Caro vescovo, parliamo insieme di omosessualità
Lettera di Roberto, amico del Progetto Gionata, al suo vescovo
Ecc. Rev.ma,
nel suo commento alla Esortazione “Amoris Laetitia” di papa Francesco Lei ha sottolineato come da più parti si aspettavano “risposte immediate”, “normative più precise”, forse perché si era abituati ad avere un “codice” che potesse più chiaramente classificare chi è dentro o fuori dalla Chiesa, chi è in regola e chi no. Infatti, Lei precisa che bisogna uscire dalle “pastoie del legalismo” per “introdurre processi” di un cammino di fede e pastorale. Lei aggiunge che “ci vorrà pazienza, costanza, approfondimento, condivisione”.
A giugno si celebrerà l’annuale Convegno Diocesano e si sta chiedendo un coinvolgimento preliminare di tutto il popolo di Dio, cosa non avvenuta in precedenza. Ma soprattutto ho notato un accento nuovo; un Convegno non fatto di enunciazioni che rimangono sulla carta, bensì dare vita ad iniziative pastorali concrete che richiedono tempo, saggezza e uno sguardo sulla vita concreta delle persone.
Quanto sono importanti le parole! Nella “Amoris Laetitia” – che ho già letto e continuo ad approfondire – la parola “tenerezza” compare più di venti volte, poi anche “inclusione”, “accoglienza”, “accompagnamento”. Io ne aggiungerei altre due: “conoscere” e “cercare di capire”.
Nella “Evangelii Gaudium”, cosa sottolineata anche da Lei, si dice che “la realtà è più importante dell’idea” e poi aggiunge: “Non possiamo quindi partire da un’idea astratta… ma tenere insieme con sapienza ciò che ci chiede la realtà, l’esperienza della “carne viva” delle persone e fecondarle con la luce del Vangelo”. Quindi si tratta di “porsi accanto alle persone senza eccezioni”, “entrando in punta di piedi con grande rispetto e delicatezza”.
Tornando alle varie aspettative sul documento, dove tutto si sarebbe voluto chiaro, prefissato, ben definito, leggo :
– “la necessità di continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali” (n° 2);
– “Non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero” (n° 3);
– “Nelle difficili situazioni che vivono le persone più bisognose, la Chiesa deve avere una cura speciale per comprendere, consolare, integrare, evitando di imporre loro una serie di norme come se fossero delle pietre, ottenendo con ciò l’effetto di farle sentire giudicate e abbandonate proprio da quella Madre che è chiamata a portare loro la misericordia di Dio”. (n° 79)
Pietre scagliate in passato verso quanti chiedevano di essere ascoltati, di raccontare la propria vita e poi hanno abbandonato la Chiesa perché non accolti. Eppure oggi emerge una domanda e c’è grande attesa di una parola, uno sguardo, un gesto.
C’è ancora una parola, più volte sottolineata dal Papa, che deve diventare programma nell’azione pastorale ed è la parola “discernimento”. È stato dato un mandato di entrare nel cuore delle persone, ascoltarle, guardarle negli occhi e lenire le ferite, farle sentire preferite, amate da Dio. Comprendo che è una grande responsabilità che viene affidata al clero, agli operatori pastorali. Questo è il tempo favorevole.
Nel questionario in preparazione al Convegno, al punto 1 viene detto: “accogliere significa prima di tutto conoscere la realtà, guardarla per quello che è” e poi ci si domanda: “Esistono categorie di persone che escludiamo concretamente e perché?”.
Chiediamoci: come normalmente si guardano le persone separate o divorziate? Una cara amica mi confidava che la donna separata o divorziata è una persona che viene ritenuta “disponibile”. Oppure, quale atteggiamento, quale giudizio si hanno nelle nostre comunità verso le persone omosessuali? “Quanto pesa la logica del giudizio, della condanna, del pregiudizio”! Quale posto viene assegnato a queste persone nelle nostre comunità? Come vengono guardate? E cosa significa concretamente accogliere?
Nelle due sessioni sul Sinodo della Famiglia si sono affrontati molteplici aspetti e difficoltà all’interno della famiglia, le fragilità e, solo tangenzialmente, la dimensione delle persone omosessuali. Ci si aspettava un maggiore approfondimento, si potevano riprendere alcuni passaggi, poi censurati, della prima sessione.
Dalla Relazione “post disceptationem” presentata dal card. Péter Erdő:
Accogliere le persone omosessuali
50. Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?
51. La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale: si presenta quindi come un’importante sfida educativa.
52. Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali, si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno, fino al sacrificio, costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners.
Quanta strada bisogna ancora percorrere! E non è una questione di leggi dello Stato.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, Edizione 1992, al n. 2357 si afferma: “L’omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile.”
E al n. 2358: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale;”
Due punti così emendati nel 1995, al n. 2358:
“Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente, disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione.”
E al n.2359: “Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.”
Mi permetta una riflessione. In questo documento si evince che la persona, come è realmente, non sceglie di essere omosessuale; perché, se avesse avuto la possibilità di scegliere, certamente non avrebbe volontariamente scelto di essere omosessuale. Che la tendenza possa essere innata e radicata in tante persone, lo si afferma in vari documenti, e anche che la sua genesi resta un mistero.
Come sarebbe utile su questo punto una più attenta lettura di alcuni passi biblici e una collaborazione con la scienza, per quanto di sua competenza.
Nel documento (Cura pastorale – ott.2006) al n. 11 si legge: “Alcuni sostengono che la tendenza omosessuale, in certi casi, non è il risultato di una scelta deliberata e che la persona omosessuale non ha alternative, ma è costretta a comportarsi in modo omosessuale. Di conseguenza si afferma che essa agirebbe in questi casi senza colpa, non essendo veramente libera. A questo proposito è necessario rifarsi alla saggia tradizione morale della Chiesa, la quale mette in guardia dalle generalizzazioni nel giudizio dei casi singoli. Di fatto in un caso determinato possono essere esistite nel passato e possono tuttora sussistere circostanze tali da ridurre o addirittura da togliere la colpevolezza del singolo; altre circostanze al contrario possono accrescerla”.
Tornando alla Esortazione del Papa, al n. 250: “La Chiesa conforma il suo atteggiamento al Signore Gesù che in un amore senza confini si è offerto per ogni persona senza eccezioni. Con i Padri sinodali ho preso in considerazione la situazione delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori né per i figli. Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare “ogni marchio di ingiusta discriminazione” e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza.”
È da tempo che in più diocesi, in Italia e all’estero, alcuni pastori hanno promosso ambiti di accompagnamento pastorale. Sono luoghi innanzitutto di accoglienza, possibilità di ascoltare il vissuto delle persone con le loro difficoltà e domande, di esercitare un discernimento, cercare di capire e di accompagnarle. Bisogna avere il coraggio di confrontarsi con una realtà non perfettamente conosciuta, di cui si ha una visione parziale e mutuata da ciò che appare esternamente. E, in questo, occorre tanta tenerezza, delicatezza.
Ho letto che si sono attivati da più parti percorsi di accompagnamento dall’Associazione “Courage”. Mi sembra che possa essere una proposta percorribile se è fatta da persone che lo scelgono liberamente e senza alcun condizionamento, sia personale, familiare, sociale e morale, come un percorso vocazionale. Sempre tenendo presente che è un percorso estremamente delicato e, in caso di fallimento, con possibili conseguenze negative, come delusione, frustrazione. Occorre massima prudenza. Lo stesso invito alla castità resta una possibilità se visto come proposta vocazionale. Anche i coniugi sono invitati alla castità, ma non alla continenza. Alle persone omosessuali si può chiedere di rinunciare ad un rapporto affettivo?
Il prossimo Convegno sia occasione di discussione libera, dove si è disposti ad ascoltare – a tal proposito, come sarebbe stato utile offrire questo strumento di indagine attraverso i mezzi delle comunicazioni sociali, se veramente si vuole arrivare non agli addetti ai lavoro, ma a tutto il popolo di Dio – per poi dare indicazioni utili agli operatori pastorali.
Grazie infinite dell’attenzione. Io pregherò, come faccio per il Papa, anche per Lei e per il buon esito dei lavori.
Roberto