Un 2010 di anniversari per i gruppi di cristiani omosessuali. Meglio ricordare che festeggiare
Riflessioni di Tiberiano del 18 ottobre 2010
In questo autunno si avvicina il tempo delle ricorrenze, anche nel mondo GLBT*
Infatti, in attesa del prossimo Pride 2011, alcuni gruppi cristiani italiani GLBT – laicali o confessionali che siano – stanno celebrando (e festeggiando pure?) l’anniversario della nascita del proprio gruppo, decennale, ventennale o trentennale che sia**.
Allo stato attuale delle cose, viene peraltro da chiedersi cosa ci sia da festeggiare veramente, specialmente per i gruppi di cristiani omosessuali.
Detto così, questo potrebbe sembrare un approccio gratuitamente polemico: invece, per quanto sembri, non vuol esserlo affatto. Festeggiare … chi e cosa ?
In primo luogo, dei veri fondatori di tali gruppi, penso che ne siano rimasti ‘in sede’ piuttosto pochi: chi è fuoriuscito per via di aperti dissensi, chi si è ritrovato costretto al silenzio o sospeso a divinis dall’autorità ecclesiastica.
O peggio, è finito invischiato in gravi vicende giudiziarie. O chi nel frattempo è deceduto, per cause del tutto naturali. O perfino suicida.
Non occorre arrivare a fare nomi: chi vuol capire, capisce lo stesso.
Verosimilmente, sarà soprattutto chi ha da poco raccolto l’eredità delle esperienze di tali gruppi, magari da pochissimi anni, che si sarà preso l’onere-onore di organizzare gli eventi legati a tali anniversari.
In secondo luogo, se si volesse adottare un’ottica tipicamente aziendale, quale ad esempio quella orientata ai risultati, verrebbe da chiedere a tutti i gruppi, dati alla mano, quanti e quali siano stati gli obiettivi raggiunti ed i risultati ottenuti nel corso di tutti questi anni, dieci, venti o trenta che siano stati.
Quello che risulta evidente è che, almeno sul piano quantitativo, i gruppi italiani di cristiani GLBT (cattolici e non solo) sono certamente una realtà in crescita: c’è un continuo fermento, una rapida evoluzione che ha fatto sì che in varie città, capoluogo di provincia o di regione, si siano costituiti alcuni di tali gruppi nel giro di pochi anni.
Proprio nella scorsa primavera, è stato diffuso uno studio statistico (Vedasi: Rapporto 2010 sui gruppi di cristiani omosessuali in Italia, Albano Laziale, 26-28 Marzo 2010), un’analisi tecnica che quantifica il fenomeno, riportando alcuni aspetti essenziali: c’è un andamento tendenziale alla crescita del numero dei gruppi e delle persone che li costituiscono e il nucleo prevalente attuale è costituito da tre o quattro gruppi (milanesi e romani), più una costellazione di numerose altre unità sparse nel resto del Paese, costituite ognuna da un numero di partecipanti in media intorno a quindici-venti.
Tuttavia, un altro fenomeno di rilievo che è emerso dallo studio è il marcato turnover all’interno di tali gruppi: in parole semplici, ci si avvicinano in molti, ma figura pure la quota significativa di quanti se ne allontanano.
Essendo di carattere quantitativo, l’indagine svolta non entra nel merito delle cause di tale fenomeno.
Sul piano qualitativo invece, quello dei fatti concreti, dei progetti realizzati, dei risultati misurabili, delle iniziative andate a buon fine … è un’altra storia.
Probabilmente una parte si trova già in rete, documentata a frammenti sparsi, o è ancora in gran parte da scrivere, specie per quei gruppi che, almeno in Internet, non hanno una memoria storica che oltrepassi i dieci anni.
Solo da pochi anni infatti, i gruppi stanno facendo rete tra loro in modo consistente e significativo, ci sono del resto differenze di gestione, che vanno dal modello del tipico gruppo parrocchiale (con o senza un sacerdote–leader) a quello dell’associazione culturale.
Insomma, se è vero che la comunità GLBT è dinamica, assai variegata e non abbastanza coesa e compatta, i cristiani GLBT, che di questa comunità fanno pur parte, non sono certo da meno.
Tuttavia, l’elemento limitante decisivo è in realtà costituito dalla scarsità di risorse (finanziarie e non solo) per poter far sentire la propria voce nella società civile e nella Chiesa come istituzione e per chiedere ed ottenere ascolto e considerazione adeguati da tutte le controparti in gioco.
Ricordare è importante, oggi lo è anche di più, nell’epoca della memoria collettiva e condivisa costituita da Internet; si dovrebbe fare un’analisi retrospettiva sistematica sulla storia di tutti questi gruppi, facendo tesoro sia delle esperienze costruttive e feconde, come pure – senza censure di propaganda – degli errori commessi nel passato.
Una storia che sarebbe da scrivere a quattro, dodici, venti mani, perché è comunque una storia comune: a suo tempo, di fatto è stata parzialmente condivisa.
Ed è pure oggi da condividere, sopratutto con quelli che a tali gruppi si stanno avvicinando soltanto adesso. E prestando molta attenzione al fatto che il contesto socio-culturale oggi è cambiato rispetto a trenta anni fa.
Negli anni Ottanta, le tematiche più calde in tema di morale sociale e sessuale erano il divorzio e l’aborto; di coppia omosessuale ufficiale si parlava poco in Italia, rappresentandola come un fenomeno marginale, sviluppatosi per lo più in ambienti eccentrici e di élite, quali il mondo dello spettacolo, della letteratura e delle arti.
O almeno, così si preferiva credere e far credere alle masse.
La classe politica di allora, alle prese con una inflazione galoppante e gravi attentati terroristici, non si sentiva certo pressata da richieste di riconoscimento di diritti delle coppie omosessuali, che comunque riteneva poco realistiche come possibile istituzione sociale da considerare e tutelare.
E i gay votavano per lo più tutti a sinistra: erano gli anni del neonato ArciGay e di Mario Mieli, con le sue teorie freudiano-marxiste.
E i cristiani GLBT? Un assurdo sul piano ideologico, un ossimoro. O almeno, così si preferiva credere e far credere alle masse.
Il fenomeno dei gruppi cristiani GLBT, costituitisi a partire dal Natale 1980 a Milano e a Torino, era una realtà di cui non si parlava affatto; le autorità ecclesiastiche non li ritenevano degni di alcuna attenzione, salvo pochi casi isolati di prelati mentalmente più avanti, tra i quali il compianto mons. Clemente Riva.
I primi gruppi (di fatto, esclusivamente maschili, praticamente invisibili e del tutto indisturbati), iniziarono così a percorrere, ognuno per proprio conto, la propria strada.
Si ricercava uno spirito ecumenico e un’ideale riconciliazione con la Chiesa, partendo dall’assunto indiscutibile che fede religiosa ed omosessualità non fossero realtà incompatibili per un cristiano che le vivesse entrambe.
Quel che è certo è che non si pensava (ma lo si sperava !) che nel giro di pochi decenni la coppia gay si sarebbe tramutata in un fenomeno di massa, interessando tutti gli strati sociali, quindi non solo quelli più agiati ed acculturati.
E su cui si sarebbe legiferato in tutti i Paesi occidentali, inclusi quelli di religione cattolica.
Oggi però, il pregiudizio contro gli omosessuali ha trovato un rinnovato vigore e specialmente in Italia, dove certi uomini di governo stigmatizzano pubblicamente gli omosessuali, perfino con espressioni grossolane esplicitamente offensive.
Negli Ottanta, i politici usavano un linguaggio più sobrio; erano invece proprio certi prelati – come il non-compianto cardinal Biffi – che lanciavano anatemi senza remore verbali contro i gay; allora come ancora oggi, del resto.
La congiuntura economica attuale (la globalizzazione, il declino delle tutele del lavoro dipendente, l’immigrazione fuori controllo, la microcriminalità e la corruzione dilaganti a tutti i livelli) ha creato un’inquietudine diffusa ed una paura del futuro che non si registravano dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
Non si vedono modelli ‘validi e sani’ che sia opportuno prendere come riferimenti (Stato, Chiesa e famiglia): si preferiscono di gran lunga le scorciatoie di comodo, a prescindere dal piano etico.
La Chiesa, che sa nascondere i propri timori sull’avanzata dell’Islam in tutto il mondo occidentale e cristiano, non è però più in grado – come fece in passato – di nascondere i fatti di violenze sessuali (compiute da numerosi religiosi su minori) che a migliaia sono stati denunciati un po’ in tutto il mondo.
Notevole è stata la perdita di autorevolezza e di credibilità della Chiesa come guida e testimone dell’ordine morale presso la comunità dei fedeli; ormai, a prescindere dalla sua durata, il pontificato di papa Benedetto XVI sarà comunque inesorabilmente ricordato come quello dello scandalo dei preti pedofili.
I ‘provvedimenti riparatori’ non si sono fatti attendere: NO ai preti omosessuali dichiarati. E NO alle coppie di omosessuali dichiarati: la famiglia, quella vera, sana e cristiana, è costituita e trova un senso soltanto dal matrimonio di un uomo con una donna, che possano generare anche prole propria (e senza ricorrere ad artifici scientifici).
Certo, apparentemente in tali affermazioni non c’è nulla di nuovo, da trent’anni ad oggi.
Tuttavia, c’è un aspetto fondamentale, che ormai non dovrebbe più sfuggire neanche a quegli omosessuali più asserviti alle istituzioni religiose, omosessuali che peraltro (detto senza troppi sottintesi) figurano in numero significativo anche entro i gruppi di cristiani GLBT.
Se negli anni Ottanta l’autorità ecclesiastica si limitava a parlare di omosessualità come ‘disordine’ piuttosto che come ‘peccato’, oggi certi temi in difesa della famiglia tradizionale, reiterati con crescente accanimento, pare vengano espressi con toni ancora più aspri di allora, se si chiama in gioco la coppia omosessuale.
Proprio questo è il punto ! Se negli anni Ottanta ci si limitava a condannare gli atti omosessuali in sè, oggi invece si intende condannare (anche e ancor di più !) la costituzione e il riconoscimento di una relazione sociale – che è cosa ben diversa – e che è molto di più che semplicemente una pratica sessuale tout court.
Si istigano apertamente gli Stati di diritto a rigettare la coppia omosessuale in toto dalla società, con tutto quello che implica la sua esistenza: gli atti sessuali (certamente !), ma anche e sopratutto l’affettività e tutta un’intera gamma di sentimenti, che sono al tempo stesso origine ed effetto della sua esistenza.
E anche tante altre modalità di cura, assistenza, interazione e comunicazione interpersonale, che coinvolgerebbero con effetti positivi altre persone, quali l’affido, l’adozione e la gravidanza assistita.
La Chiesa vuole impedire tutto questo, che in numerosi Paesi cristiani (anche cattolici !) è già da alcuni anni una realtà, negando a priori e senza deroghe il riconoscimento di tale rapporto sociale.
I comunicati ufficiali della Santa Sede volti a sollecitare i governi a non riconoscere alcun diritto alle coppie omosessuali, tanto insistenti quanto ormai vani (tranne che in Italia), non lasciano spazio a ripensamenti nel breve termine a tale riguardo.
Per questo, alla luce di quanto riassunto qui sopra, ritorno al mio provocatorio interrogativo iniziale: cosa avranno da festeggiare i gruppi di cristiani GLBT italiani ?
Questi gruppi – italiani e non solo – si trovano ancor oggi davanti a varie sfide, non nuove peraltro, oltre che all’esigenza di dover assumere una propria posizione, che sia più chiara e netta che in passato nella Chiesa (come pure nella società civile, a differenza di quanto avvenne trent’anni fa).
Quali potrebbero essere le sfide future per i gruppi di cristiani GLBT ?
Mi vengono in mente solo pochi spunti di discussione:
1. – Ancora Sacerdoti-Superstar ? No grazie, penso che quel tempo stia finendo: questi religiosi gay-friendly, (auto)designati a calarsi nel ruolo del Leader carismatico del gruppo e più o meno visibili all’esterno, oggi più che mai sono destinati a rischiare grosso: dall’essere sbrigativamente bollati come ‘preti gay’ fino a gravi provvedimenti disciplinari da parte dei loro superiori, con prevedibili effetti deteriori per il futuro del gruppo stesso.
Allo stato attuale delle cose, un gruppo autogestito lo vedo molto più credibile in termini di maturità e di autonomia decisionale ed operativa dei singoli componenti.
E del resto, non occorre ricordare che questi gruppi sono sempre stati costituiti da soli adulti.
2. – Largo alle donne ! Finalmente si creano degli spazi d’incontro tra e per le donne ! Non ho notizie di un gruppo di sole donne, sia pure effimero, gestito in passato da una suora.
In realtà, i gay devono molto alle donne: è proprio sulla scia del movimento femminista che gli omosessuali hanno trovato un proprio progetto di emancipazione e riconoscimento sociale.
Spero vivamente che sia il momento propizio per qualcosa di analogo anche nel contesto cristiano.
3. – Non è più tempo per continuare a cullarsi in una accomodante e rassicurante ambiguità, da una parte costituita dal vivere la propria omosessualità, da singoli o in coppia che sia (anche visibile) e, dall’altra parte, a dichiararsi al mondo come ‘cristiano’ (e ‘cattolico’, come certi politici omofobi di democristiana memoria), impegnandosi però a fingere di non udire o a non voler prendere atto delle infuocate direttive della gerarchia ecclesiastica su omosessualità e riconoscimento di diritti civili alle persone omosessuali, in coppia o meno che siano.
Ho già sentito dire, tra deferenza di facciata ed opportunismo di fatto, discorsi come: “Non sento, o semplicemente lascio esprimere.
Ma senza esprimere alcun mio dissenso, perché la Chiesa è Madre. Ed un figlio non si ribella contro la propria madre. Né contro il proprio padre. Non si fa polemica con quanto ha detto il Santo Padre sulle coppie gay.
Il peccato è soprattutto disobbedienza e il vero cristiano è tenuto a svolgere un servizio presso la sua Chiesa, non a creare scandalo e risentimento al suo interno. Il servizio è molto più importante della critica o dell’incomprensione”.
Certo, al di là di razionalizzazioni e frasi di circostanza anche più convincenti di queste, un reale disagio esistenziale persiste, devastante ed incalzante; alcuni prima o poi trovano sollievo tagliando i legami con la Chiesa e le sue liturgie, ma perdendo la fede (e tutti quei valori cristiani, importanti, ma così scomodi da mettere in pratica in maniera veramente fruttuosa nella vita di tutti i giorni…), mentre altri trovano un palliativo cambiando Chiesa, anche se in Italia c’è un ridottissima presenza di cristiani protestanti evangelici e valdesi, più aperti in tema di omosessualità e senza il culto della personalità del papa-divo di turno (Giovanni Paolo II è stato un maestro di divismo ecclesiastico su scala planetaria).
In termini collettivi, il problema dell’accettazione degli omosessuali nella società civile non è più semplicemente morale, non è più tipicamente teologico, né tantomeno scientifico… piaccia o no, è divenuto chiaramente e prevalentemente un problema po-li-ti-co: occorre una ‘messa a norma’ con una legge ad hoc.
In Italia oggi anche più che in altri paesi, cristiani e pure cattolici, che già sono più avanti su queste tematiche. E certamente … non per merito delle chiese locali.
In termini individuali, non sta a me stabilire se il servire la diocesi di giorno e frequentare le saune di sera costituisca un paradosso o piuttosto un possibile paradigma del “cristiano gay standard” del XXI secolo; parto comunque dal presupposto che la fede religiosa e l’omosessualità, quando siano entrambe sentite, praticate e vissute non siano affatto inconciliabili.
Altrimenti, l’essermi avvicinato a questi gruppi e l’aver frequentato nell’arco di ben dieci anni le persone che li hanno composti non avrebbe un senso.
Sono forse le specifiche modalità esistenziali e comportamentali del proprio vivere quotidiano che possono creare problemi di coerenza e credibilità, sia dentro se stessi che fuori, ma questo è un orizzonte ancora tutto da esplorare e la questione certamente non si può generalizzare in un ‘protocollo universale’, né risolvere entro queste righe.
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* Evito, dato che non mi piace, l’acronimo esteso GLBTQI, che ormai si sta imponendo nel lessico omosessuale.
** Da vari anni conosco – e sono conosciuto – presso questa realtà, soprattutto presso i due gruppi di cristiani omosessuali di Roma (Nuova Proposta e La Sorgente) che, negli scorsi giorni, hanno ricordato congiuntamente i loro primi venti anni di attività.
A titolo personale, chiarisco che un gruppo mi ha gentilmente invitato (l’altro invece no); così per non accontentare l’uno e magari al tempo stesso causare imbarazzo a persone dell’altro, ho declinato l’invito e festeggiato quello stesso giorno per conto mio (era il mio compleanno: 50 anni!) con le persone a me più care.