L’omofobia è senza Dio. Voci di gay musulmani
Riflessioni a cura di Paolo Hutter pubblicate sul Manifesto del 16 giugno 2016
Ha abbandonato il suo paese, nel Maghreb, pochi giorni fa per l’Europa, dove chiederà asilo come gay. Uno dei pochi fortunati a trovare un visto. Ha vissuto gli ultimi mesi quasi come un perseguitato dall’omofobia circostante. Eppure non ci sta a scagliarsi contro l’Islam omofobo.
«Sono molto triste per quello che è successo. Vuol dire che c’è qualche americano che non vuole i gay nel suo paese. Americano capisci? È assurdo che cerchino sempre di mettere di mezzo gli arabi, questa è una trama di americani omofobi». La reazione del 23enne Jihed non è autorevole, ma significativa di un sentimento che viene razionalizzato invece nel seguente modo da Baadr Babou, leader di una delle organizzazioni gay tunisine. «Per me l’omofobia non ha religione. Questo è un crimine mosso dall’odio omofobico e transfobico innanzitutto. Poi l’Isis cerca di strumentalizzarlo, di metterci un cappello sopra, ma nasce dall’omofobia».
Ma questo giudizio vale anche se si conferma che il massacratore era egli stesso gay?
«Certo. È del tutto probabile che lo fosse. Penso che gli omofobi più violenti siano dei gay repressi, che hanno paura di vedere la propria immagine attraverso gli altri Lgbt». (Spesso, recentemente nelle polemiche o nei battibecchi social sull’omofobia nei paesi maghrebini, questo argomento è stato usato: siete così omofobi perché siete omosessuali nascosti, ndr).
Tu hai partecipato a vari incontri internazionali, la domanda ve la siete posta: come si fa a prevenire gli atti di omofobia violenta?
«È una tematica sulla quale dobbiamo lavorare e ricercare ancora. Dobbiamo far crescere le persone e i gruppi e insegnare loro come prevenire la violenza a diversi livelli».
Ma se c’è un fucile mitragliatore di mezzo è più difficile…
«Infatti è impossibile evitare sempre e ovunque questo tipo di catastrofi. Comunque sono due cose diverse, da una parte le politiche anti-omofobia, dall’altra il controllo delle armi».
Che rilievo ha avuto la strage di Orlando nelle notizie nel tuo paese?
«Poche reazioni, a parte quelle del nostro ristretto giro lgbt. La cosa paradossale è che sui media ufficiali si parla di mitragliate in un locale, di gente uccisa e non si dice che era un locale Lgbt! Certo, su alcuni webmedia trovi tutto, ma nell’informazione nazionale no. Forse è stato lo stesso in altri paesi arabi, non lo so».
Anche noi non sappiamo in quante e quali informazioni nel mondo sia stato rimosso il fatto che era un locale lgbt. Di certo, senza andare molto lontano, i nostri media occidentali non si sono accorti o non hanno sottolineato che la serata e le vittime erano prevalentemente, molto prevalentemente, latine. Hanno fatto il giro dei media, quanto meno di quelli «progressisti», invece, le dichiarazioni di Ludovic Mohamed Zahed, l’imam gay che abita in Francia.
«L’omofobia non trova spazio nel Corano. Piuttosto abita nei regimi repressivi e dittatoriali, a ogni latitudine, dall’Arabia fino alla Cina o a Cuba. Non è una questione di Islam, è una questione politica di repressione delle minoranze e di individuazione del nemico. Che si tratti di minoranze sessuali o religiose cambia poco, anche perché la storia insegna che spesso chi si accanisce contro una, lo fa anche contro l’altra». «Ero molto addolorato per questa strage, perché questo attentato serve a cercare di dividere ancora di più la nostra gente, le nostre comunità, innanzitutto tra gay e musulmani. Il fossato cresce. In Francia ormai il 30% delle coppie gay (sposate col matrimonio egualitario) vota per il Front National. È una deriva che ormai chiamiamo “omonazionalismo”.
Noi, omosessuali e musulmani, siamo doppiamente marginalizzati. Ma proprio per questo la nostra condizione ci mette all’avanguardia. Noi sappiamo come funzionano le discriminazioni, almeno queste due. Siamo la migliore risposta ai due fascismi che cercano di strumentalizzare le paure delle comunità». Per Zahed gli ultimi elementi sull’identità dell’attentatore de-islamizzano ulteriormente la vicenda, nel suo aspetto reale, anche se resta tutto il problema strumentalizzato. «Si sono mescolati – dice – insieme una mente disturbata, una componente omofoba e un’omosessualità latente e repressa: Mateen voleva uccidere l’omosessuale che era in lui, solo che invece ha ucciso anche tutti gli altri. E questo, di nuovo, non si spiega con l’Islam, ma con un po’ di semplice psicologia».