La Chiesa cattolica e l’omosessualità: una sorprendente intervista con l’abbé Gravel
Un tempo esponente del Blocco del Quebec (Canada) e militante progressista di lungo corso, l’abbé Raymond Gravel mi si è presentato davanti tale e quale a come l’ho sempre visto in televisione, cioè semplice e cordiale al tempo stesso. E’ la prima volta che lo incontro, ma ci siamo intesi come se fossimo già stati vecchi amici.
Da barista a sacerdote
Per cominciare, gli ho chiesto di parlarmi del suo percorso religioso (dopo tutto, un prete con idee di sinistra non è banale !). Mi ha raccontato che, come la maggior parte della gente del Quebec, proviene da una famiglia cattolica.
Dopo l’infanzia, le questioni religiose lo hanno interessato al massimo grado. Interrompendo gli studi per mancanza di interesse, ha lavorato per un certo periodo presso una banca.
Comunque, non era quella la sua vocazione: Dio gli aveva riservato un altro destino. Per cui, decise di lasciare l’impiego per iscriversi alla facoltà di Teologia dell’Università di Montréal.
Per sostenere i costi dovuti agli studi, si mise a lavorare come barista al ‘Limelight’, un vecchio bar gay nel centro di Montréal. Gli studi terminarono con successo e giunse al sacerdozio. Dopo un passaggio al Grand Séminaire di Montréal, venne ordinato sacerdote nel 1986.
I progressisti devono cambiare l’istituzione
Di primo acchito, gli domando perché abbia deciso di operare in seno ad una istituzione così retrograda qual è la Chiesa cattolica. Ci pensa su per qualche momento.
In effetti, dal suo punto di vista, facendo il bilancio dei benefici e dei misfatti derivati dal cattolicesimo, sarebbe il caso di considerare di più la parte buona, e di parecchio !
D’altra parte, pensa (e non gli diamo certo torto !) che attualmente la Chiesa stia attraversando uno dei periodi più oscuri della sua storia.
Ed è appunto per questo motivo che ritiene essenziale che i progressisti si impegnino per questa istituzione e non la abbandonino nelle mani dei reazionari. “Altrimenti – aggiunge – il clima teso darà ragione alla destra religiosa, che sarà intransigente !”
Avere il diritto di amare e di essere socialmente riconosciuti
Dopo l’avvio del nostro colloquio, una domanda scottante mi faceva fremere:”Che cosa ne penserà del matrimonio gay, lui, prete cattolico ?”
La sua risposta arrivò chiara e molto ben definita:”Sul piano civile, la Chiesa non ha nulla da dire in particolare sul matrimonio tra coniugi dello stesso sesso. Gli omosessuali, come tutte le persone eterosessuali, hanno il diritto di vivere pienamente il loro amore e di essere socialmente riconosciuti”.
Poi, con un sospiro che la dice lunga, aggiunge:”Per fortuna, lo Stato (ndr Canadese) riconosce dignità alle persone omosessuali !”. Ribatto con la delicata questione della omogenitorialità. Secondo lui, è una cosa eccellente!
D’altra parte, non esita a dichiarare che “i figli di coppie gay sono studenti perfino migliori di quelli dei genitori etero. E, contrariamente a quanto pensa la gente, l’omosessualità non si trasmette con l’educazione”.
Quindi cita uno studio belga, che stima che i figli delle coppie omosessuali sono molto equilibrati e acquisiscono anche una notevole attitudine alla tolleranza e all’apertura mentale, in misura migliore dei figli di coppie tradizionali.
Ipocrisia istituzionalizzata
Francamente, sono entusiasta ! Che un sacerdote cattolico si esprima con tale franchezza, buon senso e saggezza mi fa sognare… D’altra parte, le sue posizioni non sono forse molto distanti dalla dottrina ufficiale ?
“La Chiesa fa un doppio discorso sull’omosessualità” – puntualizza.”Da una parte, afferma che si deve evitare la discriminazione nei confronti delle persone omosessuali; dall’altra, favorisce essa stessa questa medesima discriminazione !”.
Si sente che l’ipocrisia delle autorità vaticane lo esaspera. Quindi si mette a parafrasare San Giovanni Crisostomo, uno dei Padri della Chiesa, che svergognava quei vescovi che indossavano abiti sontuosi tutti ricamati in oro e che storcevano il naso davanti ai mendicanti che chiedevano l’elemosina presso le porte delle immense cattedrali: ”Non è di calici d’oro che abbiamo bisogno, ma di cuori d’oro !”.
Il suo entusiasmo mi ha fatto venire in mente un altro Padre della Chiesa, Sant’Agostino. Cosa ne pensa il nostro abate di questa bella frase, che potrebbe, da sola, riassumere la posizione di tutti i cristiani GLBT: ”Ama e fai ciò che vuoi” ?
Ai suoi occhi, non si dovrebbe mai giudicare una persona sulla base del suo orientamento sessuale. Solo l’amore è importante, perché “l’amore è puro e di per sé dona la vita e nutre le persone”.
Per una Chiesa più giusta e fraterna
Davanti a religiosi sempre più vecchi e a chiese sempre più vuote, quale futuro intravede per il cattolicesimo ? Innanzi tutto, insiste sulla necessità di costruire una Chiesa più giusta e più fraterna.
“Sento l’urgenza che si liberino le persone, che si presenti loro il messaggio evangelico in tutta la sua essenza, cioè un messaggio di amore incondizionato!”.
Per concludere la mia intervista con una nota un po’ più leggera, gli domando se ritiene che San Sebastiano potrebbe essere un buon santo patrono per la comunità GLBT. A quel punto, il suo sguardo si illumina.
Mi parla con entusiasmo di un magnifico quadro raffigurante appunto il santo, visto durante un suo viaggio a Roma; lo descrive esaltandone il fascino ed elogiandone la sensualità.”Sì, sì – aggiunge, mentre un sorriso complice gli illumina il viso, San Sebastiano sarebbe uno splendido santo patrono!”.
Testo originale: L’Église catholique et homosexualité: une entrevue surprenante avec Gravel