Due pesi e due misure. E il Papa graziò il Vescovo gay
Papa Ratzinger “grazia” l’ex vescovo polacco di Poznan, costretto alle dimissioni da Giovanni Paolo II, perché coinvolto in una girandola di rapporti erotici con seminaristi.
Dopo il condono vaticano Juliusz Paetz potrà di nuovo esercitare tutte le funzioni sacramentali di un vescovo nella stessa diocesi dove aveva provocato lo scandalo.
Il nuovo vescovo tenta di far ritirare il provvedimento: un boomerang nell’anno in cui l’opinione pubblica è scossa per gli abusi sessuali del clero.
La storia risale al 2002, quando il giornale conservatore Rzeczpospolita fece esplodere lo scandalo, raccontando dell’attivismo sessuale dell’arcivescovo Juliusz Paetz e riferendo dello scontro avvenuto con il rettore del seminario di Poznan, don Karkosz.
Il rettore aveva fisicamente impedito l’ingresso in seminario al vescovo, accusandolo di aver insidiato e molestato ripetutamente dei seminaristi. Per tutta la Polonia erano corse le voci sui messaggini seduttivi e sui regalini ammiccanti inviati dal vescovo ai suoi amichetti.
Poche settimane dopo l’arcivescovo, il 28 marzo 2002, era stato costretto alle dimissioni.
La vicenda è tipica di come le cose funzionavano in Vaticano durante il pontificato di Wojtyla.
Era dal 1999 che erano cominciate a circolare accuse contro Paetz. Ma il prelato godeva della fiducia di Giovanni Paolo II e del suo segretario mons. Dziwisz, perché aveva fatto parte della “Famiglia pontificia”, a stretto contatto con il Papa. Wojtyla lo aveva nominato vescovo di Lomza in Polonia nel 1982 e nel 1996 lo aveva promosso arcivescovo dell’importante e storica diocesi di Poznan.
Sicché le accuse erano state regolarmente insabbiate. Solo nel tardo 2001, intorno a Natale, dal Vaticano era partito come ispettore un giudice polacco della Sacra Rota, mons. Stankiewicz.
A smuovere Giovanni Paolo II e il suo entourage era stato necessario l’intervento dell’amica personale di Wojtyla, la psichiatra Wanda Poltawska, che aveva denunciato lo scandalo del silenzio intorno a comportamenti indegni di un vescovo.
Scesero in campo con una lettera aperta anche decine di esponenti cattolici di Cracovia e Varsavia, chiedendo chiarezza.
Quando lo scandalo esplose e nel Palazzo apostolico si venne a sapere che c’erano parecchi giovani pronti a mettere nero su bianco le molestie sessuali del prelato, la soluzione trovata fu quella classica.
Nessun procedimento trasparente per informare la comunità cattolica dell’innocenza o della colpevolezza dell’arcivescovo, ma la firma di una lettera di dimissioni. La punizione inferta (mai dichiarata ufficialmente) fu blanda: Paetz non avrebbe potuto esercitare le sue funzioni vescovili all’interno della diocesi di Poznan.
D’ora in avanti il Vaticano – benché non ci sia ancora comunicazione ufficiale – lo autorizza a svolgere nuovamente i riti di un vescovo. L’83enne Paetz potrà ordinare a Poznan sacerdoti, celebrare cresime, guidare processioni, consacrare chiese e presiedere messe solenni.
Le frequenti visite del prelato ai suoi amici in Vaticano gli hanno guadagnato la grazia di Ratzinger, firmata dal cardinale Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi in procinto di andarsene per limiti di età. Come se nulla fosse accaduto.
Con un eclatante doppiopesismo: le autorità ecclesiastiche invocano sempre il pretesto dello “scandalo” e del grave peccato per vietare la comunione a due disgraziati, che sono divorziati e risposati, mentre un vescovo molestatore per anni può tornare tranquillamente a benedire in pompa magna.
A Roma Paetz era conosciuto per il suo garbo, la sua cultura, la sua gentilezza. I suoi gusti sessuali non interesserebbero nessuno, se il magistero ecclesiastico non tuonasse continuamente contro l’omosessualità, definita “grave disordine morale” e collocata ufficialmente tra i “peccati che gridano vendetta a Dio”.
Non da oggi i gruppi omosessuali cattolici chiedono alla Chiesa comprensione e riconoscimento della dignità di “figli di Dio” per i loro legami. Ma le autorità ecclesiastiche sono rigidissime: a chi vive in coppia omosessuale è negata l’assoluzione.
In ogni caso per gli standard, proclamati ufficialmente dalla Chiesa, il comportamento dell’ex vescovo di Poznan rappresenta una gravissima infrazione, che rientra fra gli atti che spingevano il cardinale Ratzinger ad esclamare alla Via Crucis del 2005: “Signore, quanta sporcizia c’è nella Chiesa”.
Che Benedetto XVI si sia lasciato consigliare a diventare improvvisamente “flessibile” sta suscitando una marea di interrogativi in Polonia e anche nell’opinione pubblica non polacca. La fortuna di Paetz – se così si può dire – è che ai tribunali polacchi non arrivò mai nessuna denuncia da parte di minori o per rapporti con minorenni.
Ma non aiuta la credibilità della Chiesa che le autorità ecclesiastiche non abbiano mai voluto dare conto delle sue relazioni extra-celibatarie. Ancora una volta – quando si tratta di tonaca e sesso – il Vaticano non sceglie la trasparenza.
Che il vento nella Curia romana stesse volgendo a favore di Paetz lo avevano capito in Polonia, quando esattamente un anno fa il Papa mandò al prelato un telegramma di auguri per i 50 anni della sua ordinazione, congratulandosi per la sua “testimonianza di fede” e il suo “fecondo lavoro per il bene della Chiesa”.
Era un messaggio prestampato, si tentò di dire. Invece era presagio di condono.