“Vi dichiaro unite”: in Emilia la prima unione civile tra due donne
Articolo di Rosario Di Raimondo pubblicato su La Repubblica – ediziome di Bologna il 25 luglio 2016
Piovono riso e coriandoli colorati fuori dal Municipio, mentre due donne felici si baciano tra gli applausi per un giorno che sembrava impossibile ma è arrivato davvero. Persino una nonnina che sente aria di festa da casa sua si avvicina per capire cos’hanno tutti da urlare e brindare, glielo spiegano e comincia a sorridere e battere le mani pure lei. Cos’è questo, un matrimonio o una festa di paese? Entrambe le cose.
Elena Vanni e Deborah Piccinini, 46 e 45 anni, si sono sposate ieri pomeriggio nel Comune di Castel San Pietro Terme, a una manciata di chilometri da Bologna (dove tante coppie sono già in lista per fare la stessa cosa, come a Reggio), nell’Aula Blu addobbata e stipata di amici, parenti, assessori, consiglieri comunali e curiosi che questo momento non se lo volevano perdere. A cinquanta giorni dalla Legge Cirinnà, a poche ore dalla firma dei decreti attuativi da parte del Governo, il sindaco Fausto Tinti può finalmente dire: «Vi dichiaro unite civilmente». Poi aggiunge: «Questo atto è blindato, usciranno i decreti e copieranno da noi». Moglie e moglie. La tensione che si scioglie, applausi a non finire, le due mamme sedute dietro che prendono i fazzoletti, flash e telecamere a immortalare ogni istante.
La prima volta nel bolognese, la prima in Italia dopo i tasselli mancanti alla legge. È ancora necessario sbrigare alcuni aspetti formali, ma indietro non si torna. Chiamatele nozze, chiamatelo matrimonio o unione, ma di certo ieri si è formata una famiglia composta da due persone dello stesso sesso, che hanno scelto di mantenere i rispettivi cognomi e hanno deciso la comunione dei beni. Una famiglia uguale alle altre e diversa dalle altre.
Vestita d’azzurro Elena, di verde Deborah, le due donne arrivano in Comune poco prima delle 4 del pomeriggio: «Siamo troppo emozionate, grazie di essere qui, è bello condividere questo momento pubblico con voi. Noi siamo già una famiglia, ma da oggi lo saremo ancora di più con la conferma delle istituzioni». Da piazza XX settembre salgono nella sala consigliare al primo piano, si tengono mano nella mano e così staranno per la gran parte del tempo.
La cerimonia dura una mezzora, il sindaco Tinti (del Pd) cita la Costituzione e legge gli articoli della nuova legge: «Articolo 1, la presente legge istituisce l’unione civile tra persone dello stesso sesso…». È felice pure lui, e si lascia andare ai ricordi, come quel giorno che ha conosciute le consorti per la prima volta, su queste colline: «Erano in difficoltà, bloccate in casa da un metro e mezzo di neve, con appena una pala… grazie ai soccorsi riuscimmo a liberarle». Prima dello scambio delle fedi le ringrazia pure «per aver arricchito la nostra comunità».
Sì, è davvero una festa per tutti in questo pomeriggio di caldo nel bel mezzo della via Emilia, poca gente sotto i portici e un solo bar aperto nel paesino di ventimila abitanti che, a modo suo, scrive un pezzo di storia del movimento gay. Un centinaio gli invitati arrivati alla spicciolata. Ci sono Lucia e Dea, rispettivamente madri di Elena e Deborah. La sorella di Deborah, Katia, non trattiene l’emozione: «È un matrimonio a tutti gli effetti, è la festa dell’amore, dei diritti, della felicità da conquistare. Era da tempo che aspettavamo, abbiamo atteso la legge, poi i decreti. Un passo importante per l’Italia, che era molto indietro». La pensa così anche Vincenzo Branà, presidente di Arcigay Bologna, anche lui fuori dal municipio per festeggiare le coniugi: «Loro hanno aperto una breccia, ora non possiamo fermarci. La nostra comunità deve andare avanti nella battaglia per un matrimonio davvero egualitario, a partire da temi come quello della genitorialità».
Riso colorato, coriandoli, l’immancabile lancio del bouquet, raccolto da un’amica. Agli invitati, e non solo, le sposine hanno regalato un segnalibro-ricordo con su scritto un titolo, «La nostra vita è veramente nostra», e una frase di Daisaku Ikeda, maestro buddista giapponese (la fede praticata dalla coppia): «Nessuno può venirci a dire come dovremmo viverla. Ciò che ci può attendere, se si permette di essere sviati da quello che altri dicono o fanno, è l’infelicità».
Sacro e profano: ad attendere i coniugi c’è invece una Panda gialla tutta agghindata con nastri arcobaleno, adesivi e volantini. La tappa successiva è un agriturismo nel ravennate, per la seconda parte della festa che durerà fino a notte. Quella sì, riservata solo agli invitati.
La gioia incontenibile di Elena e Deborah “Per noi è un matrimonio a tutti gli effetti” Il sindaco Tinti: “Finalmente, questo è un grande giorno per tutta la comunità”.