’uguaglianza per le persone LGBT nell’arena civile come ha fatto in passato? Se la lettera non è sostenuta da azioni concrete che ripristinino relazioni giuste e perseguano la riconciliazione, le scuse suoneranno a vuoto.
Tuttavia c’è un terzo punto di vista che ho trovato notevole nella lettera. Michael O’laughlin di Crux spiega: “Il tono della lettera è dettato da un questionario che la diocesi ha distribuito lo scorso autunno che ha ottenuto più di 3.000 risposte sia da parrocchiani praticanti, sia da persone al di fuori della Chiesa”, ha dichiarato Rozanski. “Molte risposte mostrarono preoccupazione per la Chiesa, ma anche il desiderio di ristabilire il contatto con la fede cattolica”.
“L’indagine ha incluso anche i commenti di cattolici LGBT che sono impegnati nella fede, ma si sentono alienati dalla lunga battaglia della Chiesa contro l’estensione del riconoscimento legale per il matrimonio omosessuale… la posizione della Chiesa non è cambiata”, ha detto Rozanski, “ma ha incluso parole di benvenuto nella lettera pastorale nella speranza di riportare indietro quei cattolici.”
Rozanski ha ammesso che c’è “molta verità in queste oneste riflessioni” presentate dal sondaggio, citandone diverse nella sua lettera pastorale, inclusa questa di uno degli intervistati:
“La comunità gay sente di non essere la benvenuta. Non vogliono sposare un’altra religione; comunque non vanno affatto in chiesa. Si spera che per loro si possa fare uno sforzo speciale.”
Rozanski riconosce anche che molti sforzi per la Nuova Evangelizzazione non sono sostanziali rinnovamenti ma espedienti stilistici. Quando i cattolici emarginati ritornano, non trovano nulla di realmente cambiato e, per questo, il vescovo conclude:
“Comprensibilmente questo è un compito arduo, ma è uno di quelli che dobbiamo impegnarci ad intraprendere. Dobbiamo prendere i luoghi delle nostre comunità parrocchiali, dove la gente vuole pregare, incontrare Gesù, e formare una comunità. Dobbiamo mettere l’amore di Dio come prima cosa in tutti i nostri sforzi. Dobbiamo camminare oltre i nostri confini parrocchiali, senza paura, per dimostrare che la fede che celebriamo nella liturgia prende forma nella realtà del mondo che ci circonda.”
Questo sforzo di raggiungere in realtà è difficile se fatto correttamente. Il dialogo richiede che tutte e due le parti siano vulnerabili, che siano aperte per ricevere critiche e agiscano di conseguenza alla critica. Spesso il clero cattolico ed anche le comunità locali non hanno la volontà di farlo.
Ma il modello usato in questa lettera – di sollecitare una reazione dai cattolici locali, inclusi quelli che si sono allontanati o non praticano e poi rispondere ad essa – è un passo in avanti. È in linea con lo stile pastorale di papa Francesco. È un modello che ogni vescovo dovrebbe replicare nella sua diocesi: ascoltare, discernere, chiedere scusa, rispondere.
La quaresima è un tempo perfetto per pentirsi ed allontanarsi dal peccato, come quelli di esclusione e pregiudizio. Possano questi quaranta giorni portare molti vescovi a fare come il vescovo Rozanski – e possano arrivare molte lettere come questa il prossimo Mercoledì delle Ceneri – e anche prima – come frutto di quest’anno della misericordia.
Testo originale: Bishop’s Letter of Apology Is a Model for Catholic Reconciliation