Amoris Laetitia. La porta, già sbarrata, ora è socchiusa
Comunicato diffuso da Noi siamo chiesa, 9 aprile 2016
La porta, già sbarrata, ora è socchiusa. Dal basso il popolo cristiano la apra- e la tenga aperta- perché la fede nell’Evangelo ispiri nella Chiesa la vita quotidiana delle famiglie. Riflessioni di “Noi Siamo Chiesa” sulla Amoris Laetitia
La troppo lunga Esortazione Apostolica Amoris Laetitia inizia al paragrafo 3 con una affermazione che indica il percorso che si dovrà percorrere: “desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero… in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, «le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale […] ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato» (dal discorso conclusivo del Sinodo 2015)”. Questa affermazione di papa Francesco, tanto attesa, dovrà essere valorizzata. Dopo una consultazione diffusa in tutto l’universo cattolico e due sinodi ci si rende conto che i grandi principi rigidi, dottrinari, esigenti saranno belli da declamare, daranno soddisfazione al sistema ecclesiastico ma non al vissuto del popolo cristiano. E papa Francesco continua aspramente:” Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (paragrafi 36-37). Questo è l’esordio che ispira poi la parte finale dell’Esortazione Apostolica.
La realtà sociale che pesa sulla famiglia
Il primo capitolo espone una ricca ed utile documentazione sulla famiglia nella Bibbia. Di seguito ci sono capitoli interessanti che, se non dicono cose nuove, però danno autorità a sollecitazioni che da tempo si ponevano parlando di famiglia. Esse erano state recepite nella Relatio Synodi di ottobre dopo essere state ignorate nel primo Sinodo dell’ottobre 2014. Pensiamo che la consultazione della base abbia portato a queste affermazioni. Si tratta infatti di un’ampia illustrazione dei problemi di tipo socioeconomico a cui si trova di fronte la famiglia un po’ dovunque; essa sopporta tutti i pesi delle situazioni di difficoltà (lavoro, casa, migrazioni, soggetti deboli e disabili ecc.) e ciò non più solamente nei paesi “poveri” ma ora, sempre di più, anche nei paesi “ricchi” come conseguenza di una crisi pesante e diffusa. Nella Evangelii Gaudium in particolare sono contenute le analisi e i giudizi sul sistema complessivo fondato sul dominio della finanza e del denaro che è la causa ultima delle sofferenze.
Una famiglia aperta e solidale
L’Esortazione apostolica esprime poi l’attitudine critica nei confronti delle culture individualiste nei rapporti famigliari (oltre che in quelli sociali), in particolare soffermandosi su una forte denuncia di ogni manifestazione di maschilismo. La descrizione che fa il testo, citando spesso documenti del magistero, dell’amore che deve presiedere alla vita famigliare vanno nella direzione, da una parte della comprensione della “complessità” di tante situazioni e sofferenze (emerse nel Sinodo e nella consultazione), dall’altra della descrizione delle caratteristiche di una possibile famiglia aperta e solidale. Si va ben oltre la riflessione sulla coppia (da preparare al matrimonio), si parla dei figli, degli anziani, dei fratelli, “delle ragazze madri, dei bambini senza genitori, delle donne sole che devono portare avanti l’educazione dei loro figli, delle persone con disabilità che richiedono molto affetto e vicinanza, dei giovani che lottano contro una dipendenza, delle persone non sposate, di quelle separate o vedove che soffrono la solitudine, degli anziani e dei malati che non ricevono l’appoggio dei loro figli, fino ad includere nel loro seno «persino i più disastrati nelle condotte della loro vita»(par. 196-198). Insomma il testo ha una accezione allargata dei soggetti della famiglia, si valorizza l’adozione, ove possibile (par.179). Un intero capitolo, il settimo, è dedicato all’educazione dei figli, dicendo cose utili sul ruolo dei genitori per un rapporto né autoritario né lassista. Insomma la parola del papa dà indicazioni positive del tutto lontane da pratiche educative tolleranti nei confronti di ogni cultura massmediatica, priva di valori, tutta vissuta sul presente, trascinata a volte in comportamenti devianti.
Alcune osservazioni critiche
Poi, nell’Esortazione, ci sono i problemi più controversi e delicati, sui quali ci permettiamo di esprimere alcune osservazioni. Su alcune questioni papa Francesco ribadisce la linea tradizionale senza soffermarvisi, come a dire che non vuole enfatizzare la loro importanza perché ormai sono cose definite e non necessiterebbero quindi di grandi discussioni (ciò a noi, per la verità, non sembra del tutto vero). Si tratta dell’aborto (par. 83), dell’eutanasia e del suicidio assistito (par.48). Sul gender (par.56) papa Francesco ripete quanto ha già detto altre volte. Abbiamo già ampiamente motivato perché non siamo d’accordo su questo punto (vedi http://www.noisiamochiesa.org/il-gender-noin-esiste-la-differenza-sessuale-invece-si-leggi-il-documento-di-noi-siamo-chiesa/ ). Si combatte un preteso “nemico” presentato in modo caricaturale; bisogna invece valorizzare la ricchezza della differenza sessuale ed educare nella famiglia e nelle scuole ad accettare serenamente le diversità. La Humanae Vitae è ripresa in due punti (par. 68 e 222) ma non nella sua indicazione normativa esplicita sul divieto di regolazione artificiale delle nascite. È questa un’enciclica ormai compromessa nella sensibilità comune del credente; ci sembra sarebbe stato meglio non citarla più e lasciarla del tutto decadere. Il passaggio decisamente più debole dell’Esortazione ci sembra quello dei paragrafi 250-251 sulla questione omosessuale. Sembra che il papa, in un testo di 325 paragrafi, voglia scivolare via come imbarazzato e in difficoltà, non dicendo nulla di più di un invito a dire ai genitori e a tutti a non discriminare gli omosessuali e ripetendo che non si dà l’equiparazione della coppia omo a quella della famiglia tradizionale. Cose già dette e stradette. Eppure al Sinodo se ne era parlato molto. Eppure iniziative di omosessuali credenti avevano cercato di interloquire col sinodo e avevano proposto con grande convinzione una loro appartenenza completa alla Chiesa anche come coppie. Siamo ben lontani dal famoso “Chi sono io per giudicare?”. Comunque, rispetto ad alcuni anni fa, almeno il problema è stato posto, la realtà omosessuale per secoli era stata nascosta e stigmatizzata. Al par.241 l’Esortazione considera in certi casi necessaria la separazione tra i coniugi in presenza di violenza o di sfruttamento nei confronti dei soggetti più deboli (in genere donne e bambini). Soprattutto in questi, ma anche in altri casi, ci chiediamo quando la Chiesa avrà il coraggio di abbandonare la linea della dichiarazione di nullità (peraltro resa molto più agevole dai due Motu Proprio dello scorso settembre) per decidersi a dire che, venuto meno il consenso (su cui si fondava il matrimonio e il sacramento) si deve prendere atto dello scioglimento del vincolo, senza ricercare una nullità in origine che non è mai esistita.
Discernimento e accompagnamento per i divorziati risposati
Infine le situazioni “irregolari”, il punto più atteso del documento. Le unioni di fatto e le coppie sposate solo civilmente vengono “sdoganate”, come ormai era nell’aria. Sono ancora coppie di serie B, ma in qualche modo accettate, e si sollecita il loro percorso verso il matrimonio sacramentale. Questo è un oggettivo passo avanti che una realtà diffusa e la consultazione di base hanno in qualche modo imposto. Per i divorziati risposati la linea è, forse, quella più avanzata possibile in questa situazione della Chiesa, a partire dai dibattiti dei due Sinodi. Essi “non sono scomunicati” (par. 243) e fanno pienamente parte della Chiesa. Le loro situazioni sono le più diverse, affiora qui l’uso della categoria della “complessità” contro le semplificazioni, contro la norma valida sempre per tutti in ogni luogo e in ogni tempo. Al par. 305 si dice “un Pastore non può sentirsi soddisfatto solo applicando leggi morali a coloro che vivono in situazioni “irregolari”, come se fossero pietre che si lanciano contro la vita delle persone. È il caso dei cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa «per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite». Chi si trova in questa condizione –scrive il papa- è invitato al discernimento ed all’accompagnamento pastorale. La coscienza ha allora un ruolo determinante. Bene, ma resta il problema dell’accettazione piena nella comunità, perché una decisione in coscienza di accostarsi all’Eucaristia è già praticata in modo abbastanza frequente in chi si trova nella condizione di divorziato risposato. Sul punto dell’accettazione nella comunità il testo è vago ed ambiguo. Il problema non è stato affrontato, eppure se ne era parlato molto. Al par.299 si parla di “diversi servizi ecclesiali”. Quali sono? Potranno insegnare catechismo? fare parte del consiglio pastorale parrocchiale? Insegnare religione nelle scuole? fare i padrini di battesimo? E quando il divorziato risposato potrà celebrare le seconde nozze come nella Chiesa ortodossa? Infine c’è il problema dell’accettazione piena alla celebrazione eucaristica, senza soluzioni “nascoste”. Ci sembra proprio modesta la soluzione di parlarne solo in una nota, la 351, dove si dice : “In certi casi, potrebbe esserci anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, «ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47: 1039).
I compiti del popolo cristiano
Complessivamente ci pare che si vada avanti, malgrado alcuni limiti che abbiamo indicato. La misericordia, i rapporti fraterni nella famiglia e fuori, il predomino della coscienza presiedono a questo documento. Spetterà al popolo cristiano praticare nuove strade, che ora non sono più chiuse come prima. La repressione di ogni riflessione teologica o di ogni proposta pastorale è terminata. Vogliamo invitare tutti noi, i “nostri” teologi e i nostri operatori pastorali a non essere timidi, a continuare ad andare avanti, a proporre “soluzioni più inculturate”, a impedire che nella Chiesa le aperture siano gestite al ribasso e che ogni parrocchia od ogni diocesi continui nella sua stanca ordinaria amministrazione, aspettando che questo momento particolare nella vita della Chiesa passi.
Roma, 9 aprile 2016
“Noi Siamo Chiesa”
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