Loving story. Il matrimonio che abbattè il razzismo
Articolo di Giovanni Morandi pubblicato sul Blog Contromano di QN il 14 marzo 2016
A Central Point, una cittadina piuttosto povera della Virginia (Stati Uniti), c’è ancora la loro casa in legno. Isolata, lungo la strada con dietro i campi. Mildred e Richard avrebbero voluto viverci in tranquillità e senza diventare due eroi destinati a cambiare il mondo. Ma così andò.
Nel 1958 Mildred aveva 18 anni ed era una bella ragazza di colore, lui Richard invece ne aveva 24 ed era un bel giovanotto bianco. Lei rimase incinta e poiché in Virginia erano vietati i matrimoni tra bianchi e neri decisero di andare a sposarsi a Washington dove invece era consentito. Ma era una ingiustizia che a Richard non andava giù. Amava correre con l’auto, ne aveva una truccatissima, faceva il muratore, un uomo semplice, felice di avere una donna da amare.
Di avere anzi la sua donna. Chiedeva solo di vivere in pace a casa sua, del suo lavoro, non gli interessava la politica, non capiva perché in un sondaggio dell’Istituto Gallup, fatto proprio nel ’58, solo il 4 per cento degli americani accettasse il matrimonio interraziale. Tornarono da Washington a Central Point e subito qualcuno avvertì lo sceriffo della Contea di Caroline. Arrivarono gridando di notte, come facevano quelli del Ku Klux Klan. Con le torce, lo sceriffo e i suoi uomini sfondarono la porta e le finestre della casetta e piombarono in camera da letto sperando di trovarli a fare l’amore, circostanza che sarebbe stata un’aggravante perché flagranza di reato.
INVECE Richard e Mildred Loving, questo era il romantico cognome della coppia, stavano dormendo e aspettandosi quella sorpresa avevano perfino appeso alla parete del capezzale del letto il loro certificato di matrimonio. Documento che nel processo venne usato dall’accusa come prova della «turbativa alla pace e alla dignità sociale a causa della loro convivenza come marito e moglie». Scattò, ovvia, la condanna: un anno di carcere. Il 6 gennaio 1959 il giudice della Virginia, Leon Bazile, motivò così la sentenza: «Dio Onnipotente ha creato le razze, bianca nera gialla rossa e le ha distribuite in continenti diversi. Il fatto di averle tenute separate dimostra che non voleva si mescolassero».
POI LA PENA fu commutata in confino. I Loving (con il bambino) andarono nel distretto di Columbia. Vi trascorsero cinque anni e fu di nuovo il senso frustrato e innato per la giustizia associato ad una gran nostalgia per la casa che spinse i Loving ad appellarsi di nuovo ai giudici e ad affidarsi all’iniziativa dell’American civil liberties Union che tornò all’attacco intentando causa allo Stato della Virgilia per violazione dei diritti umani giudicando incostituzionale la legge contro i matrimoni interraziali. Comincia il processo.
IL CASO cresce sulla stampa ma i Loving si tengono da parte, rifiutano interviste e servizi fotografici, non si presentano in aula. Il loro avvocato Bernard Cohen si limita a leggere alla corte un biglietto che gli ha passato Richard. C’è scritto: «Signor Cohen dica alla Corte che amo mia moglie ed è ingiusto che io non possa vivere con lei in Virginia».
Solo dopo molte insistenze la rivista “Life” riesce a mandare dai Loving uno dei suoi grandi fotografi, il sudafricano Grey Villet. Era capace di fare foto che parlavano, che facevano confessare chi finiva nel suo obiettivo. Ma l’opinione pubblica era seriamente contraria ai matrimoni misti e quella volta “Life” ci andò con i piedi di piombo nella selezione delle immagini. Quelle più belle le scartò. Fece un migliaio di scatti, selezionò un centinaio di foto e le inviò al giornale.
In redazione scelsero le più freddine tant’è che poi a New York hanno fatto una gran mostra fotografia sul caso Loving con gli scatti più belli di Villet, dove si vede questa coppia tipica americana, lei una bella donna, lui il cassico cow boy in jeans, camicia a scacchi e cappello a tesa lunga sulla testa rapata. Sono foto in cui si vede quello che sono: due esseri che si amano e non chiedono altro che potersi amare. Ci sono anche foto dei figli, che il procuratore della Virginia aveva definito «vittime e martiri dei genitori». In quelle foto ridono, giocano con il papà, insomma sono la più sonora smentita di quel che di loro avevano detto in tribunale.
IL 12 GIUGNO 1967 il presidente della corte suprema degli Stati Uniti, Earl Warren, con l’unanimità della corte sentenziò che «il matrimonio è uno dei diritti fondamentali dell’uomo e la libertà di sposare o no una persona di un’altra razza risiede nell’individuo e non può essere violata dallo Stato». Concetto che sarà ripreso dalla Corte Costituzionale nel luglio del 2015 per affermare come «diritto fondamentale» il matrimonio tra persone dello stesso sesso.
NEL 2007, ovvero a 68 anni Milred partecipò ad una manifestazione in favore dei matrimoni omosessuali. Disse: «Sono orgogliosa di aver contribuito a difendere la famiglia basata sull’amore fra bianchi neri, giovani e vecchi, gay o etero. Tutti devono avere la libertà di sposarsi», concluse quella nera dai capelli bianchi, che per amore si chiamava Loving. Sulla sua storia sta per uscire un film del regista Jeff Nichols, quello di “Mud”. Richard e Mildred ebbero tre figli, due maschi e una femmina, di tutta la famiglia resta solo lei, Peggy. Richard morì a 42 anni travolto da un automobilista ubriaco. Mildred l’anno dopo quella manifestazione, a 69 anni, di polmonite.