L’Arcivescovo di Malta ammette di aver sbagliato nell’aver sostenuto le terapie riparative
Articolo di Bob Shine pubblicato da Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 1 marzo 2016, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Il massimo prelato di Malta riconosce che i leader cattolici erano in errore quando hanno rilasciato una controversa dichiarazione che si opponeva al disegno di legge mirante a proibire le terapie riparative nella nazione insulare. Intervistato dal quotidiano Times of Malta l’arcivescovo Charles Scicluna afferma che non avrebbe mai “rilasciato quella dichiarazione” se avesse saputo ciò che sa oggi.
Il disegno di legge, intitolato Difesa dell’orientamento sessuale, dell’identità e delle espressioni di genere, mira a “proibire le terapie riparative condotte da professionisti”, in particolare “sulle persone vulnerabili” come minori e disabili. Se il disegno di legge verrà approvato i professionisti, come gli psicoterapeuti e i ministri di culto, e i non professionisti rischieranno multe e il carcere se pubblicizzeranno o metteranno in atto terapie riparative. La dichiarazione ufficiale dei vescovi maltesi ha attirato forti critiche, in particolare per aver affermato che il disegno di legge avrebbe favorito l’omosessualità e per aver collegato l’orientamento omosessuale alla pedofilia. Gli attivisti LGBT e alcuni membri del governo si sono affrettati a condannare le otto pagine del documento.
Drachma LGBTI e il suo Gruppo Genitori, le maggiori organizzazioni LGBTI cristiane del Paese, hanno definito il documento in questione un’occasione mancata per costruire ponti, come riporta il quotidiano The Independent. I due gruppi hanno rilasciato una dichiarazione che afferma che “le persone LGBTQI che vivono questa realtà” avrebbero dovuto far parte degli esperti consultati dai vescovi: “Sarebbe stato giusto che la Chiesa dialogasse con noi su questo delicato argomento, soprattutto dopo il suo significativo gesto di alcuni mesi fa, quando un membro di Drachma è stato invitato a far parte della commissione che ha preparato la dichiarazione a proposito del disegno di legge sugli embrioni e a tenere una conferenza su questioni LGBTIQ al Collegio dei Parroci. […] Ci aspettavamo che la Chiesa non perdesse questa opportunità di costruire un ponte con la comunità LGBTIQ dicendo chiaramente di essere contro le terapie riparative, anche se ci sono alcuni elementi nel disegno di legge che andrebbero approfonditi”. I due gruppi affermano che la Chiesa dovrebbe chiedere perdono a chi ha subito le terapie riparative e dovrebbe riconoscere i forti danni, anche spirituali, provocati alle vittime.
Il primo ministro maltese Joseph Muscat afferma di opporsi “al concetto che l’omosessualità sia una malattia o equivalente alla pedofilia”, come riporta il sito Gay Star News. Helena Dalli, ministro del dialogo sociale, dei consumatori e delle libertà civili e patrona del disegno di legge, afferma che la dichiarazione della Chiesa “è basata su false premesse”, come riporta il bisettimanale Malta Today. Mark Josef Rapa di We Are (Noi siamo), un’organizzazione di giovani LGBTQI, ha detto a The Independent che non si aspettava un simile documento, che mostra come i leader della Chiesa credono ancora “che l’omosessualità si possa curare”. Il Movimento Maltese per i Diritti Gay (MGRM) afferma, in una dichiarazione riportata dal Times of Malta, che il disegno di legge non fa altro che “assicurare che ogni persona, indipendentemente dall’orientamento sessuale, dall’identità e dall’espressione di genere, venga trattata con equità”. Il Movimento fa notare “il serio pregiudizio verso le persone bisessuali” nel documento della Chiesa, il quale suggerisce che tali persone abbiano difficoltà a mantenersi monogame.
Come se non bastasse, il documento afferma che il disegno di legge porta avanti “una discriminazione fondamentale e manifesta”, in quanto apparentemente permetterebbe alle persone eterosessuali le terapie riparative per diventare gay o bisessuali. Secondo la dichiarazione, stesa da teologi e giuristi maltesi, il disegno di legge ignora “le aree grigie di orientamenti sessuali complessi” e pregiudicherebbe chi cerca di “prevenire le sue inclinazioni omosessuali” per rimanere celibe/nubile o favorire un matrimonio eterosessuale; la dichiarazione, inoltre, azzarda una sottile critica della legge maltese sull’identità e l’espressione di genere e le caratteristiche sessuali, approvata nel 2014 e considerata una pietra miliare per la protezione delle persone transgender in Europa.
Di fronte a tante critiche provenienti da ogni dove, l’intervista dell’arcivescovo Scicluna contiene l’ammissione, degna di nota, che la Chiesa avrebbe dovuto intervenire nella questione in modo diverso: “Ogni terapia riparativa che obblighi qualcuno ad andare contro le sue decisioni o le sue scelte di vita è una cosa inammissibile – inammissibile – e voglio che questo sia assolutamente chiaro”. Invitato ad approfondire la sua posizione, monsignor Scicluna ha affermato che, se gli esperti dicono che tali terapie sono “del tutto dannose, allora dovrebbero essere evitate”.
Ha poi aggiunto che, essendo un tema sensibile dal punto di vista pastorale, l’approccio degli esperti avrebbe dovuto essere “meno tecnico e più pastorale”. In retrospettiva, la Chiesa “non avrebbe proprio dovuto rilasciare quel documento […] L’esperienza mi ha insegnato che, quando si discute una legge, non basta contribuire al dibattito mettendo in campo degli esperti: bisogna tenere conto anche dell’impatto sull’emotività della gente e di come questa recepirà il documento”.
Monsignor Scicluna si è assunto la responsabilità del documento, proveniente dal vertice della Chiesa maltese e da lui approvato. La dichiarazione, come riporta il Times of Malta, afferma che il disegno di legge negherebbe “il diritto di ricevere un trattamento psicologico” agli adulti consenzienti. Quando gli è stato chiesto se la commissione di esperti che ha preparato il documento avrebbe dovuto includere “qualche rappresentante della comunità omosessuale”, l’arcivescovo ha risposto: “Sarebbe stato di enorme aiuto coinvolgere i membri di Drachma nella preparazione della dichiarazione, avendo essi già contribuito validamente ad altri documenti. Quando l’ho chiesto al professor [Emanuel] Agius [membro della commissione di esperti], questi ha risposto che avremmo potuto e dovuto farlo, come abbiamo fatto per altre dichiarazioni presentate in tempi recenti”. Monsignor Scicluna ha ammesso che il documento è nato male ed è errato nell’approccio, se non nella sostanza, e ha rinnovato la sua disponibilità al dialogo con le persone LGB: “Sento però che devo costruire ponti con la comunità omosessuale, che ritiene il nostro linguaggio troppo tecnico, troppo freddo e distante […] Voglio rassicurarli sul fatto che siamo fermamente contrari alle terapie riparative perché crediamo, come loro e come il governo, che vadano contro la dignità umana. […] Non siamo d’accordo con chi crede che le persone omosessuali siano malate […] Queste sono etichette che le sminuiscono. E certamente non facciamo collegamenti tra loro e la pedofilia”.
Commentando il Giubileo della Misericordia inaugurato da papa Francesco, l’arcivescovo ha ammesso che nella storia della Chiesa “le nostre azioni e il nostro linguaggio non sono sempre stati inclusivi”: questo anno porta con sé “un messaggio di compassione e inclusione” che deve guidare gli sforzi della Chiesa. Monsignor Scicluna ha riaffermato il suo desiderio di dialogo e di collaborazione, descrivendo il suo stile di ministero cristiano come “molto collegiale” e dicendo di preferire consultarsi con dei consiglieri e intavolare discussioni prima di prendere le sue decisioni. È ancora più importante il fatto, evidente in questa vicenda, che il prelato abbia l’abitudine di tornare sulle sue decisioni e di modificare quelle rivelatesi inefficaci o scorrette. Monsignor Scicluna ha anche parlato del ruolo della Chiesa Cattolica nello spazio pubblico e della sua guida aperta e franca della Chiesa maltese: la gente apprezza una Chiesa impegnata nella società, ma questa stessa Chiesa deve “accettare di essere una voce in mezzo a molte altre” perché sta “in una società pluralistica”. I leader ecclesiastici non possono pretendere di avere l’ultima parola su tutto; l’ambiente democratico richiede “la capacità di discutere con rispetto e di non prendere nulla sul personale”.
L’intervista al Times of Malta, che merita di essere letta per intero, continua parlando del cammino dell’arcivescovo riguardo le questioni LGBT. Si oppone fortemente al matrimonio omosessuale e, prima che il governo maltese approvasse le unioni civili, disse no alla legge assieme al vertice della Chiesa. Nello stesso tempo, però, chiese scusa alle lesbiche e ai gay le cui vite erano state rese ancora più difficili dalla Chiesa. Tra le altre cose, ha difeso l’amore che può esistere tra partner dello stesso sesso, dicendo in una intervista che “L’amore non è mai un peccato. Dio è amore”. L’arcivescovo rifiutò di punire un sacerdote domenicano che aveva benedetto gli anelli di una coppia omosessuale, esortandolo invece a continuare il suo ministero con le persone LGB ma di farlo nel rispetto dei riti della Chiesa così come essa li pratica oggigiorno.
L’atteggiamento generalmente positivo dell’arcivescovo convinse il Movimento Maltese per i Diritti Gay a conferirgli nel 2014 il Premio della Comunità LGBTI, rifiutato dall’allora vescovo ausiliario in quanto non vuole riceve premi o onorificenze solo perché “ho fatto il mio dovere di Vescovo”. Lo stesso anno partecipò alla Giornata Internazionale Contro l’Omofobia. Le sue ultime dichiarazioni sul disegno di legge e sul suo episcopato lo faranno apprezzare ancora di più dalle persone LGBT. I leader della Chiesa maltese hanno proposto al governo e al pubblico una presa di posizione sull’omosessualità non troppo diversa da quella di altri vescovi: per questo motivo hanno ricevuto forti e persistenti critiche da molte voci di questo Paese così cattolico. La chiave dell’episodio è la profonda umiltà che sta alla base del ”Vescovo Francesco” che monsignor Scicluna sembra esemplificare, disponibile ad ascoltare ed imparare, a riconoscere i suoi errori, a cercare la riconciliazione, ad essere più a suo agio della maggior parte dei vescovi con le complessità della vita. Un rimpianto da lui espresso nell’intervista è di non avere ancora programmato visite pastorali. Il venerdì, secondo lui, “il vescovo deve stare dov’è la sofferenza e io non sono riuscito a farlo”. Sembra sapere che c’è molta sofferenza ai margini della Chiesa e della società. Spero che l’arcivescovo Scicluna passi molti venerdì a coltivare relazioni e costruire ponti con le persone LGBT e i loro cari, perché errori pastorali come la dichiarazione sulle terapie riparative non avvengano più in futuro.
Testo originale: Archbishop Admits Church’s Mistake in Supporting Reparative Therapy