Tre volte genitori. Il nostro cammino di famiglia con un figlio gay
Testimonianza* di Andrea e Silvia del Gruppo Davide di Parma per genitori cattolici con figli LGBT e i loro amici
Siamo una famiglia italiana credente-praticante come tante in questo meraviglioso paese, composta da papà, mamma, e due figli: una sorella maggiore (24 anni) ed un fratello minore (18 anni). Il fratello minore di cui parleremo, si chiama “Alessandro” ed è omosessuale.
La nostra storia di mamma e papà parte da lontano. Una storica frequentazione della parrocchia di appartenenza ed una gioventù trascorsa in Azione Cattolica dove, ad un campo estivo, ci conosciamo. Nove anni di fidanzamento e poi il matrimonio nel 1990.
Una grande aspettativa sul progetto della nostra futura famiglia: i figli intesi come un “dono di Dio” e dunque una volontà di averne tre forse quattro. La partenza è buona; nel 1992 nasce la sorella maggiore: i migliori auspici si stanno avverando. Ma la volontà del Signore spesso non coincide con la volontà dell’uomo; il “fisico” si inceppa ed altri figli non ne arrivano: probabilmente, dicono i medici, non ne arriveranno mai più!
La scelta, difficile, di accettare la volontà del Signore, ci fa comprendere come forse il Signore per Noi abbia in mente un percorso diverso: l’adozione!
Non è un cammino semplice, il percorso autorizzativo da parte del Tribunale dei Minori è complesso e l’esame finale mette veramente a dura prova: ma l’idoneità all’adozione (sia nazionale che internazionale) arriva!
Siamo nel 1994; le adozioni di minori italiani sono rarissime e non esiste una legge nazionale sulle adozioni internazionali (che oggi c’è): ci ritroviamo “soli” davanti al “mappamondo” e praticamente costretti al “fai da Te”!
Fortunatamente nella nostra città, dal 1990, grazie ad un piccolo nucleo di volontari, “persone eccezionali”, è sorta una piccola associazione per la adozioni internazionali che interagisce con la Colombia; vi aderiamo ed entriamo in una “lista di attesa” (quanto dolore ancora oggi reca ai potenziali adottanti lo essere “in lista di attesa”): ma i problemi dei rapporti internazionali tra i paesi sono complessi, la Colombia vive crisi economiche e di governo, insomma purtroppo il “nostro turno” non arriva mai!
Passano così invano 5 anni e siamo arrivati al 1999 quando veniamo a conoscenza di una altra associazione della nostra Regione che intrattiene rapporti con la Federazione Russa; dopo 10 anni dalla caduta del muro di Berlino la situazione in Russia è ancora molto difficile per la popolazione, soprattutto per la parte più povera che vive nelle campagne: gli orfanotrofi sono saturi di “minori abbandonati” ed il governo agevola la fuoriuscita di questi minori tramite adozioni internazionali.
La volontà del Signore si compie!
Ad un colloquio preliminare nei primi giorni del mese di Luglio del 1999 presso questa associazione ci viene proposta la adozione di “Alessandro”; un maschietto di 10 mesi ed un problema di displasia alle anche: la coppia di genitori adottivi cui era abbinato non se la sente di adottare un bambino con problemi fisici.
La partenza per andarlo a prendere sarà nel mese di Settembre!
Chiediamo che ci sia inviata la sua scheda sanitaria per meglio conoscere la sua malattia in relazione alla quale “a priori” non abbiamo problemi. Due giorni dopo io, il papà, sono in ufficio e casualmente sono nei pressi del fax e vedo uscire la sua “scheda”; non ho dubbi, prendo il fax ed immediatamente dico: questo sarà mio figlio … telefono alla mamma che condivide subito.
Il 21 SET 1999 siamo in Russia a prenderlo. Il 22 SET 1999 all’orfanotrofio ci viene affidato Alessandro; indossa una tutina rosa che dobbiamo lasciare all’orfanotrofio per un altro bambino: ci viene consegnato nudo (come il bambin Gesù) e di suo possiamo avere solo il “ciucio” dal quale non si distacca mai.
Alessandro è fisicamente molto provato (in pediatria nella nostra città ci dicono di non avere mai visto un bimbo così mal nutrito); dalla nascita non ha avuto né cibo, né affetto; nato di 3,3 Kg dopo 10 mesi pesa 4,3 Kg; non è in grado di sorreggere la testa e non si volta a chiamarlo con il suo nome; forse non sarebbe sopravvissuto al successivo inverno.
Torniamo al nostro albergo; gli diamo da mangiare … 8 biberon divorati in poche ore …; lo mettiamo a dormire sopra un cuscino dentro una valigia perché la stanza non ha un letto per lui; la mattina dopo si compie “il miracolo”: al suo risveglio Alessandro ci fa uno enorme sorriso, ci ha accettato ed ha deciso che Noi saremo la sua famiglia!
Scegliamo di cambiargli il nome (la legge lo consente) a significare “una nuova vita”: ma gli diamo un nome di origine russa per rispetto alla famiglia che lo ha generato e di cui non sappiamo ne sapremo mai nulla ed alla quale saremo eternamente grati.
E’ veramente genitore solo colui che “si prende cura” del figlio legando per sempre la vita alla sua.
Al compimento del primo anno di vita, dunque dopo due mesi dal rientro in Italia del 29 SET 1999, Alessandro ha già recuperato peso e salute … inizierà a camminare a 2 anni ma fin da subito mostra i tratti di un carattere solare e socievole: è impossibile non volergli bene! Anche la sorella maggiore fa la sua parte: lo accoglie come suo vero fratello, così del resto come tutti i parenti.
Alessandro cresce bene, ma dopo avere compiuto i 4 anni d’età incomincia a dare segnali “particolari”: non gli piace giocare a pallone, sta sempre con le femmine e mai con i maschi, per giocare spesso si traveste da femmina, a volte anche mette il rossetto … in tutti questi atteggiamenti è estremamente naturale … non si nasconde né si vergogna …
Per la prima volta come genitori siamo messi, inaspettatamente, davanti al tema della omosessualità; una cosa però ci risulta chiarissima: se da grande Alessandro sarà omosessuale lo abbiamo capito quando aveva 4 anni: dunque la omosessualità è per Noi , suoi genitori, certamente una condizione “congenita”, dunque “naturale”, nel senso che proviene dalla natura intrinseca dell’uomo…
Come genitori decidiamo di non modificare in alcun modo il nostro atteggiamento nei suoi confronti, lo lasciamo libero di crescere come deve, nella consapevolezza di essere molto attenti a “cogliere” eventuali segnali futuri che confermino la nostra sensazione: questo perché possa crescere nel fisico e nell’animo nella maniera migliore possibile, come del resto abbiamo sempre cercato di fare anche per sua sorella maggiore.
Con l’arrivo della adolescenza nel 2013 (i fatidici 14 anni, tra la fine della scuola media e lo inizio delle scuole superiori), quello che per Noi era una sensazione diventa sempre di più una certezza: Alessandro per Noi è certamente omosessuale! Alessandro è nostro figlio, è figlio di Dio, gli vogliamo un bene dell’anima, un bene scevro da pregiudizi di cui purtroppo la società in cui viviamo è piena.
Da ora in poi in Noi si attiva il meccanismo di come potere aiutare Alessandro nel suo percorso di adolescente alla ricerca della piena consapevolezza di sé.
Ci impegnamo a condividere questa realtà con la sorella maggiore (che ha 20 anni), a “informare ed educare” i parenti alla accettazione di questa realtà, ad aiutare Alessandro a fare “coming out” con la sua famiglia affinchè sappia che nulla cambia, che è figlio e sarà sempre accettato per quello che è; ci impegnamo ad aiutare Alessandro a fare “coming out” con il suo mondo, i suoi amici e vigilare che il mondo esterno (la scuola superiore, piuttosto che la parrocchia, oppure le altre comuni situazioni di vita) diventi sempre più accogliente nei confronti suoi e di tutti i ragazzi e le ragazze come lui ; vogliamo aiutare Alessandro affinchè possa crescere e vivere relazioni affettive vere e stabili come è diritto di ogni essere umano.
Anche in questo percorso Alessandro ci stupisce; nostra figlia viene a sapere che Alessandro ha fatto “coming out” con i suoi amici: il “dado è tratto”, Alessandro ha avuto il coraggio di dichiararsi!
Contemporaneamente, una sorta di volontà di raccontare “una bella cosa di sé” ed una “richiesta di aiuto” agli amici: accettatemi per quello che sono, e statemi vicino, difendetemi, perché ne ho bisogno: il mondo “è un po’ cattivo” con gli omosessuali come me!
E’ il Luglio del 2013; sono passati esattamente 14 anni da quel Luglio del 1999 in cui decidemmo che Alessandro sarebbe stato nostro figlio: “due volte genitori” per il fatto della sua adozione, ed ora “tre volte genitori” per il fatto di accogliere la sua omosessualità!
A questo punto per Alessandro rimane l’ostacolo di fare “coming out” con Noi, i suoi genitori, l’ostacolo più difficile per una persona omosessuale: abbiamo allora deciso come genitori di chiederglielo Noi per primi, per agevolargli il compito e confermargli quanto per Noi non cambiasse nulla e che lo avremmo continuato ad amare come fino ad allora!
Una sera del Luglio 2013 andiamo in “paninoteca” con Lui; la nostra domanda, un suo primo tentativo di negare l’evidenza e poi quasi subito dopo l’ammissione: si, cari mamma e papà, sono gay! E ora che ve lo ho detto “mi sono tolto un grande peso”! Un grande “abbraccio a quattro” sancisce la piena ed incondizionata accettazione del suo orientamento sessuale.
Poi come un fiume in piena ci racconta la sua esperienza, sia le situazioni belle che quelle più infelici (omofobia a scuola che lo aveva portato a cambiare istituto e poi anche in classe che lo ha portato a cambiare classe).
Quanta ricchezza nella nostra famiglia che ha potuto sperimentare la genitorialità di figli naturali ed adottivi, di figli eterosessuali ed omosessuali!
Da quel momento per Noi genitori si apre definitivamente una nuova prospettiva; dobbiamo e vogliamo conoscere meglio “il mondo delle persone LGBT” (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali, SI con l’iniziale maiuscola!) per potere meglio essere vicino a nostro figlio nel presente e nel futuro: dobbiamo e vogliamo farlo da credenti (anche se Alessandro dalla “Chiesa” si è distaccato – però le parole di Papa Francesco “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?” lo hanno interessato -) e laici quali siamo che vivono il proprio tempo: questo è uno impegno forte, importante e molto difficile soprattutto nei pregiudizi della società italiana (la legge sulle “Unioni Civili” arriverà poi solo nel 2016).
Abbiamo quindi avuto la fortuna, nell’ambito della comunità ecclesiale diocesana, di conoscere altre famiglie con figli LGBT ed è nato un “gruppo spontaneo” arricchito dalla presenza di due coppie omosessuali e di uno omosessuale single; questo gruppo, dopo un periodo iniziale di conoscenza, sta lavorando con il metodo della “messa in comune” delle “esperienze vissute” dai propri figli LGBT, storie ciascuna diversa ed irripetibile, come diversi ed irripetibili sono tutti i nostri figli: la finalità principale del gruppo è quello, all’interno della Chiesa, di essere un riferimento per tutti quei genitori che vivono la esperienza di avere un figlio LGBT, ben sapendo che la principale difficoltà di questi figli consiste proprio nell’essere accettati e accolti da genitori e famigliari.
E’ uno impegno alto che genera non poche difficoltà ad “essere ben compresi ” dalla Chiesa, sia che si tratti di sacerdoti che di laici, laddove crediamo come gruppo di essere “chiamati” a testimoniare la esperienza che quotidianamente viviamo.
Tuttavia, come genitori di figli LGBT, perseveriamo con fiducia e speranza nel sogno di creare un “mondo migliore”, ispirati e rincuorati anche dalle belle parole di Barack Obama nel 2013 (discorso di insediamento del suo secondo mandato da presidente degli Stati Uniti d’America): “Il nostro viaggio non sarà concluso finchè i nostri fratelli e sorelle omosessuali non saranno trattati come chiunque altro davanti alla legge perché, se siamo stati creati uguali, uguale è anche l’amore che ci unisce.”
* Il nome di nostro figlio, utilizzato in questo racconto vero, è di pura fantasia