La vita di Nicole, una donna transgender nella solitudine del Sud degli Stati Uniti
Intervista di Kate Sutton a Nicole Modjeski pubblicata sul sito di GLAAD* (Stati Uniti) il 15 settembre 2015, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
GLAAD ha incontrato Nicole Modjeski a Jackson, nel Mississippi, durante il suo tour nel Sud degli Stati Uniti. Nicole, una donna trans che vive nello Stato della Magnolia, ha partecipato agli incontri preparatori organizzati da GLAAD per il documentario L Word Mississippi: Hate the Sin.
Nicole ci racconta una storia molto forte sulla sua transizione, sul suo coming out in famiglia nel Mississippi e dell’impatto che ha avuto Caitlyn Jenner sulla sua famiglia. Le persone transgender devono affrontare un forte disagio da parte del resto della popolazione americana: il 59% delle persone non LGBT si sentirebbe a disagio se suo figlio o sua figlia frequentasse una persona transgender, secondo un sondaggio commissionato da GLAAD. Questa percentuale è ancora più alta nel Sud: 61%. Abbiamo proposto a Nicole un’ulteriore intervista scritta per parlare del suo viaggio verso la vita che ama. Ecco la sua storia.
Com’è stato uscire allo scoperto come transgender e il periodo della transizione in Mississippi?
A essere sinceri, è stato terribile. Ho dovuto nascondere chi ero veramente per molti anni. Già da piccola sapevo di essere diversa. Sono nata prematura e per questo sono ipovedente. Ho frequentato la scuola statale per i ciechi: ero parzialmente cieca e lì potevo trovare qualcuno che si occupasse delle mie esigenze. A scuola i maschi e le femmine avevano dormitori separati. Ricordo che volevo stare con le bambine. Volevo giocare con i giocattoli con cui giocavano le bambine, preferivo gli animali di peluche e l’ora del tè ai tipici giochi maschili. Più tardi, mi sono travestita in privato. Mi piaceva vestirmi come la donna che ero, ma ero terrorizzata perché la mia famiglia poteva scoprirmi.
Quando io e il mio fratello gemello ci diplomammo smisi di travestirmi: avevo paura che potesse scoprirmi e dirlo a nostra mamma: sapevo che non approvava “lo stile di vita dei gay e delle lesbiche” e che non avrebbe capito i miei sentimenti. Avevo paura di essere cacciata via, rifiutata. La mia disabilità non faceva che rinfocolare la paura, così cercavo di vivere da maschio normale.
Da adolescente avevo visto una donna transgender rifiutata dalla chiesa frequentata da mia mamma. Volevo sapere come avesse fatto, da uomo, a diventare donna. Ero affascinata: seppi allora che, da qualche parte dentro di me, ero una donna. Volevo essere come lei ma, ancora una volta, la paura tenne a bada i miei sentimenti. Mi vergognavo perché sentivo che Dio non poteva amarmi. Mi era stato insegnato che non essere un maschio etero era male, così nascosi i miei sentimenti e non ne parlai con nessuno.
Ho avuto pochissime opportunità di incontrare persone LGBT prima di andare all’università: lì incontrai una lesbica afroamericana di nome Kim, che assieme alla sua amica Mieko divenne la mia migliore amica. Vedevo la sua famiglia e le famiglie di altri studenti omosessuali rifiutare i loro figli e alla paura si aggiunse la paura. Tornai a casa e incontrai una persona meravigliosa e la sua amica, che era lesbica: lei la accettava senza problemi, quindi capii che c’erano delle persone nel Sud che accettavano gli altri. Ma di nuovo tenni a bada i miei sentimenti perché stavo ancora in famiglia e avevo indossato la maschera per molto tempo.
Quando ho fatto coming out sono stata rifiutata da alcune persone che chiamavo amici: altri cercarono di usarmi o manipolarmi per farmi cambiare idea. Avevo a disposizione pochissime risorse, pochi gruppi o transgender che potessero aiutarmi. Ero sola e isolata. Dovetti unirmi a un gruppo transgender di un altro Stato per trovare sostegno. Nel 2013 ho partecipato al Pride del Mississippi. Avevo incontrato su Internet una drag queen di nome Mackenzie, che mi aiutò a partecipare all’evento. Lì incontrai gente simpatica ma quasi nessuna donna o uomo transgender, solamente una o due.
Cercavo ancora altre persone transgender vicino a casa mia e qualcuno del gruppo mi fece conoscere un articolo sul documentario L word. Ecco così che lessi del Dandelion Project (Progetto Dente di leone) di Brandiilyne Dear, che contattati poco dopo. Nel 2014 trovai una chiesa aperta a tutti chiamata Safe Harbor (Porto sicuro). Le persone della comunità mi accettarono e trovai anche alcune transgender. Per la prima volta sentivo di poter adorare Dio ed essere me stessa, l’autentica me stessa. La pastora Amber Kirkendoll organizzò perfino dei passaggi in macchina in modo che potessi assistere al culto domenicale.
In Mississippi le risorse sono molto limitate, perciò la maggior parte delle persone transgender non può permettersi le terapie né gli ormoni. Sono stata fortunata perché la depressione, comune a molte persone transgender, mi ha aiutata. Gli amici, che conoscevo da molto tempo, mi avevano rifiutata e trovai una clinica che mi poteva aiutare a curare la depressione. Lì cominciai a parlare dei miei sentimenti di donna e mi presentarono una fantastica psicologa di nome Angela Essary. Per la prima volta avevo trovato qualcuno che poteva aiutarmi a cominciare il viaggio. Essendo disabile ho un’assicurazione governativa, così Angela poté curare la mia depressione e raccomandarmi per la terapia ormonale. Trovai un medico che mi prescrisse gli ormoni e cominciai il viaggio verso l’autentica me stessa.
Non ho ancora finito e non so dove prenderò tutti i soldi necessari per la mia transizione medica, che altre come Caitlyn Jenner hanno avuto. In Mississippi le risorse e la sanità per le persone trans sono carenti e posso solo avere fede che ce la farò. La gente in Mississippi giudica quello che non riesce a capire. Non è stato facile. La mia famiglia ha detto che non mi avrebbe accettata e dopo due anni se ne stanno facendo una ragione. È una benedizione aver trovato la chiesa Safe Harbor e il Dandelion Project.
Cos’hai fatto dopo il nostro tour nel Sud? Come sono andate le cose?
Ho continuato la mia transizione e la mia vita quotidiana. Sto cercando un posto dove vivere, dove io e la mia preziosa micina possiamo essere noi stesse a tempo pieno, un posto a poco prezzo. Sono disabile e ipovedente. Ho conosciuto una fantastica chiesa-famiglia pro-LGBT chiamata Safe Harbor e ho frequentato il gruppo di Brandiilyne Dear, il Dandelion Project. E poi lo shopping. Non mi dimentico di fare shopping. La vita non è facile in Mississippi. La vita da transgender può essere dura se non hai attorno le persone giuste. Per fortuna mia madre cerca di sostenermi quando può. Per fortuna c’è una chiesa meravigliosa che mi sostiene. Ho cercato di trovare altre persone trans qui in zona ma la maggior parte vive in altre zone, come la costa.
Frequenti qualche organizzazione LGBT qui nel Mississippi?
Faccio parte del Dandelion Project e della Gulf Coast Transgender Alliance (Alleanza transgender della costa del Golfo) retta da Molly Kester, che è anche copresidente del Mississippi Gulf Coast Rainbow Center (Centro arcobaleno della costa del Golfo del Mississippi), ma sono troppo lontani per me per poterli incontrare ogni giorno. Mi piacerebbe essere più attiva e impegnarmi con un numero maggiore di gruppi locali. C’è bisogno di molti gruppi e organizzazioni nel Sud e nel Mississippi e mi piacerebbe molto farne parte.
Quando ci siamo incontrati, ci hai raccontato una storia molto intensa a proposito della tua famiglia e di Caitlyn Jenner. In che modo il suo coming out ti ha fatto bene?
Sì, quando nel 2012 ho fatto coming out con mia mamma e mio fratello, non erano felici. Dissero che non mi avrebbero mai accettata come donna, che era un peccato essere transgender. Ho litigato a lungo con mio fratello. Non voglio entrare nei dettagli, ma non è stato un periodo felice: ho anche pensato al suicidio. Per fortuna una persona conosciuta online, Vickie Turner, è stata presente per consolarmi e per stare tutta la notte al telefono con me. Mi tranquillizzò e poi la mia gatta, Chloe, venne da me ed ero calma. Mi hanno salvato la vita.
Prima di Caitlyn Jenner avevo la mia famiglia contro. Una sera mia mamma e mio fratello la videro in TV. Fu come se una lampadina si fosse accesa nella loro testa. Mio fratello venne da me e disse che mi avrebbe accettata. Aveva capito che essere transgender è una cosa che non si cambia e non è un peccato. Pensava che fosse una specie di malattia, ma noi siamo semplicemente fatte così. Poco tempo dopo mia mamma cominciò a sostenermi facendo piccole cose come portarmi a fare shopping e comprare insieme i trucchi. Caitlyn Jenner ci ha fatto del bene, ha mostrato loro che non sono l’unica transgender. Caitlyn Jenner ha permesso alla mia famiglia di amarmi.
Cosa vedi nel futuro del Mississippi?
Sinceramente, è difficile da dire. Il Mississippi ama resistere al cambiamento. Penso che se succederanno altri fatti come la sentenza della Corte Suprema sul matrimonio omosessuale, il Mississippi sarà costretto a cambiare. Qualsiasi nuova legge che ci protegga o ci renda più facile la transizione deve essere fatta a livello federale. Credo che, quando qualcosa diventa comune, allora il Mississippi lo accetta.
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* GLAAD (Gay & Lesbian Alliance Against Defamation, Alleanza gay e lesbica contro la diffamazione) è un’organizzazione no-profit di attivismo LGBT, finalizzata nel promuovere e garantire un’accurata rappresentazione delle persone LGBT, allo scopo di eliminare l’omofobia e la discriminazione basata sull’identità di genere e l’orientamento sessuale.
Testo originale: #SouthernStories: Nicole Modjeski talks transition, mental health, and life in Mississippi