Dalla Birmania una lezione di non violenza
Articolo di Stella Pende tratto da Donna Moderna del 10 ottobre 2007, p.49
In Birmania dove, da anni, impera una feroce dittatura militare, monaci scalzi, donne e ragazzi hanno affrontato disarmati i fucili dell’esercito per chiedere libertà e giustizia. Un popolo povero e gentile ci insegna a noi, distratti credenti, che la voglia di libertà e di pace è un’arma più forte degli eserciti dei dittatori.
Cosa può accadere di più a Rangoon? Le sue strade sono state rosse come il fiume dei monaci affamati di pace che le ha invase. Come il sangue di quei fanciulli bambini, color zafferano, che hanno guardato in faccia la morte e i facili dei generali.
Uno in particolare. Aveva 12 anni. Forse 13. L’incanto dell’ingenuità sulla faccia. Stava appoggiato a una macchina sorridendo come se dormisse. Invece aveva il cranio fracassato da una pallottola.
Era tempo che non si vedeva, che non si sentiva così forte, il senso di appartenenza a una lotta gentile, nobile e sacra.
Nella protesta contro il regime militare dei generali che da decenni con brutalità tortura poveri e cittadini birmani, c’è tutta la forza e la voglia della libertà che ognuno di noi dovrebbe covarsi dentro. C’è tutto l’insegnamento e l’esempio che il popolo birmano e i suoi monaci ci mandano dalla loro terra povera. Ma illuminata.
La rivoluzione vera è la pace, urlano i fanciulli santi coi vestiti rossi e i loro amici. E se uno e se cento di loro cadono sull’asfalto, il fiume della protesta non si ferma.
Non si secca «Il flusso dei nostri desideri di democrazia non può essere asciugato dalla barbarie dei signori della forza» ha detto, esile e meravigliosa, la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, in carcere da troppi anni. Ha incontrato l’inviato dell’Onu Gambari, che dovrebbe negoziare con i militari. Ma la situazione rimane molto grave.
Se la protesta è cominciata a causa dell’aumento impazzito del prezzo del carburante e dei beni che sfamavano il popolo, oggi la rivolta assume aspetti politici e sociali. Il popolo ha fame. Uomini, donne e bambini birmani vivono con due dollari al giorno.
Tra gli attivisti arrestati ci sono leader studenteschi come Min Ko Naing e Ko Ko Gyi, che guidarono la rivolta nel 1988.
Ma quello che la nuova protesta ha fatto sbocciare è il coraggio delle dorme. Militanti belle e benedette come Su Su Nway, che difende oggi chi lavora Ma anche la sua amica Phyu Phyu Thin, che con fierezza difende le bambine dall’Aids.
«La pace è il sogno del buono. La pace è il sveglio del mondo» sta scritto sui brandelli di seta che i ragazzi delle manifestazioni sventolano. La pace vincerà la guerra E anche se tale pensiero, “inutilmente romantico”, farà sorridere i cultori di violenze e i registi di stragi moderne, mi sento di dire che saranno loro, che devono essere loro a vincere.
Ma se ancora una volta la povertà e la purezza dovranno soccombere, i monaci birmani e la loro soavità hanno vinto comunque il loro sogno.