Contro l’omofobia il mondo del calcio è più avanti della nostra classe politica?
Riflessioni di Pasquale Quaranta tratte da La nuova ecologia del 1 dicembre 2010, p. 31
Mentre negli Stati europei e in altri Stati del mondo si combatte l’omofobia con apposite leggi e a Parigi si può essere serenamente sindaco e omosessuale, in Germania vicecancelliere e omosessuale, in islanda premier e omosessuale, in italia il nostro presidente del consiglio dichiara: «Meglio essere appassionati delle donne che essere gay». Non si sa perché sia meglio, ma tant’è.
C’è stato un coro di proteste ma Silvio Berlusconi non si è scusato. Scusarsi è importante, ma a volte non è ritenuto sufficiente.
In croazia il presidente della Federazione calcio, per una battuta analoga (ha rivendicato di avere in Nazionale solo giocatori “normali”), nonostante abbia chiesto scusa non è sfuggito a un’inchiesta della Uefa, l’autorità calcistica europea che all’articolo 11 del suo codice disciplinare prevede sanzioni per «insulti alla dignità umana di una persona o un gruppo di persone».
Il mondo del calcio è più avanti della nostra classe politica?
Alla Camera sono in discussione due proposte di legge contro l’omo-transfobia. La proposta Di Pietro (idv) prevede l’estensione della legge Mancino (la più completa in materia antidiscriminatoria) ai reati d’odio verso persone omo e transessuali.
La legge, chiariamolo subito, punisce l’istigazione a commettere discriminazioni e violenze a danno di persone omo e transessuali, non la manifestazione di un’opinione (e Berlusconi sarà sempre libero di ripetere ciò che ha detto, se vogliamo considerare, la sua, un’opinione).
La proposta di legge elimina un’ingiustificata gerarchia nelle discriminazioni: perché un comportamento ritenuto intollerabile ai danni di una persona ebrea o nera è invece considerato tollerabile se si tratta di una persona omo o transessuale?