Il Sinodo Valdese e il dibattito in corso sulla benedizione delle coppie omosessuali
Articolo tratto da Radio Berckwith del 6 agosto 2010
A poche settimane dall’apertura del Sinodo valdese a Torre Pellice si infiamma in ambito evangelico il dibattito sulla benedizione delle coppie omosessuali.
La celebrazione, avvenuta il 7 aprile scorso presso le comunità di Trapani e Marsala ha suscitato discussioni prima sulle pagine dei quotidiani nazionali e poi all’interno delle chiese protestanti.
Il past. Alessandro Esposito, che ha officiato il rito, raggiunto a giugno dai nostri microfoni (ndr di Radio Berckwith) ha specificato che “la benedizione è stata celebrata dalle comunità di Trapani e Marsala tutte; io mi sono limitato ad officiarla condividendo il sentimento delle comunità“.
Un dibattito influenzato da notizie non sempre precise. Ad esempio quando si è parlato di vera a propria celebrazione di matrimonio, cosa che ha spinto che la Moderatora Bonafede, in un comunicato, a ribadire l’ovvio, ovvero che “non si è celebrato alcun matrimonio ma si è pregato con convinzione e affetto per due persone che si impegnavano a vivere insieme la loro vita“.
Precisazioni che tuttavia sembrano essere utili, visto che ancora il 4 agosto l’Eco del Chisone titolava sui “Matrimoni gay” e il 5 agosto la Repubblica Torino parlava di “destra valdese all’attacco dei matrimoni e delle adozioni gay”.
E proprio nel momento in cui il tema si apprestava ad essere proposto al Sinodo per una pronuncia, un gruppo di persone (tra cui il Senatore Malan) ha pubblicato a pagamento sul settimanale Riforma un appello decisamente controverso.
Al suo interno si chiede al Sinodo stesso una sorta di atto di fedeltà alla Confessione di Fede del 1655, contestando il past. Esposito e condannando la benedizione delle coppie omosessuali in quanto numerosi passi biblici riterrebbero l’omosessualità “semplicemente riflesso di una società non abbastanza evoluta, considerando che il principale di questi passi, Levitico 18, che riassume tutti i divieti biblici in materia sessuale, ne include solo sei: incesto, rapporti durante il ciclo mestruale, adulterio, sacrificio dei primogeniti, omosessualità, accoppiamento con animali”.
Altro tema forte dell’appello è il riferimento al battesimo operato dal past. Paolo Ricca a due gemelli di una coppia gay di cui un partner è il padre biologico e il suo compagno, «padre adottivo».
Il dibattito, evolutosi sulle pagine di Riforma, è visualizzabile qui e qui. Paolo Ricca ha risposto ai tre temi sollevati dal Lucio Malan, ovvero “la prima, quella centrale, appartiene alla dottrina morale e riguarda l’essere genitori: chi lo è realmente? Chi ha il diritto di essere considerato tale? Che cosa significa essere genitore? La seconda che appartiene al diritto ecclesiastico, e riguarda il potere decisionale di una chiesa locale in rapporto all’autorità superiore del Sinodo.
La terza domanda appartiene alla teologia e riguarda il sola Scriptura, cioè l’autorità suprema della Bibbia nella Chiesa e sulla Chiesa, uno dei cardini del protestantesimo: celebrando il battesimo di cui parla la lettera, il pastore ha forse fatto qualcosa che la Scrittura vieta, trasgredendo così, consapevolmente o no, il sola Scriptura, sovrapponendo cioè le sue idee a quelle della Bibbia?“. Una questione, quindi, ben più ampia di quanto attiene alla Chiesa di Marsala e Trapani.
Le parole dell’appello, che ha ottenuto in una settimana una cinquantina di adesioni di cui un quarto espressamente aderenti alla Chiesa Valdese, hanno comunque acceso un forte dibattito.
Giusi Caradonna, Presidente del Consiglio di chiesa della Chiesa Valdese di Trapani e Marsala, parlando di “atmosfera medievale che evoca nel linguaggio, nelle citazioni e nelle argomentazioni” dell’appello, in una lettera dal titolo «Difendere il diritto di uno, per difendere i diritti di tutti» si è chiesta di quale chiesa si stia parlando, se di una Chiesa “arroccata sulle proprie tradizioni, che giudica e condanna sventolando ossessivamente (o possessivamente?) il libro sacro per aria” o se “in una comunità di credenti che condividono e si fanno portatori di un messaggio di speranza e di accoglienza (…) in vista di un fine rivolto al bene collettivo“.
Sempre dalla Chiesa di Trapani giunge l’interessante analisi del testo da parte di Giovanni Lombardo (membro del Consiglio della chiesa valdese di Trapani e Marsala).
Lo stesso direttore di Riforma, pubblicando l’inserzione, si è espresso ribadendo quelli che secondo lui erano dei passaggi del testo non aderenti alla realtà.
L’intervento ha provocato la reazione dei firmatari che hanno addirittura parlato di non rispetto del pluralismo informativo (”prima stabiliscono che noi abbiamo torto, poi danno spazio… a chi la pensa come loro!“) contestando la direzione di Riforma.
Toni che contribuiscono ad alimentare una contrapposizione per molti fuori luogo, in vista di un dibattito sereno in sede sinodale e che tuttavia riflettono un’attitudine alla discussione e alla relazione con la stampa peculiare di ben altri contesti.
Che il tema susciti accese discussioni lo si può constatare anche sul web. Franco Barbero, della Comunità di Base di Pinerolo, ha deciso di ospitare un dibattito sul suo blog, sostenendo che “si tratti di un momento importante per le chiese valdesi e metodiste e per l’ecumenismo in Italia“. Un primo intervento è quello di Edi che ricorda come “il Levitico, come ogni altro testo biblico, va analizzato collocandolo nel contesto storico, politico e sociale dell’epoca“.
Sul gruppo di Facebook “Riforma Protestante in Italia” che conta più di 1000 iscritti, sono decine i post e i commenti sul tema. C’è chi come Gianni evoca il Sinodo del 1976, quando nacque la Tev (Testimonianza Evangelica Valdese) in seguito all’elezione di Tullio Vinay in Senato e di cui due firmatari dell’appello di questi giorni facevano parte.
Giovanni invece parla di “giusta strada contro gli spericolati e drammatici sbandamenti causati dalla guida scriteriata di un elitè culturale nutrita di post-modernismo radical-chic … e del cripto illuminismo della pestifera teologia liberale” e ribadisce la sua firma all’appello.
C’è da dire che la maggior parte dei commenti è di tenore opposto e la discussione viaggia tra la preoccupazione e l’aperto disaccordo.
Ad esempio Gabriella si dice contro “i contenuti espressi e tanto meno lo strumento del “documento con firme” per esprimere opinioni all’interno della chiesa e nel Sinodo, in particolare per denunciare posizioni ritenute “politiche” e non bibliche come si ritiene siano quelle dei firmatari“.
E Davide sottiolinea come “il consiglio di chiesa di Trapani ha agito dopo un percoso che dura da 30 anni, da quando il nostro maggior centro culturale ecumenico ha creato un campo di dialogo sul tema fede e omossesualità (al quale inviterei i firmatari dell’appello) e da quando ha nominato la commissione refo (nominata dagli esecutivi BMV) e dopo anni di discussione“.
Roberto in relazione all’appello, si dice invece deluso “per non aver colto quel malessere che c’è in una parte della nostra chiesa per una tendenza a somigliare, nel nostro porci verso l’esterno, sempre più una onlus, piuttosto che una Chiesa di Gesù Cristo“.
Insomma, un dibattito complesso e decisamente interessante al quale, va detto, non partecipano i primi firmatari dell’appello e si uniscono contributi di membri di molte chiese evangeliche ed evangelicali.
Da aggiungere la reazione della Refo che in un comunicato ricorda come negli ultimi 12 anni “le nostre chiese hanno portato avanti un dibattito che è culminato con la IV Assemblea-Sinodo BMV del 2007, la quale riconosce il peccato e condanna ogni atto di omofobia, facendo riferimento allo spirito di accoglienza del passo della Lettera ai Romani: “Perciò accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi accolti per la gloria di Dio (15:7)”.
”Sempre sul tema dei matrimoni omosessuali, segnaliamo l’intervista ad Alessandro Andò, del gruppo Varco – Refo di Milano, di recente di ritorno dal Forum LGBT, Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender, di fine giugno a Barcellona.
Insomma, se un effetto voleva sortire, l’appello ha sicuramente contribuito ad accendere gli animi in vista del Sinodo, costringendo probabilmente l’assemblea alla scelta tra un pronunciamento netto sul tema con il rischio di spaccature e una presa di posizione meno forte, con il rischio di alimentare infinite discussione sulla sue interpretazione.
L’auspicio è ora che al di là delle discussioni spesso ridondanti, il Sinodo sappia far sentire la propria voce su di un tema così importante, con fraternità e calma e senza seguire il fiume di parole provocato dall’ormai famoso appello.
E mentre fioccano le rivisitazioni ironiche del sito su cui è pubblicato l’appello, restano i dubbi di molti sulla via scelta per proporre al Sinodo una discussione di questo tipo.