Marito & Marito. Una storia d’amore gay e di fede che scalda il cuore
Recensione di Carmine Taddeo
Alcuni eventi, alcune persone, alcuni oggetti, capitano per caso tra le mani, quando forse se ne ha più bisogno e non si è bravi a capire come sia stato possibile che la cosa giusta capitasse al momento giusto, non importa se ciò si chiami Provvidenza o Fato. Credo che leggere Marito & Marito di Gianluca Tornese (Claudiana editrice, 2012) sia stato l’apice di una ricerca che ho iniziato tanto tempo fa e che coinvolge me in prima persona e tutti coloro che mi sono accanto. Leggere quelle pagine mi ha fatto immergere in un mondo alternativo che per certi aspetti è simile al mio e per altri se ne discosta tanto; a suo modo, fa riflettere su se stessi e su ciò che sulla propria vita ci si aspetta.
Sognare con Giacomo e Miguel di trovare per caso in biblioteca la persona da amare per tutta la vita e portare avanti questo progetto d’amore lottando a discapito di tutti, nella sua semplicità, è un gesto eroico. Personalmente ho divorato il libro in pochissimo tempo, apprezzandone la chiarezza e la precisione dei particolari, ma immergendomi nello specifico anche nelle vite dei personaggi descritti che molto spesso assomigliano alle nostre, in un modo o nell’altro.
Azioni e reazioni descritte sono verosimilmente qualcosa che ognuno di noi ha sperimentato nella propria vita, a volte dovendo aggiungere un purtroppo. I primi timori e le prime confessioni, i coming-out che ti fanno tremare lo stomaco, le prime esperienze disorientanti e i primi amori finiti male, che a ben vedere sottolineano una realtà spesso diversa da quella che ci si aspetta di trovare.
E poi c’è quel partire, lasciare la propria casa, in cui troppo spesso, a torto, ci si deve sentire incatenati e andare alla volta di città per trovare se stessi e poi perdersi ancora, tra illusioni e disillusioni. Ben affrontato è il tema della famiglia, quella che si spera ci supporti sempre, quella che a volte si da per scontata, ritenendo che l’amore sia talmente potente da superare tutto, e ci si scorda della fragilità di una madre e di un padre. Noi figli a volte ci sentiamo in dovere di essere amati, quando molto spesso ci dimentichiamo cosa significhi ricambiare e sostenere quando sono gli altri a vacillare. Emerge lentamente che la pazienza è la vera chiave dell’amare; un’attesa dell’altro, che esso sia madre, padre, fratello o quella persona che decidi di chiamare marito o moglie.
La bellezza di questo libro è la sensazione familiare che le pagine emanano, mentre le si scorre; quasi ad urlare che se il protagonista vive esperienze così simili alle mie, allora non si può essere davvero così soli. Non importa se ci si ritrova a rispecchiarsi in Giacomo, in Miguel o in uno dei loro genitori o amici. Quello che importa è ciò che leggere di quelle vite può provocare, aprendo orizzonti, abbattendo muri, cambiando la prospettiva.
In conclusione, leggere fa bene si sa, per anni i libri sono stati il mio biglietto per fuggire dal mondo che mi circondava, perché ne ero insoddisfatto. Al contrario, invece, leggendo questo libro, mi è venuta piuttosto la voglia di mettermi in gioco, perché mi ha parlato di realtà che rendono possibili e soddisfacenti il mondo in cui vivo, senza il bisogno di tentare altre fughe, ma guadagnando me stesso. Non dico di aver raggiunto chissà quali obbiettivi grazie a questo libro; dico, piuttosto, che è stato per me non un biglietto per fuggire dal mondo, quanto un biglietto per tornarci e rimboccarmi finalmente le maniche.
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