L’omosessualità, la storia della chiesa e i modi creativi di confrontarsi con le differenze
Testimonianza del Vescovo anglicano Nicholas Holtam (Inghilterra) tratta dalla guida “Christian Role Models for LGBT Equality” (Modelli cristiani di comportamento per l’uguaglianza LGBT), edita da Stonewall (Inghilterra), dicembre 2016, p.11, liberamente tradotta da Laura C.
“Mi hanno detto: il tuo punto di vista non è biblico, ma io penso che lo sia profondamente”. Nicholas Holtam è il vescovo di Salisbury (Inghilterra) ed ex vicario di due parrocchie nel centro di Londra. Ha insegnato e pubblicato sui temi dell’etica cristiana, della missione e del ministero, oltre che sul ruolo delle parrocchie. È sposato, ha sei figli, e ha parlato in favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Sono cresciuto in una famiglia della zona nord di Londra, che accettava le persone per come sono. I miei genitori avevano un particolare talento nell’accogliere ogni tipo di persone, alcune delle quali erano, anche dal punto di vista di un giovane, piuttosto complesse e difficili. Avevano un forte senso della cordialità e non avrebbero mai escluso nessuno in base al genere, la razza, l’età, ecc. Penso che le mie idee vengano dalla loro accoglienza nei confronti di tutti. Oggi è chiaro a tutti quanto il razzismo e il sessismo siano offensivi. Come società siamo molto ambivalenti nei confronti dell’orientamento sessuale, ma in Gran Bretagna siamo arrivati ad un punto in cui a livello legale abbiamo quasi risolto la questione e questa mi sembra una cosa molto buona. È una questione di giustizia. Le mie opinioni vengono dalla mia famiglia, ma sono anche profondamente legate alla mia fede.
Se penso al mio percorso, negli anni in cui mi preparavo al sacerdozio c’era una visibile minoranza gay tra di noi. Nella società e nella Chiesa, le persone erano piuttosto discrete e non si parlava di sessualità come oggi. Da vicario avevo un collega che era omosessuale e aveva una relazione; parlava molto apertamente di chi era e della persona con cui viveva ed era pienamente accettato da tutta la nostra parrocchia della zona est di Londra.
Pensavo che lui e il suo compagno vivessero davvero una vita modello, e mi colpiva l’”ordinarietà” della loro relazione. Non lo dico in modo denigratorio – vivevano semplicemente la loro vita. C’è stato un cambiamento tra la fine degli anni ’80 e gli anni ’90, quando parte del clero che come me si preparava al sacerdozio ha cominciato a dire “C’è qualcosa che voglio farti sapere di me, perché è davvero importante per farti capire chi sono. Sono stanco di mentire e voglio fare questo mestiere solo se posso essere onesto almeno con te su questo argomento”. Erano persone stanche di non potersi esporre completamente.
Quando un ex collega gay dichiarato è andato in pensione circa 10 anni fa, ha tenuto una festa di addio in chiesa. I presenti non erano gay, ma si trattava di un gruppo di persone in grado di confrontarsi con le differenze; erano in grado di confrontarsi con esseri umani un po’ nervosi e sapevano collegare l’interno della chiesa al suo esterno. Quell’occasione ci ha messo di fronte alla grandezza dell’umanità di quello che eravamo veramente, anziché di quello che avremmo potuto fingere di essere. Ero seduto lì in un mare di lacrime, e ho capito che quelle erano le persone con cui volevo stare.
C’era una minoranza visibile di persone LGBT nella mia ultima parrocchia di Londra. Alcuni di loro erano piuttosto aperti su chi erano, e poi c’erano altre persone di cui non era possibile avere la minima idea riguardo al loro orientamento sessuale.
Non è la prima cosa che le persone dicono di loro stesse quando entrano in una stanza, ma l’umanità è molto varia. Penso che sia lo spettro della sessualità quello con cui alcune persone si trovano a lottare. Alcuni cristiani pensano: “sarebbe molto meglio se tu fossi etero, dovresti scegliere quella strada. Sarebbe meglio per te e per noi”. A tutti noi piace l’ordine, non è vero? E tutti amiamo le persone che sono come noi. Ma non puoi scegliere di essere gay o etero, semplicemente lo sei.
È scortese dire a qualcuno: “Mi dispiace, ma devi praticare l’astensione oppure comportarti come un eterosessuale”. È qualcosa di innaturale per quella persona. Dio ci ha creati ‘maschio’ e ‘femmina’, ma cosa ne è di quella percentuale di persone che sono intersessuali, che non possono essere definiti né maschi né femmine? Per quanto piccola, quella percentuale costituisce un enorme numero di esseri umani.
Mi hanno detto: “le tue opinioni non sono bibliche”, ma io penso che lo siano profondamente. Non penso che si possa decidere sulla questione in base a pochi testi biblici che menzionano l’omosessualità. Quei passi infatti non parlano delle relazioni fedeli e affettive, ma della promiscuità, dell’adulterio, dello sfruttamento, dell’idolatria, qualcosa di molto diverso. Non affrontano il tema delle relazioni tra donne, né parlano di quella parte della comunità gay che prende sul serio la fede. Così, per me, questi brani non producono argomenti convincenti. Sono da considerare piuttosto dal punto di vista del modello di vita cristiana.
Uno dei miei ruoli in quanto vescovo è quello di tenere aperte le porte della chiesa e di permettere il movimento in entrata e in uscita delle persone, che non necessariamente restano, ma hanno bisogno di nutrire la loro anima. A me sembra che un modello ricorrente nei Vangeli sia quello degli outsider che spesso ci insegnano il significato di quello che pensavamo fosse la storia di un fedele, e questa è la mia esperienza della vita cristiana.
Nella parabola del buon Samaritano è un outsider a insegnarci il vero significato della legge. Per questo escludere le persone LGBT in quanto outsider danneggia la chiesa. La persona diversa da te può essere la persona che porta il dono di cui più hai bisogno. È interessante il fatto che quando Gesù visita Gerusalemme stia a Betania, che probabilmente significa “Casa dei poveri”. È lì che vivono i suoi amici Maria, Marta e Lazzaro, fuori dalla città principale nell’ultimo posto a cui era permesso ai lebbrosi di avvicinarsi a Gerusalemme. C’è un filo rosso che lega la personalità di Gesù, le persone che frequentava, e i posti in cui era a casa.
L’Arcivescovo Justin Welby ci dice che è possibile essere in disaccordo su qualcosa, ma nello stesso tempo riconoscere la validità delle opinioni altrui; dove posso vedere il Cristo in te e l’integrità della tua fede, e vice versa – un tipo di “buon disaccordo”.
La chiesa ha una storia di divisione e una storia che dimostra i modi in cui siamo stati capaci di gestire le differenze in modo creativo. Questo tema non dovrebbe dividerci. In Cristo dovremmo essere capaci di trovare una realtà più profonda. Penso che questo sia quello di cui tutti abbiamo bisogno.
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Testo originale: Christian role models for LGBT equality (Pdf)